martedì 18 agosto 2009

SOSPETTO


PORT MUNGO, Patrick McGrath, Bompiani

Julian era un tipo abbastanza simpatico, ma ben presto incominciò a infastidirmi. Era cortese, attento e rispettoso, e a me non piacciono queste qualità in un uomo. Jack non si interessava mai a quello che pensavo. Se volevo ottenere la sua attenzione, dovevo essere sicura che i miei argomenti fossero davvero meritevoli. Julian mi apriva le porte e mi offriva da bere e mi chiedeva come stavo, e il risultato di tutto ciò fu una rapida freddezza e un repentino allontanamento da parte mia, qualcosa che stranamente sembrava piacergli, perchè subito raddoppiò le sue attenzioni. Era profondamente inglese, e a volte mi chiedo se non sia stata proprio l'indifferenza verso gli inglesi a spingermi ad attraversare l'Atlantico sulla scia di Jack.

IL LIBRO

Scrivo questo blog per ricordarmi i libri che leggo ma poi mi dimentico di scorrere i vecchi post. E' il secondo libro che "posto" di questo autore e non ero molto entusiasta nemmeno del primo. C'è questa voglia di scrivere un classico, alla Via col vento, senza, però, premunirsi dei giusti bagagli. La storia non è malvagia ma la noia è sempre in agguato. Manca qualcosa, come se il confine con un vero capolavoro fosse lì, basterebbe un piccolo saltino, e invece si continua a camminare per un lungo sentiero parallelo. In tutti e due i libri, quello dell'altro post e questo, c'è una voce narrante, una specie di testimone di una storia che non è la sua, nonostante il desiderio di prendervene parte e un episodio di incesto, che in entrambi i libri, si scopre a poco a poco come di centrale importanza.

La prima volta lo avevo letto come qualcosa di nuovo, forse anche originale nella letteratura, la seconda invece è decisamente deja . C'era davvero bisogno di restare sul campo? Interessa davvero i lettori? Perchè qualcosa duri in eterno, deve toccare il cuore dell'uomo. Questo libro, nonostante sia scritto veramente bene e appassioni a tratti, resta ancora troppo lontano.


POESIA

La bellezza non ha causa: esiste.

Inseguila e sparisce.

Non inseguirla e rimane.

Sai afferrare le crespe del prato,

quando il vento vi avvolge le sue dita?

Iddio provvederà perché non ti riesca.

EMILY DICKINSON


A COME AVVENTURA


DENTRO LA FORESTA, Roddy Doyle, Guanda.

Tom arrivò per primo. Lui non spinse e Johnny non cercò di fermarlo. Si mise giù steso accanto alla mamma, appoggiato contro di lei, con la schiena contro la sua pancia. Fece molta attenzione a non farle male alla gamba fratturata. Lei lo cinse con un braccio e Tom provò un tale senso di felicità che pensò di non essere mai stao tanto felice in vita sua. Aveva un mucchietto di terra e fango al posto del cuscino, orribile a contatto con il viso. Ma non gliene importava. Avevano salvato la mamma, e adesso lei lo teneva stretto a sè. Era di nuovo la sua mamma, ma lui era cambiato, era un ragazzo diverso. Ecco cosa provava. Aveva fatto qualcosa che lo aveva cambiato. Se la sentiva nello stomaco quella sensazione, come una bella scorpacciata, e in testa come una storiella divertentissima che avrebbe potuto raccontare un sacco di volte. Era una sensazione fantastica.

IL LIBRO

Potrebbe essere un libro per ragazzini ma non dispiace neanche ai grandi. Forse è uno dei suoi racconti meno irlandesi: l'avventura è fuori dalla madrepatria, nella fredda Lapponia, è una madre che abbandona la figlia e non il solito padre alcolizzato. in copertina c'è un commento di J. K. Rowling: "Roddy Doyle è un genio". Se lo è davvero, in questo libro è per il modo in cui racconta le cose: sembra davvero scritto da un adolescente. Lo scrittore ha insegnato per anni ed è padre di due figli, forse i ragazzi li conosce meglio di altri e riesce ad appassionarli. Ai miei alunni avevo letto un anno "Il trattamento Ridarelli", lo regalavano col Topolino e avevo chiesto a tutti di comprarlo. Era piaciuto ma non aveva entusiasmato. Secondo me, si potrebbe curare molto di più la traduzione.






