venerdì 24 dicembre 2010

NATALE 2010


BUON NATALE!!!

E' un po' che non scrivo, più che altro perchè non ho tempo di leggere ed ho un libro sul comodino da più di un mese. Spero di finirlo nelle tanto attese vacanze. La maggior parte di chi legge il mio blog è fatto da donne, dedico questo fumetto a loro.

venerdì 5 novembre 2010

SALVEZZA


IL PROF E' SORDO, David Lodge, Bompiani
Sono stato battezzato ma non ho avuto un'educazione religiosa. Da bambino, mia madre mi insegnava a recitare le preghiere quando andavo a letto, e mi portava in chiesa a Natale e a Pasqua, niente più di questo. Mio padre sosteneva - e lo afferma occasionalmente ancora oggi - di credere in Dio, ma non ha mai messo piede in una chiesa, se si eccettuano i matrimoni e i funerali. Io ho frequentato un liceo che incoraggiava le riunioni religiose e spingeva gli alunni del ramo umanistico a scegliere le Scritture come materia d'esame per il conseguimento del diploma. Tutte le mie conoscenze in materia di cristianesimo derivano da quanto ho appreso a scuola e dallo studio della letteratura inglese all'università, in particolare da Milton e da Joyce. invidio le persone che hanno fede ma nello stesso tempo ne sono infastidito. Alcuni studi hanno dimostrato che i credenti hanno molte più possibilità di essere felici rispetto coloro le cui convinzioni sono basate sul relativismo - e non è difficile capire il perchè. Nel percorso esistenziale di ciascuno di noi sono previste la tristezza, la sofferenza e la delusione: questo fardello è più facile da sopportare se si crede che ci sia un'esistenza futura, nella quale i limiti e le ingiustizie che abbiamo sperimentato in vita saranno sanate. Inoltre se si ha la fede, anche l'idea della morte assume una connotazione molto meno deprimente. Ecco perchè invidio chi crede in Dio. Naturalmente non vi è alcun valido fondamento razionale a sostegno delle convinzioni di questi individui....

IL LIBRO
Classica storia inglese: rapporti che sembrano superficiali, privacy, etichetta, routine... Eppure sotto qualcosa si muove, uno scheletro nell'armadio si trova sempre. Bella la prosa, semplice ma curata e bella anche la storia, io mi ci sono ritrovata. L'umorismo è velato ma presente, ci si scopre a sorridere
abbastanza spesso. E' vero il commento di fondo: non siamo sempre portati a pensare che la sordità sia una vera disabilità. I sordastri ci irritano, ci disturbano quando ci fanno ripetere una cosa cento volte e ci fanno ridere quando equivocano le cose dette. Siamo più disponibili verso chi è cieco non verso chi è sordo. Mio marito, che soffre di emicranie, dice che è lo stesso con chi ha mal di testa, non siamo istintivamente portati a condividere la sua sofferenza, ci fa arrabbiare il dover abbassare il volume della radio, il tenere le luci soffuse o a rinunciare ad uscire perchè "lui ha il mal di testa". Comunque spero che l'autore abbia avuto occasione di incontrare il Papa nella sua visita in Inghilterra: la ragione dei Cristiani è esaltata, non ridotta a sentimento!!!


LA RELIGIONE RENDE PIU' FELICI

I ricercatori hanno scoperto quasi per caso, durante una sperimentazione non collegata, che le persone con una convinta fede religiosa tendono ad essere più contente nella vita. Nonostante non fosse l’obiettivo principale della ricerca, il recente studio europeo ha chiarito che gli individui religiosi sono più abili nel fronteggiare shock e dolori come la perdita di una persona cara o di un lavoro.

Il professor Andrew Clark della Paris School of Economics e il co-autore Dr. Orsolya Lelkes dell’European Center for Social Welfare Policy and Research hanno analizzato una varietà di fattori su individui Cattolici e Protestanti e hanno riscontrato che la soddisfazione sembra raggiungere livelli più elevati nelle popolazioni religiose. Gli autori hanno concluso che la religione in generale agirebbe come una sorta di “cuscinetto” che protegge l’individuo dalle difficoltà della vita.

“Abbiamo iniziato la ricerca per comprendere come mai alcune nazioni europee abbiano sussidi di disoccupazione più alti delle altre ma la nostra analisi ha evidenziato subito che le persone credenti soffrivano meno dei non credenti il disagio psicologico derivante dalla perdita del lavoro”, spiega il Prof. Clark.

I dati di centinaia di famiglie europee rivelano livelli molto più elevati di soddisfazione generale nei credenti e il Prof. Clark sospetta che la ragione stia in una molteplicità di aspetti. Certo, l’idea che la religione possa offrire un sostanziale beneficio psicologico nella vita contrasta vivamente con la visono comune della religione come ente oppressivo che ha una influenza negativa sullo sviluppo umano. Il Prof. Leslie Francis dell’Università di Warwick ritiene che i benefici derivino dalla visione religiosa di un maggiore “senso della vita” che viene vissuto da molti credenti e che potrebbe essere minore nei non credenti. “Queste conclusioni contrastano infatti con una visione dominante che invece sostiene che la religione possa condurre al dubbio, al fallimento e quindi abbia effetti negativi”, dice Francis, “La convinzione che la religione danneggi le persone è ancora molto diffusa”.

Terry Sanderson, presidente della National Secular Society e attivista per i diritti degli omosessuali, ritiene che uno studio come quello riportato sopra e che traccia un collegamento fra la felicità e la fade sia “senza senso”. “I non credenti non possono rivolgersi alla religione per essere felici. Se trovi incredibili le fondamenta della religione, non riuscirai a crederci, qualsiasi sia la ricompensa che ne deriva”, dice Sanderson. “La felicità, comunque, è un concetto elusivo. A me da felicità l’ascolto della musica classica, mentre guardare il football mi da repulsione. Qualcun altro proverà l’esatto opposto. Alla fine tutto si riduce al gusto e alla predisposizione personale.”

Justin Thacker, capo della Theology for the Evangelic Alliance, crede che ci siano altri fattori meritevoli di considerazione. Infatti, secondo lui, credere in Dio aumenta nell’individuo la consapevolezza che la vita sia ricca di significato. “C’è più di una ragione per crederlo – una è sicuramente il senso della comunità e del rafforzamento delle relazioni sociali, ma non è tutto. Una gran parte del merito va al senso, all’impegno e al valore che vi da il credere in un Dio, mentre non credere in niente vi priva di questi valori.”

Alcuni studi precedenti hanno evidenziato che l’essere umano sarebbe biologicamente predisposto a credere in Dio. Storicamente, la maggior parte delle culture hanno sviluppato qualche sorta di credenza religiosa che includesse almeno una forma di “essere soprannaturale”. Viste in prospettiva evoluzionistica e psicologica queste questioni hanno intrigato gli scienziati per decenni, ma gli studi fisiologici e cognitivi sulla religione sono relativamente recenti. Sia i credenti che i non credenti possono convenire sui risultati della ricerca e, nonostante ciò, interpretarli in maniera diversa.

I ricercatori dell’Ian Ramsey Centre for Science and religion dell’università di Oxford stanno lavorando ad un progetto che aiuterà a comprendere meglio la scienza cognitiva della religione, che si propone di cercare la parte razionale che sta dietro la fede. Ossia, cosa induce lucidamente un individuo ad affidarsi al soprannaturale.

