mercoledì 15 aprile 2009

VANITA' DELLE COSE TERRENE

(foto di Claudio Romani)
SECOND HAND, Michael Zadoorian, Marcos y Marcos

Ho notato che le persone iniziano ad acquisire più roba quando passano i trent'anni. Partono dai pezzi base - casa, un coniuge, figli - poi non la smettono più di comprare, comprare, comprare: lussuose seconde macchine, tavoli da biliardo, barche, veicoli divertenti ma privi di utilità... cose grosse, ingombranti. Credono di rendere le loro vite più piene, ma le rendono solo più pesanti. Quello che non sanno è che stanno inconsciamente cercando di proteggersi. Quando passi i trenta smetti di credere che vivrai per sempre.
(...) Non fa differenza se vi circondate di metallo e fibra di vetro o di bachelite e gabardine; l'effetto è lo stesso. I nostri possedimenti ci confortano, ci proteggono dalle cose brutte che sappiamo di non poter evitare. Io sono stato a migliaia di sgomberi, quindi so che è solo un'illusione, ma al momento dell'acquisto sembra tangibile come l'oggetto che stringiamo tra le mani. Non mi credete? Ho appena scoperto che mia madre, quando ha saputo di essere malata, si è regalata una giornata di shopping selvaggio. Ha superato il massimale della carta di credito. Pensate un po'.


IL LIBRO
Una storia d'amore diversa dal solito, un vero amore che cambia la vita dopo l'incontro e la rende più bella. In due è sempre meglio che da soli nonostante tutta la forza personale. E' un bel libro dove l'umorismo è sottile e la vita quotidiana. Bella è la passione per gli oggetti di seconda mano, visti come la storia di altre persone, tentativi di renderla eterna. Bella è la descrizione dei rapporti familiari, vicini a ciascuno di noi e riconoscibili nonostante le ovvie differenze. Del protagonista ci si innamora, sempre che preferiate lo stile Hugh Grant ad un Bruce Willis.
P.S. E' di oggi la notizia del divorzio di Mel Gibson: è crollato un mito!!!




CHE COS'E' IL DOLORE OGGI A L'AQUILA?

Che cos’è il dolore oggi a L’Aquila?
Che cos’è la commozione dell’ultimo saluto a 300 persone, ognuna delle quali è una storia, cioè sentimenti, sogni, speranze?
Per me il dolore di questo terremoto è un’immagine che non riesco a togliermi dalla testa.
A causa di una diretta di “Matrix” dal campo, sono stato sui luoghi del terremoto in questi giorni. Ho risalito prima in macchina poi a piedi via Venti Settembre, nel centro città, ho camminato su quella che è la salita del dolore di oggi, il Golgota dove sono morti in tanti. E davanti alla Casa dello Studente si è materializzato di colpo che cosa è davvero avvenuto. Quello che le pietre cadute, le case crepate, le macerie, la distruzione fisica non mi avevano detto. Quello che le nostre immagini non possono riprendere. Quello che i tanti articoli non avevano raccontato. Ho incontrato una persona: una donna bionda, alta, immobile.Impietrita, con uno sguardo intenso e insieme un po’ vuoto, fisso sui Vigili del fuoco distanti al massimo quindici metri. Nessuno accanto, tutti in silenzio. A pochi metri i giornalisti delle più grandi testate del mondo: Il Corriere della Sera, la Cnn, la Reuters. Chi è quella donna? Chiedo a un collega. E’ la mamma di uno là sotto, mi dice a bassa voce un collega. Il suo è un dolore così forte ed evidente che nessun cronista, per quanto cinico, si sente di violare. Eppure non ci sono proprio colleghi di primo pelo. Riconosco diversi giornalisti che erano già in Irpinia, poi a Stava, ad Assisi ma anche in Irak o in Kossovo. Ma la morte è una cosa seria e la tragedia dell’Aquila non è seconda a nessuna di queste altre drammatiche storie. Mentre ero lì, all’Aquila, avevo tenuto il volto di quella donna nel cuore tutto il tempo, sperando anch’io in un angolo della testa che ci fosse la buona notizia che attendevo in ogni momento. Invece è arrivata la notizia che il comandante dei Vigili del fuoco, capo del cantiere, aveva deciso in via Venti Settembre di buttare giù quel maledetto edificio. Per i quattro sotto non c’erano più speranze. E i genitori avevano dato il loro assenso per la demolizione. Così i funerali di oggi, funerali solenni in un giorno già triste e di riflessione come il Venerdì Santo, sono per me il ricordo di quel volto, di quello sguardo, di quella pietrosa dignità. Che, credo, contenesse anche una preghiera. Certo un grido umano, una tensione di domanda che sprigionava energia più che disperazione. L’umanità oggi ci chiama a partecipare a questo immenso dolore, che alla fine i cristiani possono guardare in faccia e chiamare con il nome vero: morte.Mentre molti preferiscono evitare rifugiandosi nella rabbia contro chi sapeva, chi non ha fatto, chi avrebbe dovuto. Torna, è vero, la drammatica domanda di Gesù Cristo dalla croce. “Perché?” E torna la risposta: “Sia fatta la tua volontà”. In un mistero che non censura niente, che non toglie alcun elemento e che tuttavia perdona tutto. Che spinge all’azione perché non accada mai più, soprattutto nella storia del nostro Paese. Ma che ha un orizzonte ultimo di speranza, per chi sa davvero,oggi sul Golgota, guardare a quella Croce.
Più reale che mai.