Da http://www.ilsussidiario.net/
CIO' CHE UNISCE BLAIR, CLEUZA E DRAGHI

sabato 29 agosto 2009
Forse mai, come in questa edizione, abbiamo avuto la percezione che il Meeting di Rimini è, come recita il titolo, un Avvenimento. Un Avvenimento di conoscenza. L'incontro con i grandi personaggi che hanno segnato in maniera indelebile questa trentesima edizione, è stato anzitutto l'incontro con testimoni. Uomini che ci hanno aiutato a conoscere meglio, ad andare più al fondo della realtà che abbiamo intorno. È l'ulteriore conferma che l'incontro fatto, che la fede vissuta, è metodo per affrontare ogni aspetto della vita.
Dalla politica all'economia, dalla fisica alla filosofia, non c'è differenza. Tutto viene rivitalizzato quando si incontra qualcosa che ci permette di conoscere più a fondo il senso della nostra esistenza. La cosa che mi ha più colpito, nonostante siano ormai anni che partecipo al Meeting, è la letizia sui volti delle persone che ho incontrato. La gioia di Tony Blair, di Cleuza Zerbini, ma anche quella dei ragazzi del Rione Sanità di Napoli o dei carcerati della cooperativa Giotto, via via fino alle migliaia di persone che, anche quest'anno, hanno visitato i padiglioni della Fiera. Non è una felicità incosciente, ma la letizia di chi sa, di chi conosce che tutto è fatto per un destino buono.
È la stessa certezza che ci permette di dire che usciremo dalla crisi economica che abbiamo attraversato. Non siamo degli illusi o delle persone che negano la realtà. Sappiamo che gli effetti del terremoto che ha investito il mondo si trascineranno anche nei prossimi mesi, ma sappiamo anche che, dopo i fasti del mercatismo sfrenato, il mondo ha riscoperto che non esiste sviluppo se al centro non c'è la persona. Ha capito che il profitto deve essere al servizio del lavoro e non viceversa. Che c'è un lavoro dentro il lavoro che rende più umano il lavoro. Che se uno conosce il senso di ciò che fa è in grado di plasmare la realtà che gli si mostra davanti. La mostra allestita dalla Compagnia delle Opere sulle formelle del campanile di Giotto semplifica in maniera perfetta questa tensione che purtroppo, nei secoli, si è persa. Per fortuna non ovunque. In luoghi come il Meeting c'è.
Ma è una sfida quotidiana. Che non è diversa per me che di “professione” faccio il politico o per chi in questi giorni ha pulito i padiglioni della Fiera o si è messo dietro i fornelli nonostante il caldo torrido o lunedì dovrà andare nella sua impresa. È l'unica possibilità per non cadere vittima del nichilismo che ormai domina le giornate di tanti uomini e donne che conosciamo.
Ma questo avvenimento di conoscenza è aiutato dall'incontro con uomini che vivono così. Con quelli che, come recitava il titolo del Meeting 2008, sanno essere “protagonisti” della loro vita. Serve un'educazione. Per questo sono certo che ciò che è successo in questa settimana non resterà una parentesi dell'estate ma produrrà frutti. Perché anche noi, oggi, siamo testimoni di un avvenimento.
Maurizio Lupi

VACANZE


VACANZE INGLESI, Joseph Connolly, Il Saggiatore

E Lulu aveva sospirato un'altra volta perchè era vero, lo sapeva anche lei perchè: l'argomento era saltato fuori ogni giorno nei quasi due anni del loro matrimonio. John non l'avrebbe lasciata sola neanche un'istante perchè era fermamente convinto (una sera gliel'aveva perfino detto esplicitamente: era mezzo sbronzo, ma anche così...) che se l'avesse fatto Lulu si sarebbe trovata nel giro di due secondi circondata da altri uomini e a qual punto si sarebbe messa a sorridere e civettare con loro e quello era un pensiero che John non sopportava: non lo poteva sopportare, chiaro? Non riusciva neanche a reggere l'idea: Ti amo troppo per correre un rischio simile, Lulu.
"Quello non è amore, John" aveva risposto Lulu.
"E' il mio tipo di amore" aveva detto John. "E' l'unico genere d'amore che ho da darti".

IL LIBRO
British humour all'ennesima potenza. L'ho letto in spiaggia e mi sono sorpresa a ridere da sola. La storia di per sè è insulsa e superficiale ma è una bella riflessione sulla società inglese contemporanea con la sua perdita di valori, i suoi cadaveri nell'armadio e, nonostante l'apparenza appagata, i desideri di una trasgressione e le repressioni pronte ad esplodere. Dal libro hanno tratto un film francese, di cui però non so quasi niente. Nota interessante sull'autore è che per molti anni ha fatto il libraio a Londra ed ha iniziato a scrivere già "grande". Libro perfetto per risollevare l'umore e per passare il tempo mentre ci si abbronza.



