martedì 14 maggio 2013

UN TOCCO DI MAGIA

MARINA, Carlos Ruiz Zafon, Mondadori
"Ci chiedevamo se poteva parlarci di Michail Kolvenik."
"Potrer ma non vedo perche' dovrei farlo" taglio' corto il dottore. "Se ne e' parlato fin troppo a suo tempo e sono circolate un muccio di bugie. Se la gente pensasse un quarto di quanto parla, questo monod sarebbe il paradiso."
"Si', ma noi siamo interessati alla verita'" puntualizzai.
(...)
"Michail, ti ricordi del giorno in cui mi chiedesti la differenza tra un medico e un mago? Ebbene, la magia non esiste. Il nostro corpo comincia a morire nel preciso istante in cui nasciamo. siamo fragili. Creature passeggere. Cio' che resta di noi sono le azioni, il bene e il male che facciamo ai nostri simili..."
 
IL LIBRO
Potrebbe essere un libro per ragazzi, con quel pizzico di noir che piace ad alcuni, oppure un libro apparentemente leggero per adulti. Lo stesso autore in prefezione scrive che questo sarebbe stato l'ultimo libro scritto di questo genere. Il personaggio che narra gli eventi ricorda un po' il dottor Watson, apparentemente un comprimario ma senza il quale la storia non avrebbe un testimone importante. Citando liberamente Susan Sarandon nel film "Ti va di ballare", la vita di ognuno cerca un tetimone a cui mostrarsi.
 







 
L'accidia di Pigi Colognesi -  lunedì 13 maggio 2013

Penso che ormai ci sia pochissima gente che si confessi del peccato di accidia. Eppure essa va a costituire (assieme a superbia, avarizia, invidia, ira, lussuria e golosità) l'elenco dei sette «vizi capitali» e sulla sua specifica pericolosità hanno riflettuto parecchi santi. Il significato della parola - in consonanza con il peccato che descrive e coi gesti che lo manifestano - non è schematicamente definibile. L'accidia si avvicina molto ad un'amara tristezza che non ha motivazioni precise, ad una insoddisfazione vaga e generica che preferirebbe qualsiasi situazione salvo quella in cui ci si trova, ad una pigrizia giustificata dall'assenza di energie - gli «ignavi» di dantesca memoria -, fino all'inquietudine ansiosa e allo smarrimento totale, nel quale sono possibili i gesti più estremi. Sono tutti sintomi che ci inducono a pensare ad una parola ora parecchio usata - ed abusata - per descrivere molti caratteri profondi ed insinuanti della nostra condizione esistenziale: depressione. Ne ha parlato in un recente articolo lo psicanalista Massimo Recalcati. Egli osserva che nella nostra società si sono imposti due «comandamenti»: il «nuovo» e il «successo». Il primo spinge a «scambiare quello che si ha con quello che ancora non si ha nell'illusione che è quello che non si ha a custodire la felicità». Quanto al secondo, «nessun tempo come il nostro ha enfatizzato come questione di vita o di morte la realizzazione del proprio successo personale», giungendo però a togliere ogni possibilità di significato costruttivo al fallimento o all'errore, che pur fanno parte dell'esperienza. «L'uomo è divenuto una macchina di godimento. E quando questa macchina funziona meno, non è oliata sufficientemente, non ha più benzina, o, più semplicemente, si guasta, si rompe, c'è la caduta nel vuoto», la depressione appunto. Il fatto è che la percezione comune - basta leggere i commenti a tristi fatti di cronaca quotidiana: omicidi apparentemente inspiegabili, suicidi senza particolari motivi, violenze diffuse -, facendo ricorso alla depressione, tende a giustificare ogni comportamento, a farlo dipendere da meccanismi così profondi da non implicare la responsabilità dell'agente. Coraggiosamente Recalcati ricorda che c'è un'altra ipotesi di lettura, quella che riporta al «giudizio di condanna che i padri della Chiesa esprimevano sull'accidia e ha l'obiettivo di mostrare che nella depressione c'è sempre una responsabilità del soggetto che non va dimenticata». Tra i molti testi dei padri della Chiesa che si sono occupati di accidia c'è A Stagirio tormentato da un demone di san Giovanni Crisostomo. Il grande vescovo non impone ulteriori sensi di colpa sulle spalle del suo interlocutore, afflitto da depressione; proprio così la versione italiana traduce il greco athymia, cioè abbattimento d'animo, avvilimento. Semplicemente gli ricorda che difficoltà, fallimenti e insuccessi fanno parte della vita. Non sappiamo - scrive - perché Dio li permetta, ma siamo certi che anch'essi servono a procedere nel cammino di bene verso un destino di felicità: «Dio ha voluto inserire la depressione nella natura umana non perché con leggerezza e inopportunamente ricorriamo ad essa nelle circostanze contrarie e neppure per consumare noi stessi, ma per trarne il massimo profitto». Quindi, totale realismo nella onstatazione delle difficoltà, ma nessun cedimento - qui sarebbe il peccato  allo sconforto. È su questo sottile crinale che la libertà può sempre cegliere. Ne consegue, conclude Giovanni Crisostomo, che «dobbiamo essere epressi non quando patiamo qualcosa di avverso, ma quando operiamo male».

mercoledì 1 maggio 2013

MISTERO RISOLTO

UNA PICCOLA STORIA IGNOBILE, Alessandro Pessinotto, Rizzoli
Patrizia ha le lacrime agli occhi, non so se di dolore o d'emozione. Benedetta pare una statua. Finalmente l'ha ritrovata, ma non le si avvicina, non l'abbraccia, non la saluta nemmeno. Non so se sia per la sorpresa, per la delusione di averla trovata viva o perche' ancora non capisce. Allora provo a spiegare, a esporre le mie congetture, sperando che Patrizia le faccia diventare verita'. Sto per dire "sediamoci", ma mi fermo appena in tempo: il solito imbarazzo di fronte a chi e' sulla sedia a rotelle. Non dico niente e mi siedo, Benedetta mi imita...
 
 
IL LIBRO
Un giallo ambientato dalle mie parti: non me lo aspettavo. Mi e' piaciuto molto leggere nomi di strade, paesi e ambientazioni varie sapendo dove sono esattamente. Protagonista e' una donna, ma lo scrittore e' un uomo e si sente. Credo che anche in Italia ci sia una bella tradizione di thriller o detectives' stories che non ha nulla da invidiare a quelle cosi' di successo del mondo anglosassone. Perfette le descrizioni dei personaggi, dei luoghi e degli intrecci. E, come nel migliore degli esempi, il colpevole viene scoperto solo alla fine!
P.S. Bella la citazione che da' il titolo al romanzo.


G. K. Chesterton
L'avventura suprema è nascere. Così noi entriamo all'improvviso in una trappola splendida e allarmante. Così noi vediamo qualcosa che non abbiamo mai sognato prima. Nostro padre e nostra madre stanno acquattati in attesa e balzano su di noi, come briganti da un cespuglio. Nostro zio è una sorpresa. Nostra zia, secondo la bella espressione corrente, è come un fulmine a ciel sereno. Quando entriamo nella famiglia, con l'atto di nascita, entriamo in un mondo imprevedibile, un mondo che ha le sue strane leggi, un mondo che potrebbe fare a meno di noi, un mondo che non abbiamo creato. In altre parole, quando entriamo in una famiglia, entriamo in una favola.