venerdì 12 dicembre 2008

FEMMINISMO E RIVOLUZIONE

L'IMPORTANZA DI NON CAPIRE TUTTO, Grace Paley, Einaudi

Una delle cose di cui volevo parlare è il momento in cui, nella giovinezza, di ciascuno di noi o addirittura nell'infanzia, si sviluppa una specie di fedeltà, oppure si viene talmente colpiti da un avvenimento che si cambia per sempre. Penso a questo tutte le volte che si parla dell'Olocausto, a cosa significhi per tutti noi

Mio commento:
Non è quello a cui penso io, io penso a un avvenimento che mi permetta di essere "forever young"!

IL LIBRO

E' una raccolta di articoli o interventi pubblici che questa donna, probabilmente famosa negli Usa, ha rilasciato nella sua lunga vita (1922/2007). Di famiglia ebraica, emigrata dalla Russia è stata protagonista della storia americana: ha protestato per i diritti dei neri, delle donne, contro le varie guerre (Vietnam, Golfo...) e sicuramente ha avuto una vita piena ed attiva.
Io ho avuto la fortuna di non conoscere discriminazioni per il mio sesso: alle superiori eravamo tutte ragazze, a scuola siamo per la stragrande maggioranza donne, in famiglia non avevo fratelli maschi e mio marito è inglese, per cui non ho problemi nemmeno a casa. Contro le guerre mi sono mossa anch'io ma mai per partito preso (non sono pacifista). Rispetto l'esperienza di chi viene definito "attivista".
Un aspetto però della vita di questa donna non comprendo e non credo sia stato raccontato con verità: la sua esperienza di aborto. Questo non le ha mai creato nessun problema di coscienza, proprio lei che si è mossa per salvare il mondo, che si è permessa di giudicare negativamente l'adozione dei bambini vietnamiti nel suo paese (dice che prima uccidevano le loro famiglie e poi li rapivano dal loro paese e dalla loro cultura), proprio lei non è stata capace di accogliere un figlio che arrivava in un momento un po' troppo pieno della sua vita, proprio lei non se ne è mai pentita. Io lo credo poco credibile.

Belli sono invece i consigli che dà ai suoi studenti nei corsi che tiene di scrittura creativa. Qui sotto il secondo dei quindici presi dai suoi appunti sull'insegnamento:

Quest'anno voglio raccontare storie. Chiedo a mio padre, ora che è vecchio e non ha più così tante cose da fare, di raccontarmi delle storie, così imparo come si fa. Cerco di ricordare le storie di mia nonna, le facce dei suoi figli morti. Un primo compito per quest'anno: raccontare una storia alla classe, qualcosa che vostra nonna vi ha raccontato, della vita di qualcuno che ha preceduto la vostra. Questo ci ricorderà del linguaggio di casa nostra. Un'altra storia: al pranzo di Natale o di Pesaq cercate di strappare una storia alle persone più anziane, una storia che gli è stata raccontata dalla persona più vecchia che ricordano. Questo ci ricorderà della nostra storia personale. Inoltre, perchè c'è sempre meno tempo e l'età avanza, nè vostro padre nè vostra nonna si disturberà a raccontarvi storie poco importanti.
Mio commento:
Ora la mia nonna non c'è più ma io ho sempre adorato le sue storie sulla sua infanzia e sui miei lontatni antenati

domenica 30 novembre 2008

LA GRANDE GUERRA

A LONG LONG WAY, Sebastian Barry, Instar Libri

Tim Weekes si rivelò un gran lettore. In genere circolava il giornale del reggimento che passava di mano in mano, o qualche romanzo comprato nelle stazioni, polizieschi da due soldi e storie del selvaggio West. Il Far West d'America naturalmente... che certo non poteva esere più selvaggio del posto in cui si trovavano.
Ora invece nel plotone stretto nella morsa dell'inverno cominciò a circolare Dostoevskij. L'Idiota e Foglie D'Erba di Walt Whitman, che incontrò un grande successo (...). Ma il libro da cui nessuno voleva staccarsi era quello di Dostoevkij.
Non parlava di loro, parlava dei maledetti russi, ma in un certo senso parlava di loro. Divoravano quel libro come fosse carne o zucchero. Dostoevskij li aveva conquistati.
Anche Willie Dunne lo apprezzava; e cominciò a godersi un paio d'ore in disparte in qualche comoda nicchia. Riusciva a tuffarsi in quella Russia allo sfascio. Pensava che gli sarebbe piaciuto conoscere alcuni dei veri russi che combattevano contro i tedeschi sul fronte orientale.
Dalle desrizioni sembravano grandi il doppio degli irlandesi, o almeno questa era la sua impressione, uomini massicci e filosofici. Non sapeva se ammirare L'Idiota o no.
Non sapeva se l'Idiota fosse un idiota o un santo o entrambe le cose.

IL LIBRO
E' un romanzo sugli Irlandesi che combatterono la prima guerra mondiale. Le ragioni che spinge i giovani di questo popolo ad arruolarsi sono diverse: fedeltà al Re, promessa di indipendenza per il loro Paese, incoscienza... Per quelli che sopravvivono negli anni della guerra sarà però sempre più difficile. In patria regna la confusione, la guerra civile e nell'esercito la loro identità è messa in crisi, gli stessi ufficiali si fideranno di loro sempre di meno. E in questa guerra assurda, in queste battaglie perse anche quando vinte il sangue dei ragazzini bagna l'Europa. E' sicuramente un bel libro, commuove ma nel senso buono, non si arriva mai nè al sentimentalismo nè ad una visione ideologica dei fatti. Alcune scene diventano parte della propria memoria: l'incontro di boxe (nonostante sia uno sport che evito e ignoro, è raccontato magistralmente), i soldati in fila per la confessione prima dell'attacco, il caos delle strade di Dublino, il canto dell'Ave Maria. Ricorda un po' Il Cavallo Rosso di Corti (uno dei mie libri preferiti) anche se non raggiunge le stesse profondità.

Dall'Autobiografia di Chesterton, che partecipò alla guerra:
"L'esistenza è ancora per me una cosa strana, e come ad uno straniero le diedi il benvenuto" (1936)

VANITA'
D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell'immensità

L'uomo
s'è curvato
sull'acqua
sorpresa
dal sole
e si rinviene
un'ombra
cullata
e piano franta
in riflessi insenati
tremanti
di cielo

Giuseppe Ungaretti
Vallone il 19 agosto 1917

martedì 18 novembre 2008

VOCAZIONE

I MARMOCCHI DI AGNES, Brendan O' Carroll, Neri Pozza Editore
David si era sempre sentito un po' più vicino a Dio che agli amici. il passaggio al collegio di San Patrizio gli aveva fatto conoscere i Fratelli di San Patrizio, uomini votati al celibato che avevano dedicato la loro vita a Dio e all'educazione dei giovani. La cosa aveva avuto un profondo impatto su David e, dopo il solo primo anno di collegio, aveva annunciato in segreto a padre Francis, il suo insegnante di religione, che gli era parso di avere la vocazione. Padre Francis era stato molto calmo e comprensivo col ragazzo - le vocazioni genuine da parte degli allievi dei collegi di San Patrizio in tutta Irlanda non erano rare, come non lo erano le false o presunte vocazioni. Padre Francis aveva detto a David che era molto giovane per prendere una decisione così importante, che avrebbe dovuto rifletterci bene e pregare dio affinchè le guidasse. Nel frattempo avrebbe dovuto vivere quanto poteva la vita di un ragazzo normale e, come aveva detto padre Francis, "mettere alla prova la sua vocazione".
IL LIBRO

Classico humour irlandese (anche se devo ammettere avrebbe potuto essere meglio, ma forse la colpa è del traduttore). E' il seguito del film di qualche anno fa, dove Agnes Browne era una magnifica Anjelica Houston. Suscita un'istintiva simpatia per le famiglie irlandesi: nello stesso isolato sei famiglie quarantasei figli, tra cui cinque Patrick, cinque Dermot, quattro Cathy, quattro Rory, tre Willy e tre Jimmy. E chissà quanti capelli rossi (ginger head come diceva mio suocero)! Mia cognata dice che in Inghilterra le famiglie cattoliche della sua gioventù si riconoscevano dallo spropositato numero di figli. E' rimasta un po' delusa quando ha saputo che in Italia la crescita della popolazione è zero. Le abbiamo distrutto lo stereotipo!!

