domenica 27 maggio 2012

Goccia a goccia si forma un fiume

LE LEZIONI PROIBITE, Suraya Sadeed, Piemme
Una donna mi disse che non c'era neppure l'acqua sufficiente per permetterle di seppellire il suo bambino morto. Non capivo perchè avesse bisogno di acqua. Forse serviva per lavare il cadavere prima della sepoltura. "Sa, questa non è una situazione normale" le dissi. "Non deve per forza lavare il corpo. Non qui, dove non c'è neppure acqua da bere." Lei scosse la testa. "Non è quello." "Allora cosa?" le domandai. "Abbiamo bisogno di acqua per ammorbidire il terreno in modo da poter scavare una fossa. Altrimenti non si riesce a fare un buco abbastanza grande per seppellire un bambino. Abbiamo dovuto aspettare tre giorni prima che arrivasse l'autobotte. Poi tutti hanno donato un pochino della loro razione di acqua, e con quella ho ammorbidito il terreno a sufficienza da scavare una buca con le mani nude." Non sapevo cosa dire. In quel posto neppure i morti potevano trovare dignità e riposo. "Ha visto il cimitero?" aggiunse la donna. "Le file di piccole tombe? Ciascuna è solo un monticello di terra lungo quanto il tuo bambino con una pietra sopra la terra. Ogni giorno continua ad espandersi."
Mentre supplicavo Dio di aiutare tutte le madri del campo di Hesar Shahee mi ritrovai a ripetere preghiere da tempo dimenticate. Ti prego, Dio, fa che riescano ad andare in Pakistan nei campi al di là del confine. 

(...)
Mentre ero così impegnata sentii parlare di un ragazzino afghano quattordicenne di nome Yar Mohammad, "l'amico di Maometto", il principale profeta dell'Islam. Tutti continuavano a parlare di lui, del suo coraggio, del suo eroismo. Ero molto curiosa di conoscerlo e alla fine persuasi gli anziani del campo a presentarmelo. Con la sua papalina bianca ricamata e i vestiti sbrindellati, Yar Mohammad sembrava un qualsiasi ragazzino afghano ma allo stesso tempo aveva una luce straordinaria che gli brillava negli occhi.
"Mio padre dice che sono molto coraggioso" mi disse con orgoglio. "Dice che da grande diventerò un leader." "E' fantastico" dissi. "Che cosa hai fatto esattamente per guadagnarti tanto rispetto?" "Sono stato il primo nella nostra zona ad uccidere un soldato americano."

(...)
Più tardi, quella settimana, andai a visitare la scuola nel seminterrato di Sabera. Immaginate una stanza così buia da riuscire a stento a vedere la propria mano. Lampade a cherosene erano sistemate al centro dell'ambiente privo di finestre e gettavano una pozza di luce su un cerchio di facce: tutte ragazzine, tutte chine sui libri di testo consunti. La stanza era assolutamente silenziosa. Mentre l'insegnante scriveva su una lavagna malconcia appoggiata ad una parete si poteva sentire lo stridio prodotto dal gesso. Questo fu lo spettacolo che si presentò ai miei occhi nella nostra scuola clandestina.
Venti ragazzine stavano ricevendo il dono dell'istruzione, una cosa della quale i talebani le avevano private.

IL LIBRO
Una storia vera: una donna afghana che vive da anni in America diventa vedova e si interroga sul senso della sua vita. Da questo dolore nasce la goccia che si trasformerà in un fiume. Fonda infatti un'associazione per aiutare soprattutto i bambini afghani, porta aiuto nei campi profughi, nelle zone colpite dal sisma, crea scuole all'inizio clandestine per le ragazze e, appena possibile, costruisce edifici scolastici in tutto l'Afghanistan. E come ogni storia vera non può che stupire. 
P.S. Sto leggendo sempre meno, colpa del computer che occupa sempre di più il mio tempo "libero". Spero di rifarmi questa estate!