martedì 26 giugno 2012

L'UOMO NERO E LA BICICLETTA BLU, Eraldo Baldini, Einaudi
Ma torniamo ai fuochi di san Giuseppe. Il nonno diceva che da altre parti questa cosa si faceva l'ultima sera di febbraio; a prescindere dalla data e dal luogo, comunque, quella tradizione secondo lui serviva per "far lume al grano", che così sarebbe venuto più forte e più ricco di chicchi. A me come spiegazione pareva stupida, perchè il grano cresce benissimo anche al buoi, cresce persino sotto la neve, inolte non capivo perchè, per celebrare un santo che era stato falegname, si bruciasse un sacco di legna: era o non era una cosa insensata e irriverente? Al di là di questi dubbi, però, la sera del 18 marzo mi piaceva un sacco lo stesso.
(...)
"Non so quanti anni abbia, - dissi. - Però... secondo me c'è sempre stato e ci sarà per sempre. Bagarì è eterno. " Mi piaceva quella parola che sentivo nelle preghiere e che in fondo rassicurava, promettendo che le cose importanti e buone non sarebbero finite mai. 

IL LIBRO
Non conoscevo l'autore. Chiedo alla bibliotecaia un libro da far leggere a mia mamma, la quale ama le storie di famiglia, stile Le ceneri di Angela. Il libro è indovinato, la storia è di quel genere ma ambientato nella campagna emiliana. E' una famiglia in cui tutti ci possiamo riconoscere, dove umorismo e tragedia convivono senza però arrivare mai alla completa disperazione, o almeno così sembra. E' un bellissimo libro da leggere in un fiato: si ride tanto ma la vita non è solo allegria. Le storie, i fatti sono visti con gli occhi di un ragazzino che però sarà costretto a crescere, suo malgrado. Se non fosse stato per gli ultimi capitoli, in cui la piega presa chiede di essere adulti o comunque almeno adolescenti, avrei volentieri letto il libro a scuola ( ma qualche capitolo lo leggerò lo stesso) perchè il mondo descritto, il modo di passare il tempo dei bambini non ci sono più ma è la mia generazione, è quando io ero bambina: non c'era la crisi economica ma non eravamo ricchi e le cose avevano tutto un altro spessore. 

In un corso di animazione didattica della specialista Barbara Piscina  ho scoperto questo libro per bambini e taglio e incollo una recensione trovata su internet. Molto bello e ricco di spunti lavorativi

Beelinda fuori dal gregge
Beelinda fuori dal gregge
Copertina
Titolo: Beelinda fuori dal greggeIllustrazioni: Lucie MullerovàTesti: Manuela SalviNumero di pagine: 24, a coloriFormato: 21 x 21 cm, cartonatoEditore: FatatracPrezzo: 13,00 €


Tra le nuvole, lontano dal gregge Come si fa una nuvola? Col vapore, certamente! Oppure con un po' di cotone, se magari la vuoi appiccicare su un cartellone. Ma anche con un tulle o col polistirolo, se nel teatro devi farle spiccare il volo. Ovvero, più semplicemente, con un pennello ben intinto nel color bianco o di pastello. A fare una nuvola, insomma, non ci vuole poi tanto. Ma se la nuvola fosse un essere speciale? Beeeh, perche' no?! Persino con una pecora di nome Beelinda... Sì, si può fare! Con la sua lana vaporosa e con la sua voglia di volare, una nuvola si può inventare. Una nuvoletta soffice e piumosa: un cuscino portato alto nel cielo da un gruppetto festante d'uccellini dalle ali variopinte, guizzanti nel blu in un istante. E lontani da quel popolo brucante e ruminante, che - supino e pauroso - non ha mai guardato il sole per un istante, neanche quando era nuvoloso. Gregge preoccupato solo di ficcare naso e muso nel fitto dell'erba, senza un'idea o un guizzo o un pensiero. Beelinda, no! Lei è diversa: lei ha cominciato col salire sul melo. E, poi, tutto il resto è stato una scoperta. Un magico salto nel cielo! Così, con un pizzico quasi di rima, si potrebbe riassumere la storia della belante Beelinda. Beelinda che un giorno, alla faccia delle compagne fissate solo a razzolare nel prato, ha deciso di uscire dal gregge. E questo, si sa, significa affrontare con decisione tante traversie: tempeste, altri animali diffidenti e un po' di paura da scacciare via. Bellissima storia, illustrata con una poesia e un umorismo da premiare (ogni pagina è davvero un quadro!). Storia che, con grazia, invita ad osare. Per esplorare senza paura nuovi orizzonti e per crescere indipendenti, fiduciosi, curiosi e - soprattutto - liberi spiriti.



sabato 23 giugno 2012

La vita è una sorpresa infinita

IL CARAVAGGIO PERDUTO, Jonathan Carr, Garzanti.
Luciano accompagnò Francesca in una visita di Oxford e cercò di convincerla a trasferirsi in Inghilterra: Il sistema universitario italiano, le disse, era una specie di mafia, uno scandalo nazionale. Lui lo sapeva per esperienza diretta. Aveva fatto domanda per un posto di dottorato di ricerca in filosofia a Roma, Firenze, Bologna, Venezia, Milano e Torino. Ognuna di queste sedi accettava soltanto tre studenti all'anno. Aveva dato gli esami orali e scritti previsti dai concorsi, viaggiando in treno e fermandosi in alberghi economici assieme ad altri candidati, persone che avevano già superato i trenta o i quarant'anni e che avevano fatto più e più concorsi senza mai ottenere un posto. L'ammissione dipendeva dall'avere le conoscenze giuste, u una famiglia ricca e influente alle spalle, o dall'essere il protetto - o il leccapiedi- di un professore importante. Luciano, che non aveva appoggi su cui contare, era sempre stato respinto. 
In Inghilterra era tutta un'altra storia. Aveva fatto domanda a Oxford, Cambridge, St. Andrews e Warwick e tutte queste università l'avevano accettato.