LA MIA VITA E' CAMBIATA DA QUANDO HO DECISO DI DONARLA
Di Pierluigi Banna (Avvenire, 19.11.2008)

Da quando sono entrato in Seminario (meno di due mesi fa), non passa giorno in cui non mi ritrovi a chiedermi: ma io cosa ci faccio qui? Spero che questa domanda non abbandoni mai il mio cammino, perché mi costringe a ricordarmi della mia storia, di come Cristo ha conquistato la mia vita , fino a condurmi qui in Seminario. Sono nato 24 anni fa a Catania; in seguito, mi sono trasferito a Milano per studiare Lettere classiche alla Statale, dove mi sono laureato lo scorso luglio. La mia vita è cambiata 10 anni fa, quando ho visto con i miei occhi che Cristo non era solo il più grande uomo del passato, la fede nel quale avevo acquisito per tradizione familiare, ma è una Presenza viva che ancora oggi può cambiare la vita dell’uomo e far sperimentare il 'centuplo quaggiù'. Ho potuto constatare con commozione la presenza di Cristo all’opera nei volti di tanti uomini la cui vita era realmente più intensa, più seria, più appassionata a tutto: desideri, domande, rapporti, politica. Quando sei raggiunto da uno sguardo così appassionato all’uomo – cioè proprio a te – perché appassionato a Cristo, non te lo dimentichi più, è un punto di non ritorno nella tua storia. Da quel momento in poi, puoi essere nella bufera, ma non puoi negare che la realtà, la vita tutta, comunque vadano le cose, è per te, perché c’è Uno che te la da; e che tu, con tutti i tuoi infiniti errori, non sei sbagliato, perché c’è Uno che ti ha amato con una tale tenerezza da dirti: «Persino i capelli del tuo capo sono tutti contati». Passa il tempo, arriva l’università, i volti e le situazioni cambiano, ma permane l’accento inconfondibile di quello sguardo, sempre lo stesso. Il vorticoso ritmo della vita universitaria milanese è così stato lo scenario di un dialogo serrato tra il mio io e il Mistero fatto carne dentro le circostanze di tutti i giorni per sei anni, senza tregua, dalle 8 del mattino a Messa, a mezzanotte prima di andare a letto in appartamento. Le amicizie dentro la comunità di Comunione e Liberazione della mia università, lo studio, l’interesse per la vita universitaria, la bellezza della preghiera, del canto, dei momenti di vita comune e, soprattutto, la bellezza di certi amici, la cui vita è stata sensibilmente trasformata dall’incontro di Cristo, mi sorprendevano; e con lo stupore cresceva l’affezione a Cristo. È sorto così – come un’embrionale intuizione – il desiderio di dare tutta la mia vita facendo il prete. Quell’intuizione non era un prodotto del mio pensiero: l’ho potuto constatare perché ogni volta che la prendevo seriamente in considerazione mi faceva innamorare del presente, e perciò di Cristo, non mi faceva distrarre dalla vita in inutili preoccupazioni di un ipotetico futuro col 'colletto'. Non potrò dimenticare, ad esempio, l’intensità dell’ultimo periodo dell’università, mentre scrivevo la tesi di laurea: più cercavo di far bene la tesi, più cresceva il desiderio di entrare in Seminario e viceversa. Adesso sono passati meno di due mesi dal mio ingresso in Seminario. Tutto quel che è iniziato in questi primi 24 anni, incomincia già ad approfondirsi e a prendere forma. Ogni giorno, la liturgia delle ore, la meditazione, il rapporto con i compagni, lo studio, costituiscono continuamente un richiamo a Gesù che dall’altra parte della riva attende con pazienza che io mi ridesti dal torpore dei miei pensieri, e come Giovanni dalla barca esclamando lo riconosca: «È il Signore!». * Seminario arcivescovile di Milano Il corso di laurea in Lettere classiche, la vita movimentata di Milano, gli impegni, gli amici. Poi lo sguardo di Pierluigi si spinge «oltre»

sabato 8 novembre 2008

FALSI MITI


LA FIGLIA OSCURA, Elena Ferrante, Edizioni e/o

I due salirono, erano inglesi, lui un tipo brizzolato, sui quaranta, lei sicuramente meno di trenta. All'inizio fui ostile, taciturna, mi si complicava il viaggio, avrei dovuto faticare ancor di più per tener buone le bambine. Parlò soprattutto mio marito, gli piaceva stabilire relazioni, soprattutto con stranieri. Era cordiale, faceva domande senza badare alle convenzioni. Venne fuori che i due avevano bruscamente il loro lavoro (non ricordo cosa facessero) e, col lavoro, le famiglieç un giovane marito lei, moglie e tre figli piccoli lui. Viaggiavano da qualche mese per l'Europa con pochissimi soldi. L'uomo disse serioso: l'importante è stare insieme. Lei approvò, e a un certo punto mi si rivolse con parole di questo tenore: siamo obbligati a fare tante cose sceme fin da piccoli pensando che siano essenziali; quello che ci è successo è l'unica cosa sensata che mi sia capitata da quando sono nata.

IL LIBRO

Non avevo letto nessuno dei suoi libri, di questo mi attirava il titolo. Anche se è un commento un po' infantile, lo devo dire, scrive davvero molto bene, riesce a sostenere anche le parti dove in realtà non succede niente. E' una storia al femminile, dove però non credo molte donne si identificherebbero con il personaggio: uno spirito ribelle che non trova una vera alternativa a tutto ciò che sente come stretto.

Cesare Pavese, Maternità

Questo è un uomo che ha fatto tre figli: un gran corpo
poderoso, che basta a se stesso; a vederlo passare
uno pensa che i figli han la stessa statura.
Dalle membra del padre (la donna non conta)
debbon esser usciti, già fatti, tre giovani
come lui. Ma comunque sia il corpo dei tre,
alle membra del padre non manca una briciola
né uno scatto: si sono staccati da lui
camminandogli accanto.

La donna c'è stata,una donna di solido corpo, che ha sparso
su ogni figlio del sangue e sul terzo c'è morta.
Pare strano ai tre giovani vivere senza la donna
che nessuno conosce e li ha fatti, ciascuno, a fatica
annientandosi in loro. La donna era giovane
e rideva e parlava, ma è un gioco rischioso
prender parte alla vita. È così che la donna
c'è restata in silenzio, fissando stravolta il suo uomo.
I tre figli hanno un modo di alzare le spalle
che quell'uomo conosce. Nessuno di loro
sa di avere negli occhi e nel corpo una vita
che a suo tempo era piena e saziava quell'uomo.
Ma, a vedere piegarsi un suo giovane all'orlo del fiume
e tuffarsi, quell'uomo non ritrova più il guizzo
delle membra di lei dentro l'acqua, e la gioia
dei due corpi sommersi. Non ritrova più i figli
se li guarda per strada e confronta con sè.
Quanto tempo è che ha fatto dei figli?
I tre giovani vanno invece spavaldi
e qualcuno per sbaglio
s'è già fatto un figliolo, senza farsi la donna.

venerdì 31 ottobre 2008

SCUOLA


EHI, PROF!, Frank Mc Court, Adelphi

Una giovane supplente venne a sedersi accanto a me nella mensa professori. A settembre avrebbe avuto una cattedra sua, potevo darle qualche consiglio?

