venerdì 31 ottobre 2008

SCUOLA


EHI, PROF!, Frank Mc Court, Adelphi

Una giovane supplente venne a sedersi accanto a me nella mensa professori. A settembre avrebbe avuto una cattedra sua, potevo darle qualche consiglio?

Scopri cos'è che ti piace farlo e fallo; alla fine il succo è questo. Ammetto che insegnare non mi è sempre piaciuto. Mi sentivo inadeguato. In aula sei da solo, sei una persona sola che ogni giorno deve affrontare cinque classi, cinque classi di teenager. Una unità di energia contro centosettantacinque bombe a orologeria. Devi vendere cara la pelle. Magari gli sei simpatico, magari ti vogliono addirittura bene, ma loro sono giovani e il mestiere dei giovani è cacciare via i vecchi dal pianeta. So che esagero, ma è come quando un pugile sale sul ring o un torero scende nell'arena: rischi un KO o un'incornata, e allora puoi dire addio all'insegnamento. Se resisti, però, impari i trucchi. E' difficile ma in classe devi creare le condizioni per sentirti a tuo agio. Devi essere egoista. Come dicono le compagnie aeree, quando manca l'ossigeno devi metterti la maschera prima tu, anche se d'istinto ti viene da salvare il bambino.

Il LIBRO
Parlare di scuola in questo periodo è contro tutte le norme sulla sicurezza: se sei fuori dal gruppo, rischi il linciaggio, e non in senso figurato! Ho finito, però, di leggere questo libro solo oggi e non l'ho fatto apposta. Mi è piaciuto molto Le Ceneri di Angela (l'autore è lo stesso), ci ho ritrovato la storia di mia madre: stessa povertà, stesso tipo di padre ma molta più allegria. Mia nonna riusciva a trovare il lato umoristico di ogni situazione. Quando però ho letto Che Paese è l'America, Frank Mc Court mi ha fatto incavolare. Nessuno dei figli di mio nonno è diventato un ubriacone, sfaticato o incapace di costruirsi una famiglia. Il passato, l'infanzia tragica non possono essere una scusa per come tenti di costruire la tua vita. Io insegno in un quartiere dove molte case sono ad edilizia popolare, molti dei miei bambini provengono da famiglie con problemi di tipo sociale (tralasciamo il lato economico) e io desidero e lavoro perchè da tutti possa venire qualcosa di buono e di bello. Dalla lettura di questo libro l'autore non ne esce proprio come un bravo insegnante ma sicuramente come uno che ci ha provato. E poi, e qui devo ripetermi, le esperienze si guardano e si prova ad imparare da esse, non si pontifica su di esse.


Dedicato a tutta la maggioranza silenziosa degli insegnanti che fa il proprio dovere, non ama esporsi ed evita i problemi: buon lavoro. E, ricordiamocelo più spesso, si vive una volta sola!

Susanna Tamaro, Il giornale, 29 ottobre 2008 :