IL LIBRO
Me lo ha prestato una collega e pensavo fosse stile il Dan Brown dell'arte. Inizio a leggerlo e penso già che sia la solita pizza sugli italiani innamorati dei loro monumenti. Poi si affacciano nomi noti e dati non nuovi e comincio ad avere dei dubbi. Vado subito a leggere la bibliografie e i ringraziamenti e si scopre che è il resoconto del ritrovamento del Caravaggio della National Gallery di Dublino, una specie di lungo articolo di giornale un po' (ma non troppo) romanzato. Mi ha appassionato e lo sto suggerendo a tutti. Prossima tappa Dublino?
P.S. Finalmente ho ripreso la lettura, ora il tempo libero comincia ad assumere una sua entità fisica!



DAL SETTIMANALE VITA


Dove si può credere all'incredibile


di Giovanni Storti

27/04/2012 - Una giornata in Cometa raccontata da Giovanni Storti, il comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Era partito scettico: «Mi sembrava esagerato voler educare dei ragazzi attraverso la bellezza». Ma poi...

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Aldo, Giovanni e Giacomo.

Ore 16: si salta in macchina per andare a "scoprire" come funziona questa associazione, La Cometa, che si trova in quel di Como. I racconti di Giacomo, che è già stato lì, sono accalorati ed entusiastici. Io e Aldo siamo un po' scettici. Questo concetto che i fondatori hanno messo al centro, che la bellezza educa, la bellezza stimola, è molto interessante, è vero, ma ci sembra poco praticabile da un'associazione di accoglienza ed educazione per bambini e ragazzi. Noi tre ne abbiamo visitate un po' di queste realtà di accoglienza e in genere è già abbastanza complicato tenere dentro i ragazzi e fargli fare una vita quasi normale, figurati avere un posto di quella bellezza, dove tutto è perfetto, dove si respira ovunque un grande entusiasmo... ci sembrava un po' esagerato. Invece non solo Giacomo non aveva esagerato, ma dobbiamo ammettere che c'era addirittura di più di quello che lui diceva.

Arriviamo, con una difficile manovra automobilistica parcheggiamo e rimaniamo subito colpiti dalla bellezza del posto. Il giardino, ricco di grandi azalee in fiore; un vecchio glicine che si arrampica su due lati di una delle belle case della associazione, prati verdissimi, tutto mostra la cura e la sapienza di chi l'ha progettato. I vari edifici hanno un'armonia e una funzionalità che raramente si combinano.
I ragazzi ci si fanno subito attorno; ci fanno un'intervista con domande acute che difficilmente sentiamo dai giornalisti veri. Uno ci ha chiesto, così su due piedi, «ma perché voi fate comicità?». Sembra una domanda banale, ma è tosta. Innanzitutto perché è molto difficile rispondere, e poi perché è una domanda estremamente diretta per quello che fai, per questo è una bella domanda, a maggior ragione se a fartela è un ragazzino. Io ho risposto siamo giullari, siamo buffoni, tutto converge lì per noi, il nostro mestiere è quello che siamo. Visitiamo la scuola. All'entrata c'è la statua di un gorilla e sopra c'è scritto: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza». Dovrebbero metterla in ogni scuola questa scritta!

Le aule sono belle, luminose e tutte hanno la vista su Como e il lago. Non c'è niente di trascurato o rovinato. Forse è vero che "circondare" i ragazzi di bellezza fa si che la rispettino e la perseguano.
Alcuni ragazzi lavorano nella struttura e veniamo a conoscenza di un altra grande idea: la manualità è più importante del pensare. Così i ragazzi che vogliono imparare un lavoro artigianale vengono indirizzati da artigiani professionisti che li addestrano al mestiere: cuoco, parrucchiere, falegname ecc. I dolci che mangeremo dopo cena, buonissimi, sono fatti da un ragazzo pasticcere. Nell'aula magna i ragazzi ci tempestano di domande, sono curiosi e interessati. Non si accontentano di risposte-battute, vogliono sapere di più, in un continuo rilancio. Apprezzano la battuta, ma subito bisognava sviscerarla, andare un po' in profondità. È un buon segnale, vuol dire che anche su questo sono stati addestrati bene.

Si ha la sensazione di essere in un'oasi gestita dalla serietà, fantasia, operosità e intelligenza. La bellezza che ti circonda è un meccanismo difficile da realizzare, non solo perché è estremamente costoso, ma perché è qualcosa che ha bisogno a monte di gusto e di talento. Costruire un progetto educativo sull'idea della bellezza, necessita di avere già sperimentato quella cosa, per poter anche solo pensare di proporla. Mi è venuto un racconto serio. Ho fatto fatica a scrivere, di solito sono più ironico. Ma non ci sono riuscito, è una situazione così particolare che mi è sembrato bello descriverla per quello che è. La Cometa sembra un posto in un altro mondo ma, come dice Giacomino: bisogna credere nell'incredibile per far si che l'impossibile si avveri.