Scopri cos'è che ti piace farlo e fallo; alla fine il succo è questo. Ammetto che insegnare non mi è sempre piaciuto. Mi sentivo inadeguato. In aula sei da solo, sei una persona sola che ogni giorno deve affrontare cinque classi, cinque classi di teenager. Una unità di energia contro centosettantacinque bombe a orologeria. Devi vendere cara la pelle. Magari gli sei simpatico, magari ti vogliono addirittura bene, ma loro sono giovani e il mestiere dei giovani è cacciare via i vecchi dal pianeta. So che esagero, ma è come quando un pugile sale sul ring o un torero scende nell'arena: rischi un KO o un'incornata, e allora puoi dire addio all'insegnamento. Se resisti, però, impari i trucchi. E' difficile ma in classe devi creare le condizioni per sentirti a tuo agio. Devi essere egoista. Come dicono le compagnie aeree, quando manca l'ossigeno devi metterti la maschera prima tu, anche se d'istinto ti viene da salvare il bambino.

Il LIBRO
Parlare di scuola in questo periodo è contro tutte le norme sulla sicurezza: se sei fuori dal gruppo, rischi il linciaggio, e non in senso figurato! Ho finito, però, di leggere questo libro solo oggi e non l'ho fatto apposta. Mi è piaciuto molto Le Ceneri di Angela (l'autore è lo stesso), ci ho ritrovato la storia di mia madre: stessa povertà, stesso tipo di padre ma molta più allegria. Mia nonna riusciva a trovare il lato umoristico di ogni situazione. Quando però ho letto Che Paese è l'America, Frank Mc Court mi ha fatto incavolare. Nessuno dei figli di mio nonno è diventato un ubriacone, sfaticato o incapace di costruirsi una famiglia. Il passato, l'infanzia tragica non possono essere una scusa per come tenti di costruire la tua vita. Io insegno in un quartiere dove molte case sono ad edilizia popolare, molti dei miei bambini provengono da famiglie con problemi di tipo sociale (tralasciamo il lato economico) e io desidero e lavoro perchè da tutti possa venire qualcosa di buono e di bello. Dalla lettura di questo libro l'autore non ne esce proprio come un bravo insegnante ma sicuramente come uno che ci ha provato. E poi, e qui devo ripetermi, le esperienze si guardano e si prova ad imparare da esse, non si pontifica su di esse.


Dedicato a tutta la maggioranza silenziosa degli insegnanti che fa il proprio dovere, non ama esporsi ed evita i problemi: buon lavoro. E, ricordiamocelo più spesso, si vive una volta sola!

Susanna Tamaro, Il giornale, 29 ottobre 2008 :

Da venticinque anni vivo accanto al ministero della Pubblica Istruzione, in Viale Trastevere. Ogni autunno, al tempo della caduta delle foglie e della vendemmia, al tempo in cui le castagne cadono al suolo - quelle castagne che per decenni hanno popolato i sussidiari della scuola italiana - le grandi masse di studenti, come facessero parte del ciclico movimento della natura, cominciano ad agitarsi rumorosamente. L’autunno è ormai fisiologicamente la stagione degli scioperi e delle occupazioni. Cambiano i governi, cambiano i ministri, cambia vertiginosamente il mondo intorno, ma l’autunno resta il tempo della grande protesta. Quest’anno però l’usuale protesta ha assunto dimensioni abnormi e anche pericolose. Mai infatti era successo che scendessero in piazza i bambini delle elementari - azione gravissima - e che anche settori vasti e lontani dal mondo della scuola si mobilitassero in modo così virulento, come se si trattasse di uno scontro in cui è in gioco la sopravvivenza della civiltà. Il clima non è molto diverso da quello che ci fu al tempo della legge sulla fecondazione assistita. O sei di qua o sei di là. E se sei di là, sei un oscurantista, nemico del progresso e dell’uomo, una persona disprezzabile, da demonizzare e quindi io non prenderò mai seriamente in considerazione le tue idee, le tue riflessioni. A chi giova un clima del genere? A chi fa gioco impedire un discorso serio e maturo sul bene comune? Quello che deprime, in questa situazione, è l’alto livello di infantilismo, di immaturità. Mentre da una parte si cerca di risolvere un problema estremamente grave come quello della scuola, dall’altra si soffia irragionevolmente sul fuoco, fomentando antagonismi che nulla hanno a che vedere con la meditata proposta del programma. Salva la scuola, gridano migliaia di cartelli dai muri delle nostre città. Ma salvare cosa, da chi? Salvare quale scuola? Quella che produce ragazzi incapaci di esprimersi correttamente, che inzeppano i curricula vitae, le tesi, gli stessi concorsi della magistratura di strafalcioni che fanno inorridire? Quella che ci spinge agli ultimi posti dei livelli europei? Quella che ha istituito il demenziale sistema dei crediti e dei debiti formativi, delle miriadi di lauree che, se non fossero reali, provocherebbero minuti di serena ilarità? Ho frequentato le magistrali, arrivando anche a fare il concorso per insegnare perché ho sempre pensato che i primi anni di apprendimento fossero i più importanti e che dedicarsi a questo fosse una straordinaria avventura. Poi la vita mi ha portato in un’altra direzione, ma la passione non mi ha abbandonato. Scrivo libri per l’infanzia, inoltre ho quattro nipoti in età scolare e vivo con tre bambine che vanno alla scuola dell’obbligo. Per questo, posso dire che in Italia abbiamo ancora molte realtà straordinarie. Straordinarie per passione, per intelligenza, per creatività. E dove ci sono queste realtà, i bambini crescono appassionati, curiosi, aperti alla vita. Ma, accanto a queste che, ringraziando il cielo, non sono poche, si è insinuata, negli ultimi decenni, una volontà perversa dei legislatori che sembra avere l’unico scopo di complicare le cose semplici. La scuola elementare si chiama così, appunto, vorrei ricordarlo, perché deve insegnare gli «elementi base». Ad un certo punto però, agli illuminati riformatori, è parso che proprio questa scuola andasse modernizzata, «liceizzata», adeguata, cioè, alla complessità di informazione di questi tempi. La semplicità, l’essenzialità, la sobrietà andavano cancellate nel nome della modernità. Un bambino proiettato nel futuro, nei tempi meravigliosamente complessi che viviamo, non poteva avere quelle scarse nozioni ottocentesche che sono state la spina dorsale dell'educazione di intere generazioni. E così, ogni giorno, vedo uscire la piccola Martina piegata da uno zaino che contiene ben otto libri. Otto libri per la seconda elementare? E allora noi che abbiamo studiato sull’unico sussidiario, siamo tutti ignoranti? Tempo fa un padre, preoccupato, mi diceva: «Mia figlia sa tutto sulle piogge acide ma non ha la minima idea di cosa siano i decilitri e i millilitri». Certo, ci sono bambini estremamente informati, ma informati vuole dire preparati? E soprattutto, in un mondo che già bombarda informazioni, i bambini hanno bisogno di altre informazioni? O hanno bisogno piuttosto del sapere? In Europa siamo agli ultimi posti come preparazione scientifica. Come è possibile, mi chiedo, dato che ormai, per insegnare matematica alle elementari, bisogna avere una laurea? Una persona più preparata, di solito dovrebbe creare bambini più preparati, mentre sono sempre più confusi. «Segnala le entità equipotenti», ho trovato scritto nel libro di una mia nipotina di prima elementare. Lei mi guardava con sguardo smarrito chiedendo aiuto e io ho risposto con uno sguardo altrettanto smarrito. A un’altra, già in seconda, ho chiesto: «Quanto fa 1+1?» e lei trionfante ha risposto: «11». Eppure io, in prima elementare, avevo imparato che una ciliegia più una ciliegia fa due ciliegie e non ho mai avuto dubbi su questo.Perché tanta paura della semplicità, perché tanta paura della chiarezza? Forse perché si è perso di vista cosa vuol dire educare: dal latino ducere, vuol dire «condurre». Ma per condurre devo sapere qual è la direzione verso cui tendo. Se non so dove sto andando, se non so qual è la mia meta, come posso guidare le persone che mi sono affidate? Educare non vuol dire intrattenere, ma dare a un bambino i fondamenti etici sui quali potrà costruire la sua complessità di persona. Credo che una delle grandi emergenze di cui si parli poco, per non dire affatto, sia la precaria condizione del sistema nervoso dei bambini che vivono in questi tempi. Il loro cervello, spesso affidato a delle suadenti balie elettroniche, è sottoposto a una continua eccitazione di stimoli diversi. È proprio questa stimolazione forsennata, quest’abitudine a fare zapping che frantuma in loro qualsiasi possibilità di attenzione. E che cos’è l’uomo senza attenzione? Qualsiasi cosa io voglia fare - dal falegname all’astronauta, a scrivere una lettera d’amore - ho bisogno assoluto di attenzione e di concentrazione, devo saper collegare i gesti e sapere che, senza quel collegamento, non ottengo nulla. Oltre alla semplicità, all’altare della modernità abbiamo anche sacrificato l’idea che esista una natura umana e che questa natura vada rispettata e aiutata nella sua crescita. Per questo penso che togliere il maestro unico sia stata una grandissima stupidaggine come quella, tra l’altro, di abolire le magistrali. Un essere umano, per crescere, ha bisogno di stabilità, di certezze, di silenzio, solo così può riuscire a formarsi un suo pensiero e non sarà un docile soldatino nelle mani dei grandi manipolatori. La natura umana si forma nello sforzo, nella fatica, nell’idea che lo sforzo e la fatica siano passaggi fondamentali per crescere e imparare. Se non mi sforzo, se non mi applico, se non passo attraverso le forche caudine della noia, non sarò mai capace di costruire niente. E contro chi va questa confusione di intenti, questa mancanza di preparazione, se non contro le persone che un giorno saranno adulte e che avranno carenze nell’esprimersi? Saranno loro a pagarne il prezzo, perché il bambino incerto nelle nozioni della scuola elementare, sarà ancora più incerto alle medie e, alle superiori, costruirà una casa fatta di carta, pronta a volar via al primo soffio di vento. Ma un giorno la scuola e l’università finiranno, ci sarà l’incontro con il mondo del lavoro e con quali mezzi potranno affrontare un momento così importante? Come faranno a inserirsi in una società che è stata mostrata loro unicamente come antagonista? Non si tratta, a mio avviso, di essere di destra o di sinistra - io, ad esempio, ero molto negativa sulla riforma Moratti - ma di avere il coraggio di osservare la realtà e di affrontarla con quel sentimento così desueto ormai ma così importante che si chiama buonsenso e, assieme a quell’altro sentimento altrettanto lontano dai nostri giorni, che si chiama buona volontà, cercare di lavorare insieme per costruire, per una volta, il bene comune delle generazioni future alle quali finora abbiamo offerto degli esempi davvero pessimi.
Maria Zambrano