Da venticinque anni vivo accanto al ministero della Pubblica Istruzione, in Viale Trastevere. Ogni autunno, al tempo della caduta delle foglie e della vendemmia, al tempo in cui le castagne cadono al suolo - quelle castagne che per decenni hanno popolato i sussidiari della scuola italiana - le grandi masse di studenti, come facessero parte del ciclico movimento della natura, cominciano ad agitarsi rumorosamente. L’autunno è ormai fisiologicamente la stagione degli scioperi e delle occupazioni. Cambiano i governi, cambiano i ministri, cambia vertiginosamente il mondo intorno, ma l’autunno resta il tempo della grande protesta. Quest’anno però l’usuale protesta ha assunto dimensioni abnormi e anche pericolose. Mai infatti era successo che scendessero in piazza i bambini delle elementari - azione gravissima - e che anche settori vasti e lontani dal mondo della scuola si mobilitassero in modo così virulento, come se si trattasse di uno scontro in cui è in gioco la sopravvivenza della civiltà. Il clima non è molto diverso da quello che ci fu al tempo della legge sulla fecondazione assistita. O sei di qua o sei di là. E se sei di là, sei un oscurantista, nemico del progresso e dell’uomo, una persona disprezzabile, da demonizzare e quindi io non prenderò mai seriamente in considerazione le tue idee, le tue riflessioni. A chi giova un clima del genere? A chi fa gioco impedire un discorso serio e maturo sul bene comune? Quello che deprime, in questa situazione, è l’alto livello di infantilismo, di immaturità. Mentre da una parte si cerca di risolvere un problema estremamente grave come quello della scuola, dall’altra si soffia irragionevolmente sul fuoco, fomentando antagonismi che nulla hanno a che vedere con la meditata proposta del programma. Salva la scuola, gridano migliaia di cartelli dai muri delle nostre città. Ma salvare cosa, da chi? Salvare quale scuola? Quella che produce ragazzi incapaci di esprimersi correttamente, che inzeppano i curricula vitae, le tesi, gli stessi concorsi della magistratura di strafalcioni che fanno inorridire? Quella che ci spinge agli ultimi posti dei livelli europei? Quella che ha istituito il demenziale sistema dei crediti e dei debiti formativi, delle miriadi di lauree che, se non fossero reali, provocherebbero minuti di serena ilarità? Ho frequentato le magistrali, arrivando anche a fare il concorso per insegnare perché ho sempre pensato che i primi anni di apprendimento fossero i più importanti e che dedicarsi a questo fosse una straordinaria avventura. Poi la vita mi ha portato in un’altra direzione, ma la passione non mi ha abbandonato. Scrivo libri per l’infanzia, inoltre ho quattro nipoti in età scolare e vivo con tre bambine che vanno alla scuola dell’obbligo. Per questo, posso dire che in Italia abbiamo ancora molte realtà straordinarie. Straordinarie per passione, per intelligenza, per creatività. E dove ci sono queste realtà, i bambini crescono appassionati, curiosi, aperti alla vita. Ma, accanto a queste che, ringraziando il cielo, non sono poche, si è insinuata, negli ultimi decenni, una volontà perversa dei legislatori che sembra avere l’unico scopo di complicare le cose semplici. La scuola elementare si chiama così, appunto, vorrei ricordarlo, perché deve insegnare gli «elementi base». Ad un certo punto però, agli illuminati riformatori, è parso che proprio questa scuola andasse modernizzata, «liceizzata», adeguata, cioè, alla complessità di informazione di questi tempi. La semplicità, l’essenzialità, la sobrietà andavano cancellate nel nome della modernità. Un bambino proiettato nel futuro, nei tempi meravigliosamente complessi che viviamo, non poteva avere quelle scarse nozioni ottocentesche che sono state la spina dorsale dell'educazione di intere generazioni. E così, ogni giorno, vedo uscire la piccola Martina piegata da uno zaino che contiene ben otto libri. Otto libri per la seconda elementare? E allora noi che abbiamo studiato sull’unico sussidiario, siamo tutti ignoranti? Tempo fa un padre, preoccupato, mi diceva: «Mia figlia sa tutto sulle piogge acide ma non ha la minima idea di cosa siano i decilitri e i