“Uno dei fini del progetto è spiegare scientificamente non solo la fede in un Dio, ma anche il motivo per cui alcune persone divengono atee. Se gli scienziati riusciranno a spiegare perchè le persone tendono a credere o meno in un’entità superiore allora i non credenti potranno trovare una spiegazione soddisfacente in merito alla fede altrui, poichè ora gli atei, trovano difficile comprendere il motivo per cui molte persone credono in esseri inesistenti supportati da storie senza fondamento reale.”

domenica 3 ottobre 2010

Prendere l'iniziativa


LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI, Paolo Giordano, Mondadori

Gli occhi di Alice erano aperti. Si erano abituati all'oscurità. Distingueva le sagome dei mobili: la poltrona, l'armadio, la cassettiera con sopra lo specchio che non rifletteva nulla. Tutti quegli oggetti erano lì, immobili e terribilmente inesistenti.
Alice pensò alla camera dei suoi. Pensò che si assomigliavano, che tutte le camere da letto del mondo si assomigliavano. Si chiese di cosa avesse paura, di perderlo o di perdere tutte quelle cose: le tende, i quadri, il tappeto, tutta la sicurezza ripiegata con cura dentro i cassetti.
IL LIBRO

Un angolo di Italia di cui non ho esperienza: persone sole, alcune cariche di gravi problemi di ordine psicologico, persone tristi senza speranza, che restano sulla superficie della vita, che non ridono mai. Giovani e adulti che non prendono iniziativa, che non riescono ad amare, che preferiscono non vedere per non assumere responsabilità. Speravo in un lieto fine ma non c'è. O forse, così come l'autore ha scelto, il lieto fine è proprio questo: lasciar perdere e ricominciare da capo. Comunque, ottima opera prima e di grande successo, da cui è già stato tratto un film.




Charles Péguy: «Un mondo [...] dopo Gesù, senza Gesù»
Il contesto ecclesiale è tutto dominato da una parola che il Papa ripete da mesi e che noi non possiamo dimenticare in questo nostro radunarci, che è la parola “conversione”. Ci ha detto quando siamo andati in piazza San Pietro: «Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa. Viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo (cfr. Gv 17,14). Noi cristiani non abbiamo paura del mondo, anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni.
Julian Carron

sabato 18 settembre 2010

NESSUNA SPERANZA PER LA MIA GENERAZIONE?


UN GIORNO, David Nicholls, Neri Pozza

Jasmine Alison Viola Mayhew.
Era a nata a tarda sera nel terzo giorno del nuovo millennio e quindi sarebbe cresciuta insieme al secolo. Due chili e otto, piccolina ma in salute, e secondo Dexter ineffabilmente bella: capì che avrebbe dato la vita per lei, anche se allo stesso tempo era abbastanza sicuro che difficilmente si sarebbe presentata l'ipotesi.
Quella sera, seduto sul divanetto plastificato della clinica, con in braccio questo fagottino dal viso paonazzo, Dexter Mayew fece un voto solenne. Decise che da quel momento in poi avrebbe rigato dritto. A parte qualche impellenza biologico-sessuale, tutte le sue parole e i suoi gesti sarebbero stati adatti alle orecchie e agli occhi della figlia. Avrebbe vissuto come se fossesempre sotto l'occhio vigile di Jasmine. Non avrebbe mai fatto niente che potesse arrecarle dolore o angoscia o imbarazzo e non ci sarebbe più stato niente, proprio niente, nella sua vita di cui vergognarsi.
Questo fioretto durò più o meno un'ora e mezza.

IL LIBRO

E' il mio genere di libro, mi piace lo stile, il lessico, l'humour, la profondità dei temi trattati, frivoli e leggeri solo all'apparenza. Io e lo scrittore siamo più o meno coetanei, per cui è facile immedesimarsi nelle esperienze, nei problemi e nelle soddisfazioni. Anche le vicende storiche sono state condivise seppur con sfumature diverse e vissute in due nazioni, Italia e Gran Bretagna, che solo da poco hanno molto in comune, grazie alla globalizzazione culturale di cui tutto il mondo occidentale è vittime e artefice. E' difficile dire se l'autore vuole trasmettere una visione positiva o negativa della nostra generazione, forse rimane spettatore, talvolta sorride, talvolta non sa proprio che faccia fare. In questi giorni dove abito stiamo esponendo una mostra su Michelangelo. Non si può non restare stupiti di ciò che questo genio ha lasciato all'umanità. Arrivando verso la fine del libro, quando tutto dovrebbe ormai colorarsi di rosa, si è invece spinti (e personalmente a me questo ha commosso, tanto che mi sono ritrovata a piangere, ma ho la lacrima facile!) a domandarsi: ma di me, cosa resterà?

IL PAPA IN GRAN BRETAGNA
«Se si esclude Dio l’uomo resta monco»di Salvatore Mazza
17/09/2010 - Benedetto XVI ha incontrato la Regina a Edimburgo. Pubblichiamo il racconto della visita del Santo Padre nel Regno Unito, apparso sul quotidiano Avvenire

Benedetto XVI a Edimburgo.
Scambi di battute in un’atmosfera definita «familiare», se non «quasi natalizia». Un’accoglienza speciale, capace di coniugare protocollo e cordialità, ma soprattutto di dare un senso forte al reciproco riconoscimento dei meriti nella ricerca del bene comune, che ha fatto da sfondo ai discorsi ufficiali. E culminato nell’auspicio del Papa che il Regno Unito, nel suo «sforzo di essere una società moderna e multiculturale... possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più».È stato il Palazzo di Holyrood House, a Edimburgo, la cornice del primo atto di questa visita nel Regno Unito di Benedetto XVI. Il momento più ufficiale dei quattro giorni che il Pontefice trascorrerà oltremanica. E nel quale, ricordando tra l’altro il contributo decisivo del Regno Unito alla sconfitta della «tirannia nazista, che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere», ha osservato come «mentre riflettiamo sui moniti dell’estremismo ateo del ventesimo secolo, non possiamo mai dimenticare come l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca dell’uomo e della società».Per questo allora la Gran Bretagna, secondo il Papa, non deve lasciar «oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà». Per questo, ha aggiunto, «possa quel patrimonio cristiano, che ha sempre servito bene la nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth». Un esplicito riconoscimento del ruolo mondiale che il Regno Unito ancora gioca, in quanto «il governo e il popolo sono coloro che forgiano le idee che hanno tutt’oggi un impatto ben al di là delle Isole britanniche». Ciò, per Benedetto XVI, «impone loro un dovere particolare di agire con saggezza per il bene comune», dovere che anche i media devono sentire «poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio», imponendo loro «una responsabilità più grave di altri».Parole importanti, e "pesanti", quelle di Benedetto XVI, che Elisabetta II, vestita di grigio chiaro, aveva accolto affermando come «la sua presenza oggi ci ricorda la comune eredità cristiana e il contributo che i cristiani danno alla pace nel mondo e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi meno prosperi del mondo». «Siamo tutti consapevoli – aveva poi scandito la Regina – dello speciale contributo della Chiesa cattolica romana, in particolare per quanto riguarda il suo ministero ai membri più poveri e deprivati della società, la sua cura per i senza-tetto e per l’educazione fornita dalla sua estesa rete di scuole».C’è il tempo per lo scambio dei doni – al Papa la copia di alcune stampe del pittore tedesco Hans Holbein, alla Regina una copia di un manoscritto di un vangelo tedesco dell’VIII secolo – e per una domanda di Elisabetta II a proposito della Papamobile – «Non è piccola?» – prima che Benedetto XVI, sulle spalle lo scialle col tartan disegnato per l’occasione, si immerga al suono delle cornamuse nel bagno di folla che lo accompagnerà fino alla residenza del cardinale Keith O’ Brien. «Decine di migliaia di persone», assicura la Bbc, alle quali, giunto a St. Andrews, Papa Ratzinger si avvicina in un fuori programma che lo fa trattenere qualche minuto a stringere le mani ad alcuni bambini e ai malati in carrozzella.Un bagno di folla che si ripeterà nel pomeriggio, nella messa celebrata a Glasgow. Oltre centomila persone, davanti alle quali il Pontefice torna a ripetere che «l’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una "dittatura del relativismo" minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo». Quindi, in serata, il trasferimento a Londra, a chiudere una giornata che i commentatori britannici hanno definito «memorabile».E le contestazioni annunciate? Come previsto, il centinaio (in tre gruppi) di contestatori è sparito nello scenario scozzese, ed è facile prevedere che anche nella capitale qualche fatica la faranno, per farsi notare. Di tutto quanto si attendeva restano le richieste di giustizia delle associazioni delle vittime degli abusi sessuali da parte di sacerdoti. Sull’aereo che lo portava a Edimburgo, a chi gli rivolgeva una domanda al riguardo, il Papa aveva confessato che «queste rivelazioni sono state per me uno choc, una grande tristezza. È difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale sia possibile».