Nel vuoto delle aule accade qualcosa che va oltre ciò che si apprende materialmente in esse. Molti di coloro che sono passate attraverso di esse forse non hanno acquisito tante conoscenze com'era necessario. Ma nel frequentare le aule è accaduto qualcosa, in esse si insegnò qualcosa di essenziale per essere uomini: aprirsi al pensiero che cerca la verità.
Da Per amore e per la libertà






sabato 18 ottobre 2008

SORPRESA


THE ROAD TO NAB END, William Woodruff, Ted Smart

Remember, O most gracious Virgin Mary,
that never was it known
that any one who fled to thy protection,
implored thy help,
and sought thy intercession,
was left unaided.
Inspired with this confidence,
I fly unto thee,
O Virgin of virgins, my Mother,
to thee I come,
before thee I stand sinful and sorrowful.
O Mother of the Word Incarnate!
despise not my petitions,
but, in thy mercy, hear and answer me. Amen.




IL LIBRO
Mia suocera vive in una delle tipiche case inglesi su due piani, con le stanze piccole e moquette da tutte le parti. La vera Jessica Fletcher è lei. La sera si scalda la sua tazza di latte, prende uno dei libri gialli che tiene su uno dei gradini delle scale e che ha preso in prestito dalla biblioteca locale, attacca la coperta elettrica e legge a letto finchè si addormenta. Un giorno che ero da lei ho trovato questo libro sulle scale. Non credo sia stato tradotto in italiano e anche in Inghilterra è stato pubblicato solo da una piccola casa editrice. E' una specie di Le ceneri di Angela versione inglese. Racconta autobiograficamente del periodo tra le due guerre nella zona operaia dei cotonifici dell'Inghilterra del nord visto dagli occhi di un bambino. Non vi dico la mia sorpresa quando, leggendolo, ho trovato la versione inglese della preghiera di san Bernardo: mi ha commosso. Ero lì, in un salottino davanti al caminetto elettrico, tutta presa dalla vicenda di questo povero bambino e mi sono imbattuta in qualcosa che mi è molto familiare. La preghiera nel libro viene detta da una poverissima famiglia di origine irlandese, il cui padre per lo scrittore allora bambino, rappresenta il vero ritratto del santo. Nel viso di quest'uomo c'è una bellezza che nemmeno la propria madre, descritta come una donna bellissima, riesce a reggere il paragone. A me, generalmente, piacciono tantissimo i libri in cui gli scrittori raccontano di se stessi perchè di fronte ad un'esperienza uno può solo diventare spettatore, non c'è niente da obiettare o criticare. E questo è uno di questi libri. Bellissimo è l'episodio in cui il partito comunista cerca di fare proseliti tra i molti degli operai che fanno davvero la fame perchè la crisi è profonda (sembra che noi non siamo troppo lontani dalla stessa situazione), i cotonifici chiudono per la concorrenza del mercato indiano (un po' i cinesi di oggi per noi italiani) Li invitano a partecipare alla lotta, agli scioperi, che sono quelli veri, non quelli degli insegnanti che allungano il week end e non hanno nemmeno letto la riforma. Lo scrittore adolescente ne è affascinato, partecipa agli incontri e si infervora come i suoi compagni. Ad un certo punto però l' "agitatore" urla gli slogan contro i padroni e grida che bisogna odiarli. In quel momento lo scrittore si ricorda della nonna, elemento molto positivo nella sua famiglia, che gli ha sempre detto che odiare è sbagliato, comunque e dovunque. Allora lascia la sala triste.

P.S.
Stavo cercando alcune immagini per questo post e di scoprire qualcosa in più sull'autore, quando mi sono imbattuta nella notizia della sua morte. E' avvenuta a settembre. L'autore, professore universitario e storico, aveva 92 anni ed era circondato dalla sua famiglia. Aveva sette figli e viveva in Florida. Ha combattuto nella seconda guerra mondiale.

Questa una citazione dal suo libro
I was lucky to have been born and reared in Lancashire, doubly lucky to have been born poor.
E, ad un certo punto, ringrazia la sua città natale, di cui è comunque orgoglioso, per avergli dato la libertà di lasciarla, cercando così la realizzazione di sè.

domenica 12 ottobre 2008

APOCALISSE


Da BLUES DELLA FINE DEL MONDO, Ian McEwan, Einaudi
Gli Stati Uniti, a capo di più di quattro quinti della ricerca scientifica mondiale e tuttora terra dell'abbondanza, possono esibire al mondo un'infinità di analisi statistiche riguardanti le convinzioni religiose del paese. La litania è ben nota. Il 90% degli americani sostiene di non aver mai dubitato dell'esistenza di Dio e si dice sicuro che ciascuno sarà chiamato a rispondere dei propri peccati. Cinquantatre americani su cento sono creazionisti, convinti che l'età del cosmo sia di seimila anni. il 44% è certo che Gesù tornerà a giudicare i vivi e i morti entro i prossimi cinquant'anni. Soltanto il 12% crede che la vita sul pianeta si sia evoluta attraverso un processo di selezione naturale e senza l'intervento di un agente soprannaturale.