millilitri». Certo, ci sono bambini estremamente informati, ma informati vuole dire preparati? E soprattutto, in un mondo che già bombarda informazioni, i bambini hanno bisogno di altre informazioni? O hanno bisogno piuttosto del sapere? In Europa siamo agli ultimi posti come preparazione scientifica. Come è possibile, mi chiedo, dato che ormai, per insegnare matematica alle elementari, bisogna avere una laurea? Una persona più preparata, di solito dovrebbe creare bambini più preparati, mentre sono sempre più confusi. «Segnala le entità equipotenti», ho trovato scritto nel libro di una mia nipotina di prima elementare. Lei mi guardava con sguardo smarrito chiedendo aiuto e io ho risposto con uno sguardo altrettanto smarrito. A un’altra, già in seconda, ho chiesto: «Quanto fa 1+1?» e lei trionfante ha risposto: «11». Eppure io, in prima elementare, avevo imparato che una ciliegia più una ciliegia fa due ciliegie e non ho mai avuto dubbi su questo.Perché tanta paura della semplicità, perché tanta paura della chiarezza? Forse perché si è perso di vista cosa vuol dire educare: dal latino ducere, vuol dire «condurre». Ma per condurre devo sapere qual è la direzione verso cui tendo. Se non so dove sto andando, se non so qual è la mia meta, come posso guidare le persone che mi sono affidate? Educare non vuol dire intrattenere, ma dare a un bambino i fondamenti etici sui quali potrà costruire la sua complessità di persona. Credo che una delle grandi emergenze di cui si parli poco, per non dire affatto, sia la precaria condizione del sistema nervoso dei bambini che vivono in questi tempi. Il loro cervello, spesso affidato a delle suadenti balie elettroniche, è sottoposto a una continua eccitazione di stimoli diversi. È proprio questa stimolazione forsennata, quest’abitudine a fare zapping che frantuma in loro qualsiasi possibilità di attenzione. E che cos’è l’uomo senza attenzione? Qualsiasi cosa io voglia fare - dal falegname all’astronauta, a scrivere una lettera d’amore - ho bisogno assoluto di attenzione e di concentrazione, devo saper collegare i gesti e sapere che, senza quel collegamento, non ottengo nulla. Oltre alla semplicità, all’altare della modernità abbiamo anche sacrificato l’idea che esista una natura umana e che questa natura vada rispettata e aiutata nella sua crescita. Per questo penso che togliere il maestro unico sia stata una grandissima stupidaggine come quella, tra l’altro, di abolire le magistrali. Un essere umano, per crescere, ha bisogno di stabilità, di certezze, di silenzio, solo così può riuscire a formarsi un suo pensiero e non sarà un docile soldatino nelle mani dei grandi manipolatori. La natura umana si forma nello sforzo, nella fatica, nell’idea che lo sforzo e la fatica siano passaggi fondamentali per crescere e imparare. Se non mi sforzo, se non mi applico, se non passo attraverso le forche caudine della noia, non sarò mai capace di costruire niente. E contro chi va questa confusione di intenti, questa mancanza di preparazione, se non contro le persone che un giorno saranno adulte e che avranno carenze nell’esprimersi? Saranno loro a pagarne il prezzo, perché il bambino incerto nelle nozioni della scuola elementare, sarà ancora più incerto alle medie e, alle superiori, costruirà una casa fatta di carta, pronta a volar via al primo soffio di vento. Ma un giorno la scuola e l’università finiranno, ci sarà l’incontro con il mondo del lavoro e con quali mezzi potranno affrontare un momento così importante? Come faranno a inserirsi in una società che è stata mostrata loro unicamente come antagonista? Non si tratta, a mio avviso, di essere di destra o di sinistra - io, ad esempio, ero molto negativa sulla riforma Moratti - ma di avere il coraggio di osservare la realtà e di affrontarla con quel sentimento così desueto ormai ma così importante che si chiama buonsenso e, assieme a quell’altro sentimento altrettanto lontano dai nostri giorni, che si chiama buona volontà, cercare di lavorare insieme per costruire, per una volta, il bene comune delle generazioni future alle quali finora abbiamo offerto degli esempi davvero pessimi.
Maria Zambrano

