sabato 26 luglio 2008

Da LA DONNA GIUSTA, Sandor Marai, Adelphi.













Il nostro incontro. Lei aveva incontrato me, io l’avevo guardata ed era successo qualcosa. (…). Si sanno queste cose?... Certo che si sanno. Non con la ragione –si avvertono come un segno del nostro destino. Nel frattempo si pensa anche ad altro, distrattamente (…). La guardavo attentamente, come se per la prima volta in vita mia vedessi qualcosa che valeva davvero la pena di essere guardato… (…). E’ possibile riconoscere i grandi incontri, si può essere davvero consapevoli di vivere uno dei cosiddetti momenti decisivi?... Può davvero capitare che un giorno qualcuno entri nella stanza e che noi subito diciamo: ecco è lei!...? La donna giusta, come nei romanzi… Non riesco a rispondere a questa domanda. Posso soltanto chiudere gli occhi e ricordare. Si’, allora accadde qualcosa. Una corrente?... Un’irradiazione?... Un contatto misterioso? Queste non sono che parole. Ma è sicuro che gli esseri umani non comunicano sentimenti e pensieri esclusivamente con le parole. Esiste anche un altro tipo di contatto, un’altra forma di comunicazione.


IL LIBRO

Quattro adulti: la prima moglie, la seconda, il marito, un giovane musicista. Nessuna paternità, nessuna maternità realizzata fino in fondo, niente da lasciare a possibili figli. Solo solitudine, una velata disperazione, nessun desiderio di lottare ma si continua a vivere, si va avanti comunque. Lo sfondo è l’Ungheria tra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda: termina un impero conservatore e borghese e inizia un nuovo impero basato sul sospetto e portatore di un grande vuoto. E’ possibile un esilio ma anche il capitalismo americano si rivela una truffa grassa e ben mascherata. E leggendo la biografia si scopre che è la vita dell’autore ad essere rispecchiata nei diversi personaggi.

P.S. Grazie a Rubina per il libro.


Van Gogh Primi passi


LA CATEGORIA DELL' INCONTRO DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA


E la semplicità è essere se stessi. Cosa vuol dire essere semplici? Essere veramente se stessi. Ma tu scopri quello che veramente sei, se veramente riconosci l’incontro che fai, cioè la presenza. Ciò che domina tutto è la presenza. Non c’è niente prima dell’incontro. E’ nell’incontro che si accende quello che sei, ma sei acceso come sei creato. Sei creato, no? Non ti fai da te! Ecco: sei acceso, la presenza ti accende come Dio ha acceso il mondo e allora scopri te stesso. Li’ incomincia la vera strada, che è la strada di essere peccatori, uno incomincia a capire di essere peccatore: stenta a riconoscere, fa l’inverso di quello che vede, dice di riconoscere poi non lo fa, si dimentica. Ma questo è bello, perché questo fa capire di piu’ cos’è il Tu, che è misericordia, perché senza capire che il tu è misericordia, non si capisce il Tu.
DAL TEMPERAMENTO UN METODO, Don Luigi Giussani, Rizzoli.


L’AUTORE

Márai nacque a Kassa (oggi Košice), in Slovacchia, allora parte dell'Impero Austro-Ungarico. Studiò giornalismo presso l'Institut für Zeitungskunde dell'università di Leipzig per poi spostarsi a Francoforte sul Meno e Berlino, senza però conseguire mai la laurea. Nel 1923 si sposò con una donna di origini ebree, Lola, ma la coppia non riuscì ad avere figli (più tardi, alla fine della seconda guerra mondiale, avrebbero adottato un orfano di guerra, János). Visse il dramma del nazismo e del comunismo, che lo costrinse all'esilio. Si rifugiò in Svizzera fino al 1950 e da lì si spostò a Napoli, vivendo sempre in condizioni precarie, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, dove acquisì la cittadinanza nel 1957. Si stabilì nella città di San Diego, in California. Quando il figlio János si sposò, americanizzò il proprio nome rifiutando la sua discendenza ungherese, creando così un grave contrasto con i genitori. Màrai e la moglie decisero quindi di tornare in Italia, e si stabilirono a Salerno all'inizio del 1968. Qui lo scrittore visse, isolato dal mondo culturale ma vicinissimo ai ceti popolari, fino al maggio 1980, quando decise di ritornare a San Diego a causa di un'infezione intestinale mal curata. Le cure americane non fecero altro che fargli rimpiangere quelle italiane. Dopo la morte della moglie per cancro, seguita da quella del figlio, Márai cominciò ad isolarsi sempre più, fino a quando, nel febbraio 1989, si suicidò con un colpo di pistola alla tempia.


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