IL LIBRO

Una specie di saggio breve senza, però, uno scopo evidente. A meno che non sia un tentativo di estromettere Dio dalla storia. Mi dispiace che McEwan abbia avuto del tempo da perdere. Mia madre da bambina, per ragioni di guerra (era sfollata) è andata a scuola solo fino alla terza elementare. Le è sempre piaciuto leggere ma ha cominciato a trovare tempo per i libri solo dopo aver preso la licenza media con i corsi per gli adulti. Quando le prestai un libro di McEwan (quello in cui spariva una bambina al supermercato), mi disse che questo scrittore scriveva proprio bene. Ed è vero. Ma perchè le teorie apocalittiche? E' un tentativo davvero mal riuscito di dimostrare che se anche ci fosse un apocalisse, un Dio, di improbabile esistenza, non interverrebbe comunque, perchè tanto non muove un dito nemmeno nelle disgrazie quotidiane. Dico io: a che pro ricevere il dono dell'intelligenza se poi non riusciamo a vedere l'evidente?
Dell'apocalisse non ho paura, temo di più veder la "partenza" di chi ami uno alla volta, che l'andar via tutti insieme.
Mi è sempre piaciuta la scena del Titanic in cui la mamma rimbocca le coperte ai figli e sta lì con loro, quando ormai non c'è più niente da fare.
Speriamo che me la cavo!!!


Dal libro di Giobbe (14,1-6)
L'uomo, nato di donna, vive pochi giorni, ed è sazio di affanni.
Spunta come un fiore, poi è reciso; fugge come un'ombra e non dura.
E sopra un essere così, tu tieni gli occhi aperti e mi fai comparire con te in giudizio!
Chi può trarre una cosa pura da un'impura? Nessuna.
Se i suoi giorni sono fissati, e il numero dei suoi mesi dipende da te,
e tu gli hai posto un termine che non puoi varcare, distogli da lui lo sguardo perchè abbia un po' di tranquillità e possa godere come un operaio la fine della sua giornata.
P.S. Per fortuna c'è il Nuovo Testamento!!!

domenica 5 ottobre 2008

CORRISPONDENZA DEL CUORE


Da SUNSET LIMITED, Cormac McCarthy, Einaudi

- E in che cosa credi?
- In un sacco di cose.
- Va bene.
- In che senso, va bene?
- Va bene, quali cose?
- Credo in certe cose.
- Questo l'hai già detto.
- Probabilmente non credo più in una serie di cose in cui credevo una volta, ma questo non significa che non creda più in niente.
- Bè, fammi un esempio.
- Più che altro, credo nel valore delle cose.
- Nel valore delle cose.
- Si.
- Ok. Di quali cose?
- Di un sacco di cose. Le cose culturali, per esempio. I libri, la musica, l'arte. Cose di questo genere.
- Va bene.
- Queste sono le cose che per me hanno valore. Sono la base della civiltà. O quantomeno, un tempo avevano valore. Probabilmente oggi non ne hanno più così tanto.
- E cosa gli è successo, a quelle cose?
- La gente ha smesso di dar loro valore. Io ho smesso di dar loro valore. Entro un certo limite. Non saprei neanche spiegarle bene perchè. Quel mondo è in gran parte scomparso. E fra poco lo sarà del tutto.
- Non so se riesco a seguirti, professore.
- Non c'è niente da seguire. Va bene così. Le cose che amavo un tempo erano molto fragili. Molto delicate. Ma io non lo sapevo. Pensavo che fosero indistruttibili. E mi sbagliavo.
- Ed è questo che ti ha spinto a buttarti giù dal binario. Non una questione personale.
- Ma è una questione personale. E' proprio questo l'effetto dell'istruzione. Rende il mondo intero qualcosa di personale.
- Hm.
- Cosa, hm?
- Niente, stavo solo pensando che sono parole belle forti. Non mi viene in mente nessuna risposta, e magari la risposta non c'è per niente. Ma comunque devo proprio chiedertelo: a che servono idee del genere se poi non riescono a farti tenere i piedi incollati per terra quando arriva il Suset Limited a centotrenta all'ora?
- Bella domanda.
- Piace pure a me.

Commento al libro.
Si può definire un lungo dialogo o un breve romanzo. Il testo è di un'essenzialità quasi monastica, ogni pagina ha il suo spunto meditativo. Per chi sa cos'è, potrebbe essere una scuola di comunità, un appendice al Senso Religioso. Lo si legge sperando fino alla fine in una soluzione a noi consona. Invece il finale, che può non piacere, è un inno alla libertà dell'uomo che può scegliere anche una vita che non corrisponde alle esigenze del cuore. Può desiderare addirittura di non rivedere mai più la propria madre. Forse ciò che manca è proprio una compagnia.



Da un discorso dell' allora cardinale Josef Ratzinger "La corrispondenza del cuore nell'incontro con la Bellezza" (2002):
Egli (sta citando Kabasilas) distingue due tipi di conoscenza: la conoscenza attraverso l’istruzione che rimane conoscenza, per così dire, «di seconda mano» e non implica alcun contatto diretto con la realtà stessa. Il secondo tipo, al contrario, è conoscenza attraverso la propria esperienza, attraverso il rapporto con le cose. «Quindi, fintanto che noi non abbiamo fatto esperienza di un essere concreto, non amiamo l’oggetto così come esso dovrebbe essere amato». La vera conoscenza é essere colpiti dal dardo della Bellezza.




sabato 4 ottobre 2008

STUPORE


Da DURANTE, Andrea De Carlo, Bompiani

E di colpo, o forse per piccoli gradi di avvicinamento ma in una progressione molto rapida, l'aspetto di tutta la situazione mi è cambiato davanti agli occhi. Un momento mi stavo sforzando in modo insopportabile, saturo di odio verso Durante e di rabbia verso me stesso per essere caduto nel suo gioco, il momento dopo ero invaso da uno strano senso di completezza. Anche adesso mi è difficile definirlo: era come se ogni gesto e ogni sguardo e ogni respiro di noi quattro nel campo in pendenza creasse una colla luminosa di attenzione e partecipazione che copriva i pensieri e le sensazioni negative, colmava di significati il vuoto. La fatica sembrava attenuata, insieme alla durezza del terreno e al peso della trivella e alla rabbia e alla gelosia, alla noia, al sospetto, all'estraneità. Il caldo estremo non mi dava quasi più fastidio, anche se continuavo a sentirlo; il tempo che passava non mi comunicava più un senso di spreco.

Il libro

Un mio alunno, davanti a tutti, l'altro ieri mi ha chiesto: "E' bello essere adulti?" Guardando gli adulti di questo romanzo, viene immediato rispondere di no. Nessun personaggio affascina veramente, anche mil protagonista, Durante, è un po' il fratello povero degli spiriti apparentemente liberi delle generazioni on the road. I rapporti tra le persone sono molto superficiali, nessuno va a fondo di niente. Tutti però sono insoddisfatti e vorrebbero qualcosa di più nella loro vita. Il libro è comunque scritto molto bene (anche se ho trovato un congiuntivo sbagliato!) e la storia si legge senza intoppi. Non ho ancora deciso se leggerò altri libri di De Carlo, oppure no. Si vedrà.


Corrispondenza


"Quando qualcosa si può chiamare eccezionale? Questa è veramente un'osservazione non so se più drammatica o comica - la natura, come creata da Dio, è capace di essere comica, ragazzi, certe volte - perchè noi sentiamo una cosa eccezionale quando corriponde alle esigenze più profonde per le quali viviamo e ci muoviamo."
Da Si può vivere così, don Luigi Giussani

sabato 27 settembre 2008

CONDANNA


Da GRANDI SPERANZE, Charles Dickens, Oscar Mondadori.
A quell'epoca c'era l'abitudine (come appresi dalla terribile esperienza fatta in quella sessione) di dedicare una giornata conclusiva alla lettura di tutte le sentenze, per dare maggior risalto all'effetto finale della sentenza di morte. Ma se non fosse per il quadro indelebile che ho sempre davanti agli occhi, non avrei mai potuto credere, nè lo crederei neanche ora mentre scrivo queste righe, di aver visto trentadue uomini e donne sfilare davanti al giudice e ricevere tutti insieme la stessa condanna. Il primo di questi trentadue esseri, fu lui: era seduto, perchè potesse respirare abbastanza da rimanere in vita.
Tutta la scena mi balza ancora davanti agli occhi, con i vividi colori di quel momento, fusi alle gocce di pioggia contro i vetri delle finestre della corte che luccicavano ai raggi del sole di aprile. Chiusi nella gabbia, al banco degli imputati, mentre io dal fuori continuavo a stare in un angolo, vicino a lui, con la sua mano nella mia, erano trentadue uomini e donne; qualcuno sprezzante, qualcuno in preda al terrore, altri singhiozzavano e paingevano, altri si coprivano il volto, altri ancora si guardavano intorno con aria minacciosa. Si erano levate urla fra le donne ma erano state represse ed erano state seguite da uno zittio. Gli ufficiali giudiziari con le loro pesanti catene e altre civiche cianfrusaglie e mostruosità, i banditori, gli uscieri, una galleria piena zeppa di gente -un grosso pubblico teatrale- tutti erano attenti quando i trentadue e il giudice furono messi a solenne confronto.