lunedì 6 settembre 2010

Gli occhi miei vaghi delle cose belle


IL TORMENTO E L'ESTASI, Irving Stone, Corbaccio
Michelangelo (...) dichiarò con un certo impaccio che preferiva il contadino di Donatello all'etereo Cristo del Brunelleschi, il quale era così esile e immateriale da dare l'impressione che fosse stato creato per essere crocifisso. Nell'opera di Donatello invece la crocefissione creava la sensazione di un avvenimento giunto come una tragica sorpresa, quale appunto era stata per Maria e per tutti coloro che si trovavano ai piedi della croce. Donatello suggeriva il pensiero che forse la spiritualità di Cristo non dipendeva dalla delicatezza della sua figura fisica, bensì dall'indistruttibile sublimità del suo messaggio.

IL LIBRO

Splendido. Nonostante le sue tantissime pagine, iol libro mi ha tenuto inchiodata parecchio del mio tempo libero vacanziero. Devo dire che l'ho letto più per dovere e con l'intenzione di evitare libri tecnici sull'artista. Infatti alla festa patronale di quest'anno porteremo la mostra del Meeting di Rimini su Michelangelo e, siccome organizzeremo le visite guidate, dovevo documentarmi e volevo che ciò fosse più piacevole che accademico. Ha funzionato: l'autore è documentatissimo, basta vedere la bibliografia da lui consultata, e, per scrupolo di coscienza, mi è capitato di verificare alcuni particolari e, in effetti, corrispondevano alla realtà. Il tutto raccontato in perfetto stile: davvero una piacevolissima lettura. Ho cercato di rivedere il film ma non l'ho trovato e non so quanto sia fedele al libro. Michelangelo ha sicuramente fatto della sua vita un capolavoro!

RIMA 107

Gli occhi miei vaghi delle cose belle
e l'alma insieme della sua salute
non hanno altra virtute
c'ascenda al ciel, che mirar tutte quelle.
Dalle più alte stelle
discende uno splendore
che 'l desir tira a quelle,
e qui si chiama amore.
Nè altro ha il gentil core
che l'innamori e arda, e che 'l consigli,
c'un volto che negli occhi lor somigli.
Michelangelo Buonarroti









In questo sito la possibilità di vedere "da vicino" ogni particolare della Cappella Sistina:



martedì 31 agosto 2010

NEL REGNO DELLA FANTASIA


ALBERO E FOGLIA, J.R.R. Tolkien, Bombiani

Ogni scrittore che crei un mondo secondario, una fantasia, ogni subcreatore, probabilmente desidera in parte almeno essere un creatore effettivo, o almeno spera di attingere alla realtà: spera che l'essenza propria di questo mondo secondario (se non ogni suo particolare) derivi dalla realtà oppure ad essa confluisca. Se riesce ad attingere ad una qualità che possa essere a ragion veduta fatta coincidere con la definizione del dizionario, " intima consistenza della realtà", è difficile capire come potrebbe accadere se, in qualche modo, l'opera non partecipasse della realtà. La caratteristica peculiare della "gioia" in un riuscito lavoro di fantasia può pertanto essere designata quale un improvviso balenare della realtà o verità sottesa. Non si tratta soltanto di "consolazione" per i mali di questo mondo, bensì di soddisfazione, di una risposta alla famosa domanda "é vero"?

IL LIBRO

Mi è stato suggerito da un'insegnante che ha partecipato ad un corso di aggiornamento sulle fiabe basato proprio su questo libro di Tolkien. La prima parte è un saggio sulla "realtà" fantastica, la seconda sono alcuni racconti, di stile fiabesco, molto delicati. Secondo me, però, sono più adatti ad un pubblico adulto che a dei bambini perchè il ritmo è molto lento e i colpi di scena o le suspence molto rari. Molto belli sono gli aspetti autobiografici, come quando l'autore racconta di aver letto fiabe ai propri figli.

IL MEMORABILE

Per me fu un giorno memorabile, perchè mi cambiò molto. Ma in ogni vita succede lo stesso. Immaginiamo un giorno a scelta isolato dal contesto e pensiamo a come sarebbe stato differente il corso della vita. Fermati, lettore, e rifletti a lungo sulla lunga catena di vil metallo o oro, spine o fiori, che non ti avrebbero mai legato, se non fosse stato per la formazione di quel primo anello in quel giorno memorabile.



Charles Dickens, Grandi Speranze

SUPREMAZIA DELL'OCCIDENTE?


LA VITTORIA DELLA RAGIONE, Rodney Stark, Lindau

Si pensi a una recente dichiarazione di uno dei più prestigiosi intellettuali cinesi:
"Una delle cose che ci è stato chiesto di indagare è che cosa ha permesso il successo, o meglio, il primato dell'Occidente su tutto il resto del mondo. Abbiamo studiato tutte le possibilità da un punto di vista storico, politico, economico e culturale. All'inizio abbiamo pensato che fosse perchè voi avevate armi più potenti delle nostre. poi abbiamo ritenuto che voi aveste un sistema politico migliore. poi ci simao concentrati sul vostro sistema economico. Ma negli ultimi vent'anni abbiamo compreso che il cuore della vostra cultura è la vostra religione: il cristianesimo. Ecco perchè l'Occidente è così potente. Le basi morali cristiane della vita sociale e culturale sono state ciò che ha pemesso l'emergere del capitalismo e poi la riuscita transizione verso politiche democratiche. Non abbiamo alcun dubbio in proposito."
Neanch'io.