Alessandro Banfi, venerdì 10 aprile



mercoledì 8 aprile 2009

IMPOSSIBILE SPERANZA


LA PIOGGIA PRIMA CHE CADA, Jonathan Coe, Feltrinelli

Il telefono squillò di nuovo. Il display della chiamata le disse che questa volta era Catharine. Gill aspettò, aspettò ancora qualche secondo prima di alzare la cornetta e in quell'istante protratto sentì la promessa di rivelazione avvizzire, evaporare, svanire: rimase a guardare, impotente, mentre sgusciava via per sempre dalle dita prensile della sua mente. Ancora prima di sentire le parole balbettanti di sua figlia, capì che era troppo tardi. Il disegno che stava cercando era scomparso. Peggio ancora, non era mai esistito. Come avrebbe potuto? Quello in cui aveva sperato era un'invenzione, un sogno, una cosa impossibile: come la pioggia prima che cada.

IL LIBRO.

La perfezione della parola scritta. E' uno dei miei autori preferiti proprio per il modo con cui racconta la quotidianità dell'epoca che anch'io condivido. Anche Nick Hornby ammette che è proprio bravo. In questo libro però il bersaglio è mancato. Personalmente io non salverei nessuno dei personaggi e non riesco ad immedesimarmi in nessuno di essi. Nelle grandi librerie inglesi c'è sempre una sezione dedicata alla letteratura gay e ho sempre pensato che ciò fosse discriminante perchè la letteratura è letteratura. E' come mettere Dante nella sezione cristiani o Romeo e Giulietta nella sezione amori etero. In questo libro la protagonista è omosessuale (già la vedo col volto di Judy Dench in un possibile film) e, indipendentemente dalle mie opinioni, non riesco a farmi prendere dalla storia che avrebbe potuto essere una bellissima saga familiare. E' un'empatia che non provo. Manca inoltre il tipico humour inglese e il senso del tragico non riesce ad affiorare.



Dall'eciclica Spe Salvi:
In questo senso è vero che chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cfr Ef 2,12). La vera, grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora « sino alla fine », « fino al pieno compimento » (cfr Gv 13,1 e 19, 30). Chi viene toccato dall'amore comincia a intuire che cosa propriamente sarebbe « vita ». Comincia a intuire che cosa vuole dire la parola di speranza che abbiamo incontrato nel rito del Battesimo: dalla fede aspetto la « vita eterna » – la vita vera che, interamente e senza minacce, in tutta la sua pienezza è semplicemente vita. Gesù che di sé ha detto di essere venuto perché noi abbiamo la vita e l'abbiamo in pienezza, in abbondanza (cfr Gv 10,10), ci ha anche spiegato che cosa significhi « vita »: « Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo » (Gv 17,3). La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora "viviamo".

Benedetto XVI
(Claudio Romani foto)