IL LIBRO


Nessun commento possibile: è un classico. Tutti i romanzieri, soprattutto anglosassoni, devono riconoscere Dickens come loro padre. I personaggi sono perfetti, anche le figure cameo potrebbero vivere indipendenti dalla storia che li coinvolge. Bellissime le descrizioni di Londra e della vita in Inghilterra in generale a lui contemporanee.

Commento del Gurdasigilli Angelino Alfano alla mostra sulla vita nelle carceri presente al Meeting di Rimini 2008:
Sentire alcuni detenuti dire "da soli non ci si salva, ti aiutano gli amici, ti aiuta la compagnia, ti aiuta un incontro", vuol dire ascoltare un uomo che ha capito non solo che ha sbagliato e dove ha sbagliato, ma anche come si può salvare. Ma ciò che sorprende è vedere come, grazie a queste attività il carcere non sia il luogo dove tutte le speranze muoiono, ma possa essere il luogo dove una persona ricostruisce il proprio io, preparandosi ad una nuova vita.




sabato 20 settembre 2008

LA STORIA

Da L'ULTIMA PARTITA, J.J. Connolly, Einaudi
Ho letto tutta la storia d'Irlanda e tutti i cazzo di libri di storia che mi capitavano a tiro perchè, punto primo, mi piacevano i fatti che raccontavano, perchè la realtà è sempre più strana della fantasia, su questo non ci piove, cazzo, per cui mentre i miei compagni andavano ai corsi serali per sgamare come funziona il cervello della gente e diventare criminali con i fiocchi, nel senso che studiavano psicologia, sociologia, teologia e tutti gli altri tipi di fottologia, io me ne stavo in cella a divorarmi i miei libri di storia. Ti dico la verità, la sera ero quasi sempre contento di rientrare in cella perchè potevo starmene per i cazzi miei con uno spinello e i miei libri.
(...) Cioè, la gente pensa che studiando la storia impari a non ripetere sempre gli stessi sbagli, fatto sta che ci ricaschiamo in continuazione, come se a noi, la specie umana, piacesse fare cazzate, o forse è quello che preferiamo.
(...) Forse sì, forse no. Cioè, i gradi imperi o le grandi nazioni vivono nella paura che l'altro li mette sotto prima di riuscirci loro, è come un cane che si morde la coda.

IL LIBRO
Questo è un bel libro "antistress", fa sorridere, pensare, emozionare ed è veramente coinvolgente. I gangster sono più simpatici dei più trendy cugini americani: sono umani, normali, hanno le loro debolezze e pagano per i loro delitti, senza essere per questo condannati in eterno. L'intreccio è perfetto e costruito molto sottilmente. L'humour è inaspettato, improvviso e molto inglese.
So che è diventato un film diretto da Matthew Vaughn ma non l'ho visto. Potrebbe rispettare lo spirito del libro se fosse simile ai film di Guy Ritchie. Fosse qualcosa tipo Pulp Fiction, avrebbe mancato il bersaglio.

Aharon Appelfeld:
Il passato in realtà, anche il passato più atroce, è difficile da separe da noi. Perquanto atroce, pieno di sofferenza e di vergogna possa essere questo passato, senza passato si è come handicappati, ti manca una parte. Senza un collegamento, senza un legame con i propri genitori, genitori, nonni, antenati, senza i valori che ti sono stati tramandati da tutti gli avi questa persona sarà sì un organismo vivente, però senza anima.

Ho sentito la psicologa Sanese in un incontro pubblico che affermava che gli studiosi hanno scientificamente provato che noi trasmettiamo ai nostri figli fino a sei generazioni di cultura. Non è liberante sapere che quello che sei ora non andrà perso?



mercoledì 17 settembre 2008

DOMANDA

Da LA DONNA DI GILLES, Madeleine Bourdouxhe, Adelphi.

Con le mani disgiunte sul bordo dell'inginocchiatoio, alza la testa e si guarda intorno: santa Genoveffa, ritta sul piedistallo di velluto rosso, con i lunghi capelli sciolti, che viene invocata per il mal di gola e l'anemia... Santa Margherita, dolce vergine con il capo appesantito da pietre preziose, protettrice delle partorienti... Sant'Antonio, che indossa il saio e ha la doppia aureola dei capelli e del cerchio d'oro. Aiuta a ritrovare gli oggetti perduti... San Rocco, con gli occhi abbassati verso il cane accucciato ai suoi piedi; con una mano rialza il lembo dell'abito, con l'altra indica sul ginocchio scoperto un'ampia ferita di gesso. Guarisce dai morsi dei cani arrabbiati... San Cristoforo, con un piede proteso in avanti e il bastone in mano, porta il bambino seduto sulla spalla. Lo si invoca prima di mettersi in viaggio...
E per il suo dolore, a chi si deve rivolgere?
In fondo alla chiesa, su un piccolo piedistallo di legno si erge, senza fiori nè ceri, la statuetta di un santo di cui Elisa ignora il nome. Il suo corpo esile di adolescente, in gesso madreperlaceo, si staglia contro un albero scuro con tre soli rami privi di foglie. Ha le braccia alzate, i polsi uniti sopra la testa, i piedi che toccano appena il suolo, e la sua carne nuda e levigata sembra così immateriale che, se non fosse per i lacci che gli trattengono i polsi e le caviglie, si direbbe che sia spuntato fuori dalla terra in tutta la sua grazia. Con il bel viso improntato alla rassegnazione, gli occhi carichi di tristezza, deve conoscere tutti i dolori e tutti gli amori... Dolori intimi di cui è pervaso sino a sopportare senza quasi soffrire, ma anzi accettando come una sorte di ornamento, le tredici frecce che gli trafiggono le spalle, i fianchi, la piega delle braccia, i polsi... Esse gli penetrano nella carne senza lacerarla nè farla insanguinare. E invece di ferirlo lo rendono soltanto malinconico.
Forse perchè quel dolore senza nome assomiglia al suo, o per l'emozione causata da quella carne tenera, ancora infantile.

IL LIBRO.
E' un libro molto triste, senza speranza, raccontato con una dolcezza tipicamente francese. La protagonista affascina per la sua semplicità che, all'inizio, sembra essere una qualità positiva ma che finisce per diventare la di lei condanna. Personalmente non salverei nessun personaggio: provinciali, di corte vedute. L'ambiente soffoca: la bellezza dei luoghi, degli ambienti familiari non segna positivamente nessuno.
CESARE PAVESE:
"La vita ha valore solamente se si vive per qualcosa o per qualcuno"
Attenzione, dico io, a riporla nelle mani sbagliate, perchè anche la protagonista aveva uno scopo, ma crollato questo, lei non ha retto.