Nel vuoto delle aule accade qualcosa che va oltre ciò che si apprende materialmente in esse. Molti di coloro che sono passate attraverso di esse forse non hanno acquisito tante conoscenze com'era necessario. Ma nel frequentare le aule è accaduto qualcosa, in esse si insegnò qualcosa di essenziale per essere uomini: aprirsi al pensiero che cerca la verità.
Da Per amore e per la libertà






sabato 18 ottobre 2008

SORPRESA


THE ROAD TO NAB END, William Woodruff, Ted Smart

Remember, O most gracious Virgin Mary,
that never was it known
that any one who fled to thy protection,
implored thy help,
and sought thy intercession,
was left unaided.
Inspired with this confidence,
I fly unto thee,
O Virgin of virgins, my Mother,
to thee I come,
before thee I stand sinful and sorrowful.
O Mother of the Word Incarnate!
despise not my petitions,
but, in thy mercy, hear and answer me. Amen.




IL LIBRO
Mia suocera vive in una delle tipiche case inglesi su due piani, con le stanze piccole e moquette da tutte le parti. La vera Jessica Fletcher è lei. La sera si scalda la sua tazza di latte, prende uno dei libri gialli che tiene su uno dei gradini delle scale e che ha preso in prestito dalla biblioteca locale, attacca la coperta elettrica e legge a letto finchè si addormenta. Un giorno che ero da lei ho trovato questo libro sulle scale. Non credo sia stato tradotto in italiano e anche in Inghilterra è stato pubblicato solo da una piccola casa editrice. E' una specie di Le ceneri di Angela versione inglese. Racconta autobiograficamente del periodo tra le due guerre nella zona operaia dei cotonifici dell'Inghilterra del nord visto dagli occhi di un bambino. Non vi dico la mia sorpresa quando, leggendolo, ho trovato la versione inglese della preghiera di san Bernardo: mi ha commosso. Ero lì, in un salottino davanti al caminetto elettrico, tutta presa dalla vicenda di questo povero bambino e mi sono imbattuta in qualcosa che mi è molto familiare. La preghiera nel libro viene detta da una poverissima famiglia di origine irlandese, il cui padre per lo scrittore allora bambino, rappresenta il vero ritratto del santo. Nel viso di quest'uomo c'è una bellezza che nemmeno la propria madre, descritta come una donna bellissima, riesce a reggere il paragone. A me, generalmente, piacciono tantissimo i libri in cui gli scrittori raccontano di se stessi perchè di fronte ad un'esperienza uno può solo diventare spettatore, non c'è niente da obiettare o criticare. E questo è uno di questi libri. Bellissimo è l'episodio in cui il partito comunista cerca di fare proseliti tra i molti degli operai che fanno davvero la fame perchè la crisi è profonda (sembra che noi non siamo troppo lontani dalla stessa situazione), i cotonifici chiudono per la concorrenza del mercato indiano (un po' i cinesi di oggi per noi italiani) Li invitano a partecipare alla lotta, agli scioperi, che sono quelli veri, non quelli degli insegnanti che allungano il week end e non hanno nemmeno letto la riforma. Lo scrittore adolescente ne è affascinato, partecipa agli incontri e si infervora come i suoi compagni. Ad un certo punto però l' "agitatore" urla gli slogan contro i padroni e grida che bisogna odiarli. In quel momento lo scrittore si ricorda della nonna, elemento molto positivo nella sua famiglia, che gli ha sempre detto che odiare è sbagliato, comunque e dovunque. Allora lascia la sala triste.

P.S.
Stavo cercando alcune immagini per questo post e di scoprire qualcosa in più sull'autore, quando mi sono imbattuta nella notizia della sua morte. E' avvenuta a settembre. L'autore, professore universitario e storico, aveva 92 anni ed era circondato dalla sua famiglia. Aveva sette figli e viveva in Florida. Ha combattuto nella seconda guerra mondiale.

Questa una citazione dal suo libro
I was lucky to have been born and reared in Lancashire, doubly lucky to have been born poor.
E, ad un certo punto, ringrazia la sua città natale, di cui è comunque orgoglioso, per avergli dato la libertà di lasciarla, cercando così la realizzazione di sè.

domenica 12 ottobre 2008

APOCALISSE


Da BLUES DELLA FINE DEL MONDO, Ian McEwan, Einaudi
Gli Stati Uniti, a capo di più di quattro quinti della ricerca scientifica mondiale e tuttora terra dell'abbondanza, possono esibire al mondo un'infinità di analisi statistiche riguardanti le convinzioni religiose del paese. La litania è ben nota. Il 90% degli americani sostiene di non aver mai dubitato dell'esistenza di Dio e si dice sicuro che ciascuno sarà chiamato a rispondere dei propri peccati. Cinquantatre americani su cento sono creazionisti, convinti che l'età del cosmo sia di seimila anni. il 44% è certo che Gesù tornerà a giudicare i vivi e i morti entro i prossimi cinquant'anni. Soltanto il 12% crede che la vita sul pianeta si sia evoluta attraverso un processo di selezione naturale e senza l'intervento di un agente soprannaturale.