IL LIBRO
Una voce fuori dal coro e sicuramente contro ogni moda. Nel libro si documenta storicamente di come il cristianesimo, ma soprattutto il cattolicesimo, è elemento fondante degli aspetti positivi del mondo occidentale: libertà di pensiero, parola, ecc..., libera impresa, rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino, rispetto delle leggi... E tutto non per fatalismo o per fideismo ma per l'importanza che il cristianesimo dà all'uso della della ragione! E' sicuramente un autore che vale la pena di incontrare. Bisognerebbe che quelcuno lo invitasse in Italia per una serie di conferenze. E, nota a suo favore, per essere un saggio e non un romanzo, non è affatto noioso.

giovedì 29 luglio 2010

VI SONO SOLTANTO DUE AMORI: L'AMORE DI SE STESSI E L'AMORE DI DIO


CORPI E ANIME, Maxence Van der Meersch, Rizzoli.
La cappella, bruciata durante la rivoluzione, aveva fatto posto agli uffici dell'economato. Ma nel sotterraneo la cripta c'era ancora, graziosissimo pezzo architettonico con tetto a volte gotiche, fasci di gracili colonnine, mascheroni finemente ritagliati, figure di angioletti alati. Vi avevano installato gli impianti di riscaldamento centrale. Mucchi di antracite ne facevano un antro di tenebre e polvere, ingoiando colonne fino ai capitelli scolpiti e insudiciando di un intonaco nero e corrosivo di carbone e fuliggine. Tubi enormi si snodavano e si avvinghiavano in quell'ombra, come serpi. A terra le caldaie posavano sulle antiche lastre di marmo, un tempo bianche e nere.
La loro acqua rugginosa stagnava sul pavimento, vi formava una fanghiglia grassa. E sulle pietre consunte si indovinavano ancora qua e là le antiche iscrizioni, i nomi delle suore, sepolte sotto le caldaie.
Don Vincenzo errava con devozione mista a profondo sconforto fra quelle rovine. Ed anche Gèraudin, Donat, Ribières e molti dei professori (poichè il medico spesso si accoppia all'amatore d'arte, al collezionista avveduto), andavano ad ammirarvi un particolare di scultura, una testa di donna o di demonio, ancora visibile sotto il nero della fuliggine, lamentando la loro impotenza di fronte al vandalismo amministrativo. Ma la municipalità di Mainebourg era molto anticlericale e non si curava delle cappelle.

mmmmmmmmmm
Norf era anche a corto di personale. Era riuscito a tirarsi su Vanneau. E Michele pure l'aiutava. Ma quando questi si fosse laureato dottore, se ne sarebbe andato, e Norf sarebbe rimasto di nuovo solo, ridotto a contentarsi di gentili "prestazioni". Avrebbe forse potuto ottenere gli assegni necessari per concedersi un aiutante. Ma un capo di laboratorio è pagato ventimila franchi all'anno, un assistente ausiliario novemila, vale a dire tremila meno di un inserviente. L'enunciazione di queste cifre metteva in fuga gli aspiranti. C'era bensì qualche borsa disponibile: ma mancavano i candidati. Vero è che le borse erano al massimo di tremila franchi. E l'estero cercava di attirare i giovani. Dappertutto si allestivano laboratori, officine, centri di ricerca, e agli studiosi venivano offerti onorari elevati, di modo che la miglior parte di essi disertava la patria ingrata.

mmmmmmmmmm

Questo stato di cose era così comune, quasi quotidiano, che a poco a poco si spegneva in Fabiana l'indignazione, la reazione dell'onestà offesa. A lungo andare l'anormalità così perpetuamente ripetuta finisce per imporsi allo spirito come una cosa regolare. Con inquietudine Fabiana sentiva qualche volta se stessa divenire più indulgente, più tollerante, più portata a transigere coi principi della sua prima educazione.
mmmmmmmmmm

E poi soggiungeva spesso: "L'opera così costruita è più solida. Quando si è soli, si ha Dio con ..."
Domberlè vedeva Dio dappertutto. Dio voleva il bene e il male, la sofferenza e la gioia. Tutto serviva, tutto concorreva al miglioramento dell'uomo, al progresso dell'evoluzione. Nulla esasperava tanto il vecchio medico quanto il sentir parlare di caso, di fortuna e di sfortuna.
"Il caso non esiste," asseriva Domberlè. "La fortuna non c'è. Dietro tutto quello che ci succede, c'è una ragione, un fine, c'è Iddio. Mi spiace parlarvi ancora di me, ma non c'è nessuno ch'io conosca meglio di me stesso. Ebbene, se io avessi creduto alla sfortuna, non avrei affatto niente, mi sarei disperato e sarei sotto terra da molto tempo. E insieme con me, molti ammalati che, malgrado tutto, ho aiutato a vivere! Le disgrazie? Ma io le ho avute tutte! (...) Potrei riempire dieci volumi con le mie disgrazie che portano tutte , sempre, un titolo solo: Provvidenza. La buona Provvidenza, che mi ha scosso, trattato duramente, rimesso in piedi, a colpi di randello, protetto miracolosamente e che, alla fine, ha utilizzato tutte le mie disgrazie per salvarmi e per salvare qualche altro insieme con me.

IL LIBRO

Bellissimo. Scritto nel 1943 è un testo profetico, perfetta descrizione di come sarebbe stato il mondo a noi contemporaneo. Credo che fino ad ora sia il libro più bello che abbia letto nel 2010. Mi era stato consigliato tantissime volte ma, per qualche reticenza, non lo avevo ancora letto. Racconta dell'ambiente francese medico e ospedaliero del periodo tra le due guerre mondiali, un ambiente che sembra appartenere ad un'elite, redditizio e che invece ha già al suo interno una profonda crisi: carriere personali, fama, denaro... E il medico di campagna, stile san Pampuri, preoccupato della salute della sua gente, stimato dal popolo, è già in estinzione. Forse la seconda guerra mondiale ribalterà di nuovo i valori ma la società è già scristianizzata. L'autore afferma che l'Europa si fonda su umanesimo e cristianesimo ma è costretto a riconoscere come questo sia continuamente censurato.




lunedì 19 luglio 2010

CHE COSA IMPORTA? TUTTO E' GRAZIA.


DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA, Georges Bernanos, Mondadori

Non c'è pace che in Gesù Cristo.
La prima parte del mio programma è in via di realizzazione. Ho intrapreso a visitare ogni famiglia, almeno una volta per trimestre. I miei confratelli qualificano come stravagante questo progetto, ed è vero che l'impegno sarà duro da mantenere poichè, prima di tutto, non debbo negligere nessuno dei mieie doveri. Coloro che pretendono giudicarci da lontano, dal fondo d'un ufficio comodo, dove ogni giorno rifanno lo stesso lavoro, non possono davvero farsi un'idea del disordine, della sconnessione della nostra vita quotidiana. A malapena bastiamo alla nostra opera regolare, quella di cui la stretta esecuzione fa dire ai nostri superiori: "Ecco una parrocchia bene tenuta". Rimane poi l'imprevisto. E l'imprevisto non è mai da trascurare! Mi trovo, io, dove nostro signore mi vuole? Domanda che mi faccio venti volte al giorno. Poichè il padrone che serviamo non giudica solo la nostra vita, ma la condivide, l'assume per sè. Faticheremmo assai meno a dover contentare un Dio goemetra o moralista.
IL LIBRO
Non c'è un motivo particolare, non avevo mai letto questo libro prima d'ora. E' l'avventura quotidiana di un uomo qualunque e per questo straordinaria. E' la realizzazione del motto di san Benedetto: rendere eroico il quotidiano e quotidiano l'eroico. Leggendo la biografia di Bernanos si capisce che ciò vale anche per l'autore. Capita spesso di meravigliarsi della contemporaneità di alcuni autori del passato. Ci sono riflessioni che sono le stesse di oggi e l'invisibile non è agli occhi di tutti.