TEMPO LIBERO

«L’attesa delle vacanze documenta una volontà di vivere: proprio per questo non devono essere una “vacanza” da se stessi. Allora l’estate non sarà una interruzione o una proroga al prendere sul serio la vita» (Milano Studenti, 5 giugno 1964).
Appunti di un dialogo prendendo un aperitivo con don Giussani, prima di partire per le ferie.

Dai primissimi giorni di Gioventù Studentesca abbiamo avuto un concetto chiaro e semplice: tempo libero è il tempo in cui uno non è obbligato a fare niente, non c’è qualcosa che si è obbligati a fare, il tempo libero è tempo libero. Siccome discutevamo spesso coi genitori e coi professori sul fatto che Gs occupava troppo il tempo libero dei ragazzi, mentre i ragazzi avrebbero dovuto studiare o lavorare in cucina, in casa, io dicevo: «Avranno ben il tempo libero, i ragazzi!». «Ma un giovane, una persona adulta» mi si obiettava «lo si giudica dal lavoro, dalla serietà del lavoro, dalla tenacia e dalla fedeltà al lavoro». «No» rispondevo, «macché! Un ragazzo si giudica da come usa il tempo libero». Oh, si scandalizzavano tutti. E invece... se è tempo libero, significa che uno è libero di fare quello che vuole. Perciò quello che uno vuole lo si capisce da come utilizza il suo tempo libero. Quello che una persona - giovane o adulto - veramente vuole lo capisco non dal lavoro, dallo studio, cioè da ciò che è obbligato a fare, dalle convenienze o dalle necessità sociali, ma da come usa il suo tempo libero. Se un ragazzo o una persona matura disperde il tempo libero, non ama la vita: è sciocco. La vacanza, infatti, è il classico tempo in cui quasi tutti diventano sciocchi. Al contrario, la vacanza è il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco. La risposta che davamo a genitori e insegnanti più di quarant’anni fa ha una profondità a cui essi non erano mai giunti: il valore più grande dell’uomo, la virtù, il coraggio, l’energia dell’uomo, il ciò per cui vale la pena vivere, sta nella gratuità, nella capacità della gratuità. E la gratuità è proprio nel tempo libero che emerge e si afferma in modo stupefacente. Il modo della preghiera, la fedeltà alla preghiera, la verità dei rapporti, la dedizione di sé, il gusto delle cose, la modestia nell’usare della realtà, la commozione e la compassione verso le cose, tutto questo lo si vede molto più in vacanza che durante l’anno. In vacanza uno è libero e, se è libero, fa quello che vuole. Questo vuol dire che la vacanza è una cosa importante. Innanzitutto ciò implica attenzione nella scelta della compagnia e del luogo, ma soprattutto c’entra con il modo in cui si vive: se la vacanza non ti fa mai ricordare quello che vorresti ricordare di più, se non ti rende più buono verso gli altri, ma ti rende più istintivo, se non ti fa imparare a guardare la natura con intenzione profonda, se non ti fa compiere un sacrificio con gioia, il tempo del riposo non ottiene il suo scopo. La vacanza deve essere la più libera possibile. Il criterio delle ferie è quello di respirare, possibilmente a pieni polmoni. Da questo punto di vista, fissare come principio a priori che un gruppo debba fare la vacanza insieme è innanzitutto contrario a quanto detto, perché i più deboli della compagnia, per esempio, possono non osare dire di no. In secondo luogo è contro il principio missionario: l’andare in vacanza insieme deve rispondere a questo criterio. Comunque, innanzitutto, libertà sopra ogni cosa. Libertà di fare ciò che si vuole... secondo l’ideale! Che cosa ne viene in tasca, a vivere così? La gratuità, la purità del rapporto umano. In tutto questo l’ultima cosa di cui ci si può accusare è di invitare ad una vita triste o di costringere ad una vita pesante: sarebbe il segno che proprio chi obietta è triste, pesante e macilento. Dove macilento indica chi non mangia e non beve, perciò chi non gode della vita. E dire che Gesù ha identificato lo strumento, il nesso supremo tra l’uomo che cammina sulla terra e il Dio vivente, l’Infinito, il Mistero infinito, col mangiare e col bere: l’eucarestia è mangiare e bere - anche se adesso tanto spesso è ridotta a uno schematismo di cui non si capisce più il significato -. È un mangiare e un bere: agape è un mangiare e bere. L’espressione più grande del rapporto tra me e questa presenza che è Dio fatto uomo in te, o Cristo, è mangiare e bere con te. Dove tu ti identifichi con quel che mangi e bevi, così che, «pur vivendo nella carne io vivo nella fede del Figlio di Dio» (“fede” vuol dire riconoscere una Presenza).

P.S. Oggi inizierò anch'io le mie vacanze inglesi! La prima foto è il luogo che mi sta aspettando, dove è nato mio marito.