IL LIBRO

Una specie di saggio breve senza, però, uno scopo evidente. A meno che non sia un tentativo di estromettere Dio dalla storia. Mi dispiace che McEwan abbia avuto del tempo da perdere. Mia madre da bambina, per ragioni di guerra (era sfollata) è andata a scuola solo fino alla terza elementare. Le è sempre piaciuto leggere ma ha cominciato a trovare tempo per i libri solo dopo aver preso la licenza media con i corsi per gli adulti. Quando le prestai un libro di McEwan (quello in cui spariva una bambina al supermercato), mi disse che questo scrittore scriveva proprio bene. Ed è vero. Ma perchè le teorie apocalittiche? E' un tentativo davvero mal riuscito di dimostrare che se anche ci fosse un apocalisse, un Dio, di improbabile esistenza, non interverrebbe comunque, perchè tanto non muove un dito nemmeno nelle disgrazie quotidiane. Dico io: a che pro ricevere il dono dell'intelligenza se poi non riusciamo a vedere l'evidente?
Dell'apocalisse non ho paura, temo di più veder la "partenza" di chi ami uno alla volta, che l'andar via tutti insieme.
Mi è sempre piaciuta la scena del Titanic in cui la mamma rimbocca le coperte ai figli e sta lì con loro, quando ormai non c'è più niente da fare.
Speriamo che me la cavo!!!


Dal libro di Giobbe (14,1-6)
L'uomo, nato di donna, vive pochi giorni, ed è sazio di affanni.
Spunta come un fiore, poi è reciso; fugge come un'ombra e non dura.
E sopra un essere così, tu tieni gli occhi aperti e mi fai comparire con te in giudizio!
Chi può trarre una cosa pura da un'impura? Nessuna.
Se i suoi giorni sono fissati, e il numero dei suoi mesi dipende da te,
e tu gli hai posto un termine che non puoi varcare, distogli da lui lo sguardo perchè abbia un po' di tranquillità e possa godere come un operaio la fine della sua giornata.
P.S. Per fortuna c'è il Nuovo Testamento!!!

domenica 5 ottobre 2008

CORRISPONDENZA DEL CUORE


Da SUNSET LIMITED, Cormac McCarthy, Einaudi

- E in che cosa credi?
- In un sacco di cose.
- Va bene.
- In che senso, va bene?
- Va bene, quali cose?
- Credo in certe cose.
- Questo l'hai già detto.
- Probabilmente non credo più in una serie di cose in cui credevo una volta, ma questo non significa che non creda più in niente.
- Bè, fammi un esempio.
- Più che altro, credo nel valore delle cose.
- Nel valore delle cose.
- Si.
- Ok. Di quali cose?
- Di un sacco di cose. Le cose culturali, per esempio. I libri, la musica, l'arte. Cose di questo genere.
- Va bene.
- Queste sono le cose che per me hanno valore. Sono la base della civiltà. O quantomeno, un tempo avevano valore. Probabilmente oggi non ne hanno più così tanto.
- E cosa gli è successo, a quelle cose?
- La gente ha smesso di dar loro valore. Io ho smesso di dar loro valore. Entro un certo limite. Non saprei neanche spiegarle bene perchè. Quel mondo è in gran parte scomparso. E fra poco lo sarà del tutto.
- Non so se riesco a seguirti, professore.
- Non c'è niente da seguire. Va bene così. Le cose che amavo un tempo erano molto fragili. Molto delicate. Ma io non lo sapevo. Pensavo che fosero indistruttibili. E mi sbagliavo.
- Ed è questo che ti ha spinto a buttarti giù dal binario. Non una questione personale.
- Ma è una questione personale. E' proprio questo l'effetto dell'istruzione. Rende il mondo intero qualcosa di personale.
- Hm.
- Cosa, hm?
- Niente, stavo solo pensando che sono parole belle forti. Non mi viene in mente nessuna risposta, e magari la risposta non c'è per niente. Ma comunque devo proprio chiedertelo: a che servono idee del genere se poi non riescono a farti tenere i piedi incollati per terra quando arriva il Suset Limited a centotrenta all'ora?
- Bella domanda.
- Piace pure a me.