P.S. Per giri strani, io e mio marito stiamo dando una mano alla versione inglese di una mostra sul prete missionario, ora santo, Comboni, che sarà prsente al Meeting di Rimini di quest'anno. Anche quella fu una vita straordinaria fatta solo di passi semplici, una risposta a ciò che la realtà chiamava.

ANNO SACERDOTALE
L’Osservatore Romano, 9 giugno 2010
Prima di tutto autenticamente uomini di Julián Carrón
Non dimenticherò mai il contraccolpo avuto durante il ritiro spirituale con alcuni sacerdoti in America Latina. Avevo appena terminato di dire che spesso alla nostra fede manca l’umano, che un sacerdote mi avvicinò. Mi disse che all’epoca in cui era in seminario gli avevano insegnato che era meglio nascondere la sua umanità concreta, non averla davanti agli occhi «perché disturbava il cammino della fede». Questo episodio mi ha reso più consapevole di come può essere ridotto il cristianesimo e dello stato di confusione in cui siamo chiamati a vivere la nostra vocazione sacerdotale. Una volta domandarono a don Giussani che cosa avrebbe raccomandato a un giovane prete: «Che sia innanzitutto un uomo», rispose, suscitando la reazione stupefatta dei presenti. Ci troviamo agli antipodi dell’indicazione data al seminarista: da una parte, il distogliere gli occhi dalla propria umanità, dall’altra, uno sguardo pieno di simpatia per se stessi.
Che cosa risulta dunque decisivo per la nostra fede e la nostra vocazione? Di che cosa abbiamo bisogno? Don Giussani ha più volte indicato nella «trascuratezza dell’io», nell’assenza di un autentico interesse per la propria persona, «il supremo ostacolo al nostro cammino umano» (Alla ricerca del volto umano, Rizzoli, Milano 1995, p. 9). Invece è il vero amore a se stessi, la vera affezione a sé quella che ci porta a riscoprire le nostre esigenze costitutive, i nostri bisogni originali nella loro nudità e vastità, così da riconoscerci rapporto col Mistero, domanda di infinito, attesa strutturale. Solo un uomo così “ferito” dal reale, così seriamente impegnato con la propria umanità può aprirsi totalmente all’incontro con il Signore. «Cristo infatti – afferma don Giussani – si pone come risposta a ciò che sono “io” e solo una presa di coscienza attenta e anche tenera e appassionata di me stesso mi può spalancare e disporre a riconoscere, ad ammirare, a ringraziare, a vivere Cristo. Senza questa coscienza anche quello di Gesù Cristo diviene un puro nome» (All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, p. 3).
«Non c’è risposta più assurda di quella a una domanda che non si pone» ha scritto Reinhold Niebuhr. Può valere anche per noi quando acriticamente subiamo l’influsso della cultura in cui siamo immersi, che sembra favorire la riduzione dell’uomo ai suoi antecedenti biologici, psicologici e sociologici. Ma se l’uomo è davvero ridotto a questo, quale è allora il nostro compito di sacerdoti? A che cosa serviamo? Quale è il senso della nostra vocazione? Come resistere a una fuga dal reale rifugiandoci nello spiritualismo, nel formalismo, cercando alternative che rendano sopportabile la vita? Oppure non sarebbe meglio, obbedendo al clima culturale, diventare assistente sociale, psicologo, operatore culturale o politico? Come ha ricordato Benedetto XVI a Lisbona, «spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?» (Omelia della Santa Messa al Terriero do Paco di Lisboa, 11 maggio 2010).
Tutto dipende dunque dalla percezione, innanzitutto per noi, di che cosa sia l’uomo e di che cosa corrisponda realmente al suo desiderio infinito. La decisione con cui viviamo la nostra vocazione deriva perciò dalla decisione con cui viviamo il nostro essere uomini. Solo dentro una vibrazione umana autentica possiamo conoscere Cristo e lasciarci affascinare da Lui, fino a darGli la vita per farLo incontrare agli altri. «Come mai la fede ha ancora in assoluto una sua possibilità di successo?», si chiedeva pochi anni fa l’allora cardinale Ratzinger e rispondeva: «Direi perché essa trova corrispondenza nella natura dell’uomo. […] Nell’uomo vi è una inestinguibile aspirazione nostalgica verso l’infinito. Nessuna delle risposte che si sono cercate è sufficiente; solo il Dio che si è reso finito, per lacerare la nostra finitezza e condurla nell’ampiezza della sua infinità, è in grado di venire incontro alle domande del nostro essere. Perciò anche oggi la fede cristiana tornerà a trovare l’uomo» (Fede, Verità, Tolleranza, Cantagalli, Siena 2003, pp. 142–143).
Questa certezza che Benedetto XVI testimonia di continuo anche davanti a tutto il male che ci procuriamo o che causiamo agli altri – pensiamo alla vicenda della pedofilia – ci invita a un cammino per la riscoperta e l’approfondirsi della ragionevolezza della fede: «La nostra fede ha fondamento, ma c’è bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi […]: soltanto Cristo può soddisfare pienamente i profondi aneliti di ogni cuore umano e dare risposte ai suoi interrogativi più inquietanti circa la sofferenza, l’ingiustizia e il male, sulla morte e la vita nell’Aldilà» (Omelia della Santa Messa al Terriero do Paco di Lisboa, 11 maggio 2010). Solo se sperimentiamo la verità di Cristo nella nostra vita, avremo il coraggio di comunicarla e l’audacia di sfidare il cuore delle persone che incontriamo. Così il sacerdozio continuerà a essere un’avventura per ciascuno di noi e quindi l’occasione per testimoniare ai fratelli uomini la risposta che solo Cristo è al «misterio dell’esser nostro» (G. Leopardi).
Grazie.




giovedì 15 luglio 2010

CAMBIA IL MONDO...



UN PASSATO IMPERFETTO, Julian Fellowes, Neri Pozza
A uno scrittore moderatamente di successo capita di bazzicare gente "di ogni risma", come avrebbe detto la nonna, ma non potevo certo fingere che quello fosse il mio ambiente. La maggior parte dei cosidetti ricchi che frequento dispone di fortune avite. superstiti, sono cioè ricchi che un tempo erano molto più ricchi. Ma le case che sfilavano davanti ai miei occhi appartenevano ai nuovi ricchi, il che è un altro paio di maniche, e trasudavano quel senso di potere che ha sempre avuto un effetto corroborante su di me. Per quanto possa apparire strano, in Gran Bretagna persiste tuttora un atteggiamento snobistico nei confronti dei nuovi ricchi. E non è la destra tradizionalista, come ci si potrebbe aspettare, bensì, paradossalmente, l'intellighenzia di sinistra a esibire la più netta disapprovazione verso chi "si è fatto da sè". Proprio non capisco come ciò possa convivere con il concetto di uguaglianza.