BENEDETTO XVI:
L'uomo è fatto per il compimento eterno della sua esistenza. Ciò va ben oltre la semplice riuscita mondana e non è in contraddizione con l'umiltà delle condizioni con cui svolge il suo pellegrinaggio sulla terra. Il compimento dell'umano è la conoscenza di Dio, da cui ogni persona è stata creata e a cui tende con ogni fibra del proprio essere.

sabato 13 settembre 2008

ETERNITA'

Da UNA COSA DA NULLA, Mark Haddon, Einaudi

Alzò un bicchiere. -Vorrei proporre un brindisi. Alla mia meravigliosa figlia Katie. E al suo bravo marito Ray. (...) Passiamo quasi tutto il tempo che ci è dato sulla terra convinti che vivremo in eterno... (...) Tutti noi non vediamo l'ora di andare in pensione. Per curare il giardino a dovere. Per leggere quei libri che ci hanno regalato a Natale o al compleanno e non siamo mai riusciti a leggere. (...)Io. Jean. Alan. Barbara. Katie. Ray. Tutti noi moriremo (...) Ma non vogliamo ammetterlo. (...)Non ci rendiamo conto di quanto sia importante. Questo...questo posto. Gli alberi. La gente. Le torte. poi, ci viene portato via. E ci rendiamo conto dello sbaglio. Ma è troppo tardi. (...)Mia adorabile figlia. Mia adorabile, adorabile figlia. Tu, Ray e Jacob. Mai. Non date mai per scontato il vostro affetto reciproco.

IL LIBRO

Di nuovo la famiglia inglese, poco tradizionale ma sempre presente, imprenscindibile ed ineludibile. Classico humour inglese, leggero e profondo allo stesso tempo. La storia è presente ai nostri occhi: ci si immaginano fotografamente tutti i personaggi e ogni scena scorre come in un nastro di celluloide. Potrebbe essere la trama per un blockbuster inglese, sulla serie di Quattro matrimoni e un funerale o Notting Hill. E' una irresistibile spinta a ricercare la bibliografia completa dell'autore.

Commento


“Il solo e vero peccato è rimanere insensibili alla resurrezione” diceva Isacco il Siro, un padre della chiesa antica.

mercoledì 10 settembre 2008

Fiducia

Da VOCI FUORI CAMPO, Ali Smith, Feltrinelli

Il simbolo dell'uguale, Magnus ricorda di aver raccontato ad Ambra un pomeriggio così caldo che si moriva anche dentro la vecchia chiesa di pietra, fu inventato da Leibniz.
Ah sì? ha detto Ambra. Ne sei certo? (...)
In che senso? ha chiesto Magnus.
Voglio dire, come fai a saperlo? ha detto Ambra.
Lo so e basta, ha risposto Magnus. E' una cosa che so. (...)
Ma come fai a sapere che è vero? ha detto Ambra.
Senti, ha detto Magnus. Mettiamoche l'ho letto da qualche parte, perchè in realtà non me lo ricordo come so questa cosa, ma mettiamo che l'ho letto, no? Significa che stava scritto su un libro e quindi molto probabilmente è una cosa vera.
Perchè, se sta scritto su un libro diventa automaticamente vero? ha detto Ambra.
Sì, perchè evidentemente si tratta di un libro di testo, uno di quelli che si usano a scuola, ha detto Magnus, e i libri di testo di solito li scrive gente che studia le cose per anni e anni ed è in grado di insegnare una materia ad altre persone che ne sanno di meno. E inoltre. I libri vengono rivisti prima di essere pubblicati, e i redattori controllano i fatti. E anche se non l'ho letto, ma l'ho sentito da un professore in classe, tutto quello che ho appena detto vale lo stesso.
Nel senso, ha detto Ambra, che gli insegnanti vengono rivisti da redattori che controllano i fatti prima che vengano insegnati?
Magnus ha chiuso i denti di scatto.
Lo sai cosa voglio dire, ha detto. Dai. Il piacere su. Fammi.
Voglio solo dire che potrebbe non essere stato Leibniz, ha detto Ambra. voglio solo dire che forse è stato qualcun altro.
E' stato Leibniz, ha detto Magnus.
E se non è stato lui? ha detto Ambra.
Ma è stato lui, ha detto Magnus.

IL LIBRO
Una ricca gamma di personaggi: tre adulti e due adolescenti tra i protagonisti. Forse gli adolescenti sono i più realistici mentre le figure adulte non fanno poi così parte dell'esperienza quotidiana, soprattutto nella società italiana. E' un romanzo molto originale nella tecnica narrativa ed è giovane sotto molti aspetti. La figura anticonformista del personaggio di Ambra, la donna "misteriosa" suscita molti interrogativi a cui il libro però non risponde. Il professore universitario è forse un po' troppo stereotipato. Quante studentesse andrebbero veramente a letto con un loro docente per il voto? Sicuramente i professori uomini del mio periodo universitario avrebbero suscitato più "ribrezzo" che attrattiva! Arrivati alla fine del libro ci si chiede perchè su tante vicende lasciate in sospeso e si spera la pubblicazione di un seguito per sapere come se la caveranno i nostri eroi. Molti i film citati e il divertimento nella lettura è stata la soddisfazione nel verificare di averli visti proprio tutti.

Commento:

Quello che conta non è non commettere errori ma evitare la menzogna.

R. Schneider, Bartolomeo de Las Casas

martedì 9 settembre 2008

La libertà

Da FOLLIA, Patrick Mc Grath, Adelphi


Edgar era andato avanti con la sua scultura, continuando a sfigurarla, ma ormai buchi e tagli si potevano considerare uno stadio nell'evoluzione del pezzo. Fu felice di mostrarla a Nick, e guardandola Stella capì che quella testa, la sua testa, era diventata qualcos'altro, una trasposizione dei sentimenti sempre più oscuri e tormentati di Edgar: era, pensò, patologia in argilla.

IL LIBRO

Frutto di una consulenza con ricercatori ed esperti sul campo di psicologia, il libro assorbe le teorie psicologiche trasformandole sorprendentemente in romanzo. Ne appare una moderna Anna Karenina o Madame Bovary: donne così afferrate da una passione da perdere il senso della realtà raggiungendo anche la distruzione di sè.

Due domande:
1. Può un innamoramento essere così travolgente da annullare la libertà di scelta? ("Non sono responsabile delle mie azioni, sono innamorata!")

2. Esiste davvero una donna che si dimentica del proprio bambino?

L'autore riesce a narrare al di fuori del tempo. Se non fosse perchè non si nominano cellulari o computer, sarebbe più difficile ipotizzare una data alla vicenda. Infatti mancano riferimenti storici o contemporanei alla storia.

SAN TOMMASO:

La vita dell'uomo consiste nell'affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua più grande soddisfazione. (Summa Theologiae)
Io aggiungo: abbiamo la libertà di scegliere l'affetto giusto!

domenica 27 luglio 2008

Da TUTTO PER UNA RAGAZZA, Nick Hornby, Guanda




Secondo voi è da pazzi? Forse si’, ma non me ne importa niente, davvero. Chi è che non parla mai con qualcuno mentalmente? Chi è che non parla con Dio, o con un gatto o un cane, o con qualcuno che ama ed è morto, o magari semplicemente con se stesso? (…) Comunque volevo solo dire che ci fu un momento – magari un giorno, o forse qualcuno in piu’, non ricordo – in cui tutto sembrava ricomposto. E quindi, ovviamente, era anche il momento di combinare un bel casino.

IL LIBRO


Bellissima storia. Ben tornato Nick! Di lui ho letto ed apprezzato ogni testo anche se “Come diventare buoni” è per me un flop melenso. In Per una ragazza si riconosce il suo tipico stile che attrae cosi’ tanto. Nonostante tutto il filo conduttore del testo è la positività della realtà che non dipende dal non avere problemi o dal saperli risolvere ma dal back up, che nei libri di Hornby è quasi sempre la famiglia, sgangherata, magari non tradizionale e con tratti tragicomici ma sempre presente. Unico neo: mentre lo si legge, si tenta già di anticipare quali attori interpreteranno i personaggi (forse Hugh Grant?)