Commento al libro.
Si può definire un lungo dialogo o un breve romanzo. Il testo è di un'essenzialità quasi monastica, ogni pagina ha il suo spunto meditativo. Per chi sa cos'è, potrebbe essere una scuola di comunità, un appendice al Senso Religioso. Lo si legge sperando fino alla fine in una soluzione a noi consona. Invece il finale, che può non piacere, è un inno alla libertà dell'uomo che può scegliere anche una vita che non corrisponde alle esigenze del cuore. Può desiderare addirittura di non rivedere mai più la propria madre. Forse ciò che manca è proprio una compagnia.



Da un discorso dell' allora cardinale Josef Ratzinger "La corrispondenza del cuore nell'incontro con la Bellezza" (2002):
Egli (sta citando Kabasilas) distingue due tipi di conoscenza: la conoscenza attraverso l’istruzione che rimane conoscenza, per così dire, «di seconda mano» e non implica alcun contatto diretto con la realtà stessa. Il secondo tipo, al contrario, è conoscenza attraverso la propria esperienza, attraverso il rapporto con le cose. «Quindi, fintanto che noi non abbiamo fatto esperienza di un essere concreto, non amiamo l’oggetto così come esso dovrebbe essere amato». La vera conoscenza é essere colpiti dal dardo della Bellezza.




sabato 4 ottobre 2008

STUPORE


Da DURANTE, Andrea De Carlo, Bompiani

E di colpo, o forse per piccoli gradi di avvicinamento ma in una progressione molto rapida, l'aspetto di tutta la situazione mi è cambiato davanti agli occhi. Un momento mi stavo sforzando in modo insopportabile, saturo di odio verso Durante e di rabbia verso me stesso per essere caduto nel suo gioco, il momento dopo ero invaso da uno strano senso di completezza. Anche adesso mi è difficile definirlo: era come se ogni gesto e ogni sguardo e ogni respiro di noi quattro nel campo in pendenza creasse una colla luminosa di attenzione e partecipazione che copriva i pensieri e le sensazioni negative, colmava di significati il vuoto. La fatica sembrava attenuata, insieme alla durezza del terreno e al peso della trivella e alla rabbia e alla gelosia, alla noia, al sospetto, all'estraneità. Il caldo estremo non mi dava quasi più fastidio, anche se continuavo a sentirlo; il tempo che passava non mi comunicava più un senso di spreco.

Il libro

Un mio alunno, davanti a tutti, l'altro ieri mi ha chiesto: "E' bello essere adulti?" Guardando gli adulti di questo romanzo, viene immediato rispondere di no. Nessun personaggio affascina veramente, anche mil protagonista, Durante, è un po' il fratello povero degli spiriti apparentemente liberi delle generazioni on the road. I rapporti tra le persone sono molto superficiali, nessuno va a fondo di niente. Tutti però sono insoddisfatti e vorrebbero qualcosa di più nella loro vita. Il libro è comunque scritto molto bene (anche se ho trovato un congiuntivo sbagliato!) e la storia si legge senza intoppi. Non ho ancora deciso se leggerò altri libri di De Carlo, oppure no. Si vedrà.


Corrispondenza


"Quando qualcosa si può chiamare eccezionale? Questa è veramente un'osservazione non so se più drammatica o comica - la natura, come creata da Dio, è capace di essere comica, ragazzi, certe volte - perchè noi sentiamo una cosa eccezionale quando corriponde alle esigenze più profonde per le quali viviamo e ci muoviamo."
Da Si può vivere così, don Luigi Giussani