IL LIBRO
E' avvicente: quando si inizia, non si riesce a staccarcisi, ottimo in questo periodo di rilassamento. E' la storia della fine di un mondo generazionale, il passaggio tra gli anni Cinquanta e la generazione successiva, quando i valori su cui si fondava il mondo occidentale, e qui in particolare l'aristocrazia inglese, è messo in crisi da buoni desideri di giustizia e libertà, senza però raggiungere i risultati voluti. Anche questa è un'ottima storia per un film, stile "Espiazione", in cui la moda e la musica sono un ottimo sfondo. Tantissimi i personaggi ma nessuno veramente positivo, c'è sempre una tristezza di fondo.




TERRA DESOLATA

"Ho i nervi a pezzi stasera.
Sì, a pezzi. Resta con me. Parlami. Perché non parli mai?
Parla.
A che stai pensando? Pensando a cosa? A cosa?
Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa."
Penso che siamo nel vicolo dei topi
Dove i morti hanno perso le ossa.
"Cos'è quel rumore?"
Il vento sotto la porta.
"E ora cos'è quel rumore? Che sta facendo il vento?"
Niente ancora niente.
E non sai "Niente? Non vedi niente? Non ricordi
Niente?"
Ricordo
Quelle sono le perle che furono i suoi occhi.
"Sei vivo, o no? Non hai niente nella testa?"
T. S. Eliot

sabato 10 luglio 2010

L'IO RINASCE IN UN INCONTRO


I NOSTRI ATTI CI SEGUONO, Paul Bourget, Rizzoli
L'ho rivisto ora quel biglietto, che conservo come una reliquia; esso, dopo il dramma del sagrato di Notre-Dame, costiutisce il più grande avvenimento della mia giovinezza. Anche questo, che mistero! S'incontrano, nel cammino della vita, migliaia di persone che spariscono senza lasciare dentro di noi alcuna traccia fuorchè un'immagine vaga nella memoria. Invece, si trova qualcuno che poteva non venire lì, in quel luogo, a quell'ora; e anche voi potevate non esserci. Ma è venuto, e voi pure, e quell'incontro è una nuova svolta nella storia della vostra vita.

IL LIBRO
Titolo strano che apre a meditazioni. La storia è molto bella, ricca di questi casi, coincidenze, responsabilità e conseguenze che sono tipici della vita di ognuno. C'è un desiderio di fondo di fare della propria vita qualcosa di positivo, qualcosa per cui si meriti di vivere e, nelle prove di ottenere risultati, gli errori abbondano e con loro i tentativi di riscatto ed espiazione. Scritto tra il 1925 e il 1927, il libro rispecchia le teorie politiche e scientifiche dell'epoca e mostra anche quanto l'autore fosse protagonista del suo tempo, quanto approfondisse tramite il suo cammino personale e l'uso della propria ragione la cultura a lui contemporanea. Nella prefazione di Davide Rondoni si afferma che tema dei libri di Bourget è la responsabilità umana che, secondo me, è conseguenza della libertà di scelta di fronte alle circostanze. Il bello e il buono è possibile per tutti.






L'IO RINASCE IN UN INCONTRO
L’effetto Chernobyl

Vorrei iniziare questa nostra conversazione osservando una differenza tra l’attuale generazione di giovani e quella che ho incontrato trent’anni fa: la differenza risiede in una debolezza di coscienza nei giovani di oggi; una debolezza cioè non etica, ma relativa al dinamismo stesso della coscienza.
Non per nulla, dopo tanti anni, abbiamo messo a tema l’influsso nefasto e decisivo del potere, della mentalità comune e dominante - dominante in senso letterale. È come se tutti i giovani d’oggi fossero stati investiti da una sorta di Chernobyl, di enorme esplosione nucleare: il loro organismo strutturalmente è come prima, ma dinamicamente non lo è più; vi è stato come un plagio fisiologico, operato dalla mentalità dominante. È come se oggi non ci fosse più alcuna evidenza reale se non la moda - che è un concetto e uno strumento del potere. Così anche l’annuncio cristiano stenta molto di più a diventare vita convinta, a diventar vita e convinzione. Quello che si ascolta e si vede non è assimilato veramente: ciò che ci circonda, la mentalità dominante, la cultura onniinvadente, il potere, realizzano in noi una estraneità rispetto a noi stessi. Si rimane cioè, da una parte, astratti nel rapporto con se stessi e affettivamente scarichi (come pile che invece di durare ore durano minuti); e, dall’altra, per contrasto, ci si rifugia nella comunità come protezione.
La persona ritrova se stessa in un incontro vivo.
Se l’evidenza oggi più convincente sembra essere la moda, dove la persona può ritrovare se stessa, la propria identità originale? Quella che sto per dare è una risposta che non si attaglia solo alla situazione in cui siamo, ma è una regola, una legge universale (da quando e fin quando l’uomo c’è): la persona ritrova se stessa in un incontro vivo, imbattendosi cioè in una presenza che suscita un’attrattiva e la provoca a riconoscere che il suo «cuore» - con le esigenze di cui è costituito - esiste. L’io ritrova se stesso nell’incontro con una presenza che porta con sé questa affermazione: «Esiste quello di cui è fatto il tuo cuore! Vedi, in me, per esempio, esiste». Perché, paradossalmente, l’originalità del proprio io emerge quando ci si accorge di avere in sé qualcosa che è in tutti gli uomini (questo è ciò che veramente mette in rapporto con chiunque e non fa sentire estraneo nessuno). L’uomo riscopre la propria identità originale imbattendosi in una presenza che suscita un’attrattiva e provoca un ridestarsi del cuore, un sommovimento pieno di ragionevolezza, in quanto realizza una corrispondenza alle esigenze della vita secondo la totalità delle sue dimensioni - dalla nascita alla morte. La persona si ritrova dunque quando in essa si fa largo una presenza che corrisponde alla natura esigenziale della vita: solo così l’io non è più nella solitudine. Normalmente, dentro la realtà comune, l’uomo, come «io», è nella solitudine, da cui cerca di fuggire con l’immaginazione e i discorsi. Questa presenza che corrisponde alla vita è il contrario di un’immaginazione. L’incontro che permette all’io di riscoprire se stesso non è un incontro «culturale», ma vivente; non è un discorso fatto, ma un «fatto» vivente - che, beninteso, può palesarsi anche sentendo qualcuno che parla; quando costui parla, però, è con qualcosa di vivente che l’io è messo in rapporto, non con un’ideologia o un discorso disarcionato dalla forza della vita. Non si tratta, insisto, di un incontro culturale, ma esistenziale. Tale incontro porta con sé due caratteristiche che ne costituiscono l’inconfondibile verifica: introduce nella vita una drammaticità, che consiste nel percepire una provocazione al cambiamento di sé e nel tentare un inizio di risposta, e nello stesso tempo introduce almeno una goccia di letizia, anche nella condizione più amara o nella constatazione della propria meschinità. Insomma, per usare un’altra espressione, ciò che deve accadere perché l’io riscopra se stesso è un incontro evangelico, capace di ricostituire la vitalità dell’umano: come l’incontro di Cristo con Zaccheo.