Da un'intervista all'atleta Oscar Pistorius
"Con l’andare del tempo - spiega Pistorius - mi sono reso conto di correre con passione sempre crescente e ho raggiunto una certezza: se avessi avuto le gambe sarei potuto essere più veloce, ma di certo non avrei messo l’anima, come sto facendo ora, per ottenere un risultato. Non sarei l’atleta determinato che sono oggi, o, forse, non sarei neppure diventato un atleta. La mia forza è nata e continua ad alimentarsi giorno dopo giorno proprio in virtù della disabilità che mi ha colpito. Grazie a Dio, sin da quando ero un bambino, la mia famiglia ha sempre condiviso, appoggiato ed incoraggiato le mie scelte. Nessun ostacolo da parte loro ed è anche per questo che a loro dedico tutte le mie vittorie. A casa mia tutto è sempre stato e continua ad esser preso con “ironica filosofia”. A dire il vero, sono io il primo a non drammatizzare su me stesso e ad essere autoironico: non ho le gambe, ma, in fin dei conti, per correre non mi servono: sono la testa e il cuore che mi fanno vincere".


Dall'archivio di Radio Radicale:


"Come affermano la maggior parte dei demografi e dei sociologi, una della cause principali della bassa natalità e del basso numero di giovani coppie in Italia è dovuto al ritardo nell’uscita dei giovani dalla famiglia di origine. L’Italia è il paese europeo nel quale i giovani se ne vanno più tardi dalla casa dei genitori. Vive con la famiglia il 70% dei maschi e il 50% delle donne tra 25 e 29 anni. Roberto Volpi legge il fenomeno come un processo di deresponsabilizzazione dei giovani. Al quale contribuiscono sia ragioni culturali, che Volpi chiama il “modello mediterraneo” di famiglia, sia ragioni economiche, come un welfare inadeguato, un mercato del lavoro che premia l’anzianità rispetto al merito (ridotti salari di ingresso), un mercato degli affitti molto salato, un’università che non fornisce borse di studio adeguate nè alloggi per i fuorisede.
C’è poi il problema per le donne di poter coinciliare lavoro professionale e impegni familiari.
Se si volesse intervenire per aiutare la creazione di nuove famiglie ci sarebbe soltanto l’imbarazzo della scelta: prezzi degli affitti e della case, mutui, riforma del welfare, costruzione di asili nido.
Gli strumenti di intervento devono tuttavia essere indirizzati agli individui e non alle famiglie come tali, per rafforzare le scelte di autonomia dei giovani, come afferma la sociologa Francesca Sartori, autrice di diversi studi sulla condizione giovanile in Italia.
Già oggi, infatti, in Italia la disparità di trattamento fiscale dei single rispetto ai nuclei familiari con più componenti è molto maggiore rispetto ad altri Paesi."


Dall'attività del Sindacato delle famiglie:


"Un milione e 71 mila firme, raccol­te in tutta Italia in 50mila ore di la­voro, depositate al Quirinale. Una pe­tizione massiccia per chiedere qualco­sa di autenticamente popolare: un si­stema fiscale che non castighi la fami­glia. Parrebbe una cosa ovvia, che il fi­sco debba tener conto anche del cari­co familiare dei cittadini. In Italia non lo è. Chi è solo paga, a parità di reddi­to, le stesse tasse del padre di tre figli. Infatti la gran parte dei poveri appar­tiene a famiglie numerose; e la maggior parte degli italiani evita quel terzo figlio, che è un serio fattore di rischio povertà. Sono cose di cui in Italia si discute, fra proteste e promesse, da molti anni."

sabato 26 luglio 2008

Da LA DONNA GIUSTA, Sandor Marai, Adelphi.













Il nostro incontro. Lei aveva incontrato me, io l’avevo guardata ed era successo qualcosa. (…). Si sanno queste cose?... Certo che si sanno. Non con la ragione –si avvertono come un segno del nostro destino. Nel frattempo si pensa anche ad altro, distrattamente (…). La guardavo attentamente, come se per la prima volta in vita mia vedessi qualcosa che valeva davvero la pena di essere guardato… (…). E’ possibile riconoscere i grandi incontri, si può essere davvero consapevoli di vivere uno dei cosiddetti momenti decisivi?... Può davvero capitare che un giorno qualcuno entri nella stanza e che noi subito diciamo: ecco è lei!...? La donna giusta, come nei romanzi… Non riesco a rispondere a questa domanda. Posso soltanto chiudere gli occhi e ricordare. Si’, allora accadde qualcosa. Una corrente?... Un’irradiazione?... Un contatto misterioso? Queste non sono che parole. Ma è sicuro che gli esseri umani non comunicano sentimenti e pensieri esclusivamente con le parole. Esiste anche un altro tipo di contatto, un’altra forma di comunicazione.


IL LIBRO

Quattro adulti: la prima moglie, la seconda, il marito, un giovane musicista. Nessuna paternità, nessuna maternità realizzata fino in fondo, niente da lasciare a possibili figli. Solo solitudine, una velata disperazione, nessun desiderio di lottare ma si continua a vivere, si va avanti comunque. Lo sfondo è l’Ungheria tra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda: termina un impero conservatore e borghese e inizia un nuovo impero basato sul sospetto e portatore di un grande vuoto. E’ possibile un esilio ma anche il capitalismo americano si rivela una truffa grassa e ben mascherata. E leggendo la biografia si scopre che è la vita dell’autore ad essere rispecchiata nei diversi personaggi.

P.S. Grazie a Rubina per il libro.


Van Gogh Primi passi


LA CATEGORIA DELL' INCONTRO DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA


E la semplicità è essere se stessi. Cosa vuol dire essere semplici? Essere veramente se stessi. Ma tu scopri quello che veramente sei, se veramente riconosci l’incontro che fai, cioè la presenza. Ciò che domina tutto è la presenza. Non c’è niente prima dell’incontro. E’ nell’incontro che si accende quello che sei, ma sei acceso come sei creato. Sei creato, no? Non ti fai da te! Ecco: sei acceso, la presenza ti accende come Dio ha acceso il mondo e allora scopri te stesso. Li’ incomincia la vera strada, che è la strada di essere peccatori, uno incomincia a capire di essere peccatore: stenta a riconoscere, fa l’inverso di quello che vede, dice di riconoscere poi non lo fa, si dimentica. Ma questo è bello, perché questo fa capire di piu’ cos’è il Tu, che è misericordia, perché senza capire che il tu è misericordia, non si capisce il Tu.
DAL TEMPERAMENTO UN METODO, Don Luigi Giussani, Rizzoli.


L’AUTORE

Márai nacque a Kassa (oggi Košice), in Slovacchia, allora parte dell'Impero Austro-Ungarico. Studiò giornalismo presso l'Institut für Zeitungskunde dell'università di Leipzig per poi spostarsi a Francoforte sul Meno e Berlino, senza però conseguire mai la laurea. Nel 1923 si sposò con una donna di origini ebree, Lola, ma la coppia non riuscì ad avere figli (più tardi, alla fine della seconda guerra mondiale, avrebbero adottato un orfano di guerra, János). Visse il dramma del nazismo e del comunismo, che lo costrinse all'esilio. Si rifugiò in Svizzera fino al 1950 e da lì si spostò a Napoli, vivendo sempre in condizioni precarie, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, dove acquisì la cittadinanza nel 1957. Si stabilì nella città di San Diego, in California. Quando il figlio János si sposò, americanizzò il proprio nome rifiutando la sua discendenza ungherese, creando così un grave contrasto con i genitori. Màrai e la moglie decisero quindi di tornare in Italia, e si stabilirono a Salerno all'inizio del 1968. Qui lo scrittore visse, isolato dal mondo culturale ma vicinissimo ai ceti popolari, fino al maggio 1980, quando decise di ritornare a San Diego a causa di un'infezione intestinale mal curata. Le cure americane non fecero altro che fargli rimpiangere quelle italiane. Dopo la morte della moglie per cancro, seguita da quella del figlio, Márai cominciò ad isolarsi sempre più, fino a quando, nel febbraio 1989, si suicidò con un colpo di pistola alla tempia.