Don Luigi Giussani (1 marzo 2005)

sabato 3 luglio 2010

EL PUEBLO UNIDO


IL CASO NERUDA, Roberto Ampuero, Garzanti
"...In vita mia ho avuto di tutto, Cayetano, amici, amanti, fama, denaro, prestigio, perfino il premio Nobel mi hanno dato. Ma non ho mai avuto un figlio. Beatriz è la mia ultima speranza, una speranza che ormai avevo sepolto da tempo. Darei tutta la mia vita in cambio di quest'unica figlia."
Ripresero il cammino sotto una pioggerella sottile, mentre le voci dei bambini si affievolivano. "L'immortalità possono dartela solo i figli, Cayetano, non i libri; il sangue, non l'inchiostro; la pelle, non le pagine stampate."

IL LIBRO
A metà tra un romanzo giallo e una biografia, l'autore ci fa conoscere la storia del Cile contemporaneo a Neruda. Non è Isabel Allende ma è un bel libro da leggere e da modo di conoscere parte della storia contemporanea senza pregiudizi evidenti e senza annoiare. Forse si voleva bissare il successo de Il Postino ma questo libro mantiene comunque una sua originalità. A milano è scoppiato il caldo e non ho l'aria condizionata. Appena posso mi siedo all'ombra della terrazza e mi metto a leggere. Il caldo spinge ad oziare, avrei mille cose da fare ma manca la voglia. Credo che aggiornerò le pagine del blog abbastanza frequentemente!

IL TUO SORRISO

Toglimi il pane,
se vuoi,
toglimi l'aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l'acqua che d'improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d'argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d'aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell'ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d'improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d'autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell'isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l'aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
Perché io ne morrei.

Pablo Neruda

martedì 22 giugno 2010

CHIESA CATTOLICA


A OGNI UOMO UN SOLDO, Bruce Marshall, Jaca Book

"... il mondo è pieno di cattiveria. Se non fosse stato pieno di cattiveria non ci sarebbe stato bisogno che Gesù benedetto scendesse dal cielo e morisse sulla croce. Non ci sarebbe stato bisogno della Chiesa cattolica e dei suoi sacramenti. E se vogliamo rendere il mondo un po' migliore, non ci riusciremo a forza di affliggerci per la sua cattiveria: riusciremo solo a forza di pregare, di predicare e amministrare i sacramenti. Mire usted, lo so che io non prego molto bene, perchè ci sono sempre le mosche che mi fanno il solletico dietro il collo e mi interrompono. So anche che non predico molto bene, perchè quando cerco di parlare di Nostro Signore, della Madonna e dei santi la gente si mette a sbadigliare e si distrae. Ma coi sacramenti so di non fallire mai, perchè quelli sono il gran fuoco acceso da Dio nel mondo perchè gli uomini ci si scaldino le mani..."
(...)
Il cristianesimo, disse Gaston, era una compagnia tanto quanto un'ascesi: i cristiani, quando la domenica uscivano di chiesa, avrebbero dovuto ridere, scherzare, darsi di gomito, invece di passarsi davanti come tanti sconosciuti che emergessero da un grande magazzino.
(...)
Non erano cattivi, lo sapeva, altrimenti non avrebbero rinunziato al mondo per farsi imprimere, nell'ordinazione, il segno di Dio. Erano deboli, e d'uomini deboli Dio aveva costruito la Chiesa. Ed era proprio questo il lato meraviglioso della Chiesa: che lo Spirito Santo riuscisse a tenerla insieme, quando Dio l'aveva costruita d'uomini così deboli.


IL LIBRO

Scritto nel 1949 e così attuale. Ho voluto riportare tre citazioni che mostrano l'amore dell'autore, convertito dall'anglicanesimo, per la Chiesa cattolica, amore che non censura i limiti ma che li inserisce in un significato più grande, proprio del rapporto di figliolanza. Ed in un momento come questo, in cui della Chiesa si gridano gli errori e si evita di guardare il bene che porta al mondo, credo sia un libro che noi cristiani dobbiamo leggere o rileggere. Qualche tempo fa alla BBC World, che si vede nella televisione digitale terrestre, hanno trasmesso un dibattito dal titolo: la Chiesa cattolica è qualcosa di buono nella società odierna? Inutile dire che hanno vinto quelli che rispondevano di no. Ma nel forum, che è rimasto aperto per tanto tempo e ha visto la partecipazione di gente da tutto il mondo, è stato commovente vedere la testimonianza di molti cattolici, soprattutto di quelli che vivono in Paesi dove manca la libertà religiosa e dove si rischia la vita per la propria fede. Comunque il libro testimonia la fede dei semplici, di chi vive il vangelo tutti i giorni e non predica un verbo astratto, sentito e risentito. Bello il libro, bella anche la traduzione e bello anche l'umorismo che traspare nei vari episodi.

sabato 12 giugno 2010

UN FATTO


IL MIRACOLO DI PADRE MALACHIA, Bruce Marshall, Jaca Book

Ed ora un monaco cattolico romano si faceva avanti a dimostrare che la dottrina cristiana era un fatto reale, come l'India o il Canale di Panama. Beh, non per questo essi ci avrebbero creduto di più. no, no, non loro.
Naturalmente non ragionavano proprio in questi termini, almeno ad alta voce; ma la somma totale delle loro false deduzioni derivate da premesse ancor più false portava alla conclusione generale che il cristianesimo era una bellissima cosa, una cosa salutare e anche britannica, fintantochè si accontentava di essere un'improbabile probabilità, ma non era che un fiasco completo quando cominciava a diventare spudoratamente e manifestatamente vero. Le dotte dichiarazioni dei decani più popolari e la vita privata delle attrici anormali avevano fatto la loro opera. Gli uomini e le donne che non avevano mai letto cose superiori per profondità alla cronaca di un incontro di pugilato o di un matrimonio nell'alta società incontravano ora qualche difficoltà intellettuale a credere ciò che sant'Ignazio di Loyola, san Domenico e san Benedetto avevano mandato giù senza sforzo; d'altra parte il peccato era divenuto un così piacevole surrogato del golf nelle giornate piovose che gli inglesi di sana costituzione, uomini e donne, non potevano facilmente adattarsi ad assumere un atteggiamento più benevolo verso il mito e il mistero, solo perchè questi erano diventati, almeno per una settimana, fatti reali e concreti.

IL LIBRO

Iniziano le letture estive e, di conseguenza, il desiderio di non sprecare il dono del tempo libero. Questo è un bellissimo libro, cattolico e britannico al 100 %. La vena umoristica è sottile ma onnipresente. La descrizione della società contemporanea (siamo nel 1931) all'autore, è perfetta e, forse, anche profetica. Oggi siamo un po' tutti così: se qualcosa non rientra nei nostri schemi mentali, allora non esiste. La realtà non è oggettiva ma ciò che abbiamo già in mente. Fin quando un avvenimento inspiegabile e non manipolabile ci sorprende e ci costringe a sollevare lo sguardo.

Da" IL RACCONTO DELL'ANTICRISTO"
Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse a loro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete da me? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamo pronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare per noi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, Gesù Cristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà di nuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel volto dell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo si stava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nella notte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di se stesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima del tempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomo che gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voce ultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla". Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte, era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattanto durante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava seduto tutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porpora cardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, i suoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano. Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera. Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventati dal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto per lo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, è l'Anticristo!». Nel tempio scoppiò un tremendo colpo di tuono e simultaneamente si vide saettare una folgore enorme a forma di cerchio che avviluppò il vegliardo. Per un istante tutti rimasero come annichiliti e quando i cristiani si furono ripresi dallo stordimento, lo starets Giovanni giaceva a terra cadavere.

VLADIMIR SOLOVE'V

domenica 6 giugno 2010

PRONTI PER IL VIAGGIO


UNA SETTIMANA ALL'AEROPORTO, Alain de Botton, Guanda.

Agli albori dell'epoca industriale, fu facile motivare la forza lavoro utilizzando un unico strumento, molto semplice: la frusta. I lavoratori potevano essere picchiati con violenza e impunemente, per incoraggiarli a cavare pietre o a vogare con maggior entusiasmo. Ma con l'aumento delle mansioni - all'inizio del Ventunesimo secolo l'industria costituisce ormai il settore dominante del mercato - si è dovuto ridiscutere le regole: il lavoro può essere svolto con profitto solo se i lavoratori sono pienamente soddisfatti, e non costretti ad obbedire con riluttanza. Quando è diventato chiaro, per esempio, che una persona incaricata di spingere le carrozzine degli anziani in giro per il terminal o di servire pasti ad alta quota non può farlo se è imbronciata o arrabbiata, il benessere psicologico dei dipendenti ha cominciato a diventare uno degli interessi commerciali primari delle aziende.
Da queste regole è nata l'arte del management, una serie di comportamenti studiati per indurre, e non estorcere, l'impegno nei lavoratori e che, alla British Airways, ha ispirato l'organizzazione di seminari di training motivazionale, l'accesso libero in palestra e la mensa gratuita per ottenere uno scopo davvero calcolato, fragile e per nulla sentimentale: cortesia e buone maniere.

IL LIBRO

In copertina c'è scritto "acuto e molto divertente" Acuto non lo so ma divertente non lo è davvero. Forse colpa del traduttore. L'autore è spesato per stare una settimana nell'aeroporto di Heathrow e scrivere di ciò che vede. Alcune delle cose che osserva sono davvero molto interessanti. Come la storia della ragazza polacca che paragona l'autore di Quo Vadis? con un altro connazionale: tutto sembra rilevare una ricercatrice universitaria ed invece non è che una prostituta di alto livello. Il problema della letteratura contemporanea è che necessita di continuo aggiornamento, diventa subito "superata". In questo caso manca il vulcano islandese, che ha bloccato a Madrid mia figlia maggiore, quasi disperata e senza soldi, e la crisi economica che vede la compagnia di bandiera sempre più a rischio.
P. S. sulla motivazione al lavoro. Io farei il mio lavoro anche gratis perchè mi piace davvero tanto, credo che la nostra ministra lo abbia scoperto. L'anno prossimo dovremo organizzare il tempo pieno con tre insegnanti in meno in organico: non c'è frusta che funzioni. La quantità di ore è salva. Infatti i bambini faranno quaranta ore come sempre ma vedranno un sacco di insegnanti, alcuni solo per due ore di mensa, altri per una materia sola. Alla faccia della maestra unica! E peggio delle medie! E dalla parte degli insegnanti non vi dico come sia impossibile formulare un orario, ci sono un sacco di spezzoni, gente che va a casa due ore e poi torna. E la prospettiva è di continuare così fino all'età di 65 anni?
Qualcuno mi sa spiegare perchè l'iinalzamento dell'età pensionabile vale solo per le donne statali? Forse le impiegate in ufficio, commesse nei negozi, cassiere dei supermercati... lavorano di più?

DA KAMPALA UNA LEZIONE PER CHI VUOLE EDUCARE
Lo scorso 21 maggio a Kampala, dopo aver partecipato a una tavola rotonda sull’educazione di qualità nei paesi in via di sviluppo, ho inaugurato la scuola secondaria intitolata a Don Luigi Giussani.
Rose Busingye ha spiegato che “l’idea di costruire una nuova scuola nasce dal fatto che nessuno educa i ragazzi a riconoscere il loro valore e la loro dignità. Nelle scuole questo non succede. Soprattutto in Africa i ragazzi sono trattati male, spesso picchiati, ed escono che sono peggio degli altri. Quello che invece è importante è un rapporto che riconosce il valore dell’altro, dove l’altro non deve diventare lo schiavo delle tue idee, dove l’educatore ti deve accompagnare al tuo destino”.
Quello di Rose è un ritratto della sfida con cui si confronta la nostra società. L’opera che è appena nata è il frutto del lavoro di persone che devono costituire un esempio per chi gestisce una scuola o addirittura un intero sistema scolastico. Per educare oggi non dobbiamo dare per scontato il soggetto, cioè il giovane o l’adulto di fronte a noi.
Inoltre non dobbiamo considerare ovvio il fatto che questo giovane o adulto possiede nel profondo il desiderio di imparare. Anche se non è cosciente del desiderio, è dentro di lui. Un insegnante può iniziare a risvegliare quel desiderio dello studente solo se non dà per scontato lo studente stesso. Allo stesso modo nessuna istituzione, né la Chiesa né il governo, possono dare per scontato l´interesse delle persone.
I giovani stanno pagando a causa dello scetticismo di adulti che pensano come Malraux che “non c’è nessun ideale per cui valga la pena sacrificarsi, perché tutti sono bugiardi e nessuno conosce la verità”. Senza una verità convincente e credibile da proporre, gli adulti non risveglieranno l’interesse dei giovani, perché sapranno che gli adulti non credono in quello che dicono.
Gli studenti hanno bisogno di essere introdotti alla totalità della realtà e di mostrare la sua rilevanza per la loro vita. L’educazione non è altro che rispondere alla domanda di senso che nasce da un incontro con la realtà. Se abbandoniamo questo a favore della neutralità stiamo fondamentalmente abbandonando l’educazione. Abbandoniamo ciò che é necessario per essere pienamente umani.
Sarebbe irrazionale dare a un bambino un giocattolo e non dirgli come funziona. Abbiamo ricevuto il più bel dono che l’uomo possa ricevere, la vita, ma non abbiamo le istruzioni di come funziona la vita. Un insegnante può dare questa ipotesi di significato in modo ragionevole solo come autorità. E l’autorità è chi ti aiuta a crescere.
La grande sfida che abbiamo di fronte a noi è se siamo in grado di offrire qualcosa che sia abbastanza attraente da risvegliare la ragione e la libertà della persona. Offrire questo non è un’imposizione. È semplicemente il più grande servizio che possiamo dare ai nostri giovani. È la stessa cosa di quello che un padre desidera per i propri figli. Solo in questo modo possono ringraziarci per avergli donato la vita, perché sarebbe ingiusto introdurli in questo mondo senza offrirgli un’ipotesi di significato.
Che cos’è la verità? Nessuno ha questa risposta. Ma possiamo incontrarci e riconoscere la verità e siamo tenuti a servirla. La verità è un uomo che offre se stesso, che ci viene incontro, che ha un giudizio sulla realtà. È quell’uomo il cui cuore è destato dallo spirito e capace di sfidare il mondo oltre il suo male. E andando oltre il suo male c’è la responsabilità di costruire il bene per tutti.
MARIO MAURO (da www.ilsussidiario.net)