martedì 29 dicembre 2009

IDEALI E PASSIONI


IL TESTAMENTO DI MAMMA, Anna Fine, Sonzogno.
Niente male, anche per qualcuno che aveva passato tutta la vita a fare della cattiveria una forma d'arte. Nessuna meraviglia, quindi, che non avesse trovato il tempo per un lavoro o un hobby: aveva devoluto ogni secondo a covare rancori e a fomentare il malanimo. In questi due ambiti, bisognava concederglielo, si era data un gran da fare. Era quasi ammirevole. Il livello di impegno in questa sua vocazione era stato tale che, alla stregua di una martire del passato, era pronta a sfruttare per la causa perfino la propria morte e il proprio funerale. Fino all'ultimo respiro, insomma.

IL LIBRO
L'azione è ridotta al minimo, sembra non capitare niente. Protagonista è la monotonia di una vita da perdente, solitaria, senza speranza o rimpianti, una vita piatta, comune a tutti i personaggi. Eppure qualcosa succede, ci sono degli incontri che fanno vedere le cose con occhio diverso, qualcosa cambia, acquista significato. Credo che la traduzione abbia un po' rovinato il romanzo, ci sono delle note umoristiche ma in italiano vengono un po' velate. Anna Fine comunque è un'ottima scrittrice, forse nota più per i libri per bambini (suo è la Mrs Doubtfire, che ancora mi diverte guardare), inglese nel senso classico del termine: poca azione, ottima ricerca lessicale, straordinarietà nella quotidianità. Ho appena visto il film documentario Grizzly man dove un uomo dà la sua vita per salvare gli orsi: lì c'era passione ma per un ideale molto discutibile, nei personaggi del libro mancano sia ideali cha passioni.
P.S. Buon anno a tutti!!!


L'UOMO CATTIVO

Era un uomo cattivo,
ma cattivo, cattivo, cattivo,
eppure così cattivo il Signore lo salvò:
quando si alzava la mattina
tutto gli dava fastidio
a cominciare dalla luce,
perfino il latte col caffè.
Ma un dì si chiese
Chi era che gli dava la vita,
un dì si chiese
Chi era che gli dava l’amor.
«Chi se ne frega della vita!
Chi se ne frega dell’amore!»‚
lui ripeteva queste cose,
ma gli faceva male il cuore.
Ed il Signore dal cielo
tanti regali gli mandava,
lui li guardava appena,
anzi alle volte poi si lamentava.
Ma un dì si chiese
Chi era che gli dava la vita,
un dì si chiese
Chi era che gli dava l’amor.
Poi un giorno vide un bambino
che gli sorrideva,
vide il colore dell’uva
e la sua nonna che pregava,
poi vide ch’era cattivo
e tutto sporco di nero,
mise una mano sul cuore
e pianse quasi tutto un giorno intero.
E Dio lo vide e sorrise,
gli tolse quel suo dolore,
poi gli donò ancor più vita,
poi gli donò ancor più amor…
Era un uomo cattivo,
ma cattivo, cattivo, cattivo,
eppure così cattivo il Signore lo salvò

CLAUDIO CHIEFFO

sabato 26 dicembre 2009

IDENTITA' RUBATE


LA FINESTRA ROTTA, Jefferey Deaver, Rizzoli

Okay... Qualche anno fa ero un medico. Vivevo nel Connecticut, avevo una moglie e due bambini meravigliosi. Soldi in banca, piano pensionistico, casa per le vacanze. Una vita comoda. Ero felice. Ma poi è successa una cosa strana. Niente di grave, a prima vista. Ho richiesto una nuova carta di credito, per accumulare miglia nel mio programma frequent flyer. Guadagnavo trecentomila dollari l'anno. Non ero mai andato in rosso, non avevo mai tardato con il pagamento del mutuo in tutta la mia vita. Ma la mia richiesta venne rifiutata. Ho pensato: si saranno sbagliati. Ma la compagnia disse che ero un "rischio di credito", dato che avevo traslocato tre volte negli ultimi sei mesi. Solo che non avevo traslocato affatto. Qualcuno aveva preso il mio nome, il mio numero della Social Security e quello della carta di credito e aveva affittato appartamenti fingendosi me. poi non pagava l'affitto. Ma solo dopo aver comprato merce per centinaia di migliaia di dollari ed essersela fatta consegnare a quegli indirizzi.

IL LIBRO

Primo libro che leggo di questo autore supernoto. C'è una sua foto: sembra lui uno dei suoi serial killer. Non ho mai visto uno dei film, tratti dai suoi thriller, non sono il mio genere e passerei molto tempo ad evitare di guardare lo schermo. I libri invece sono meno paurosi, puoi sempre avere una pausa per riprenderti. Certo che lo scrittore ci sa fare. La cosa più accattivante è il tipo di indagine che sta dietro la scoperta del colpevole. Il detective che dirige tutta l'operazione è infatti un disabile all'ennesima potenza, paralizzato dal collo in giù a seguito di un incidente, eppure affascinante, tant'è che ha pure una compagna, innamorata di lui. La storia del furto di identità, della mancanza di privacy, ora che siamo tutti nella rete e persino i supermercati (grazie alle raccolte punti) conoscono i nostri gusti, è davvero intrigante e invita a rifletterci sopra. Nella nota dell'Autore infatti Deaver scrive: "Ehi, mi raccomando: tenete d'occhio la vostra identità. Se non lo fate voi, lo farà parecchia altra gente."

BUON NATALE!

Leggermente in ritardo vi faccio i miei auguri con questa poesia che ho trovato su http://www.sussidiario.net/. Auguri!






EMANUELE

Nell’ombra dei secoli si è ormai dileguata quella notte in cui, stanca di male e di affanno, la terra posò nelle braccia del cielo, e nel silenzio nacque Dio-è-con-noi.

Molte cose oggi non sono, che erano possibili ieri: i re più non scrutano il cielo, e i pastori non ascoltano nel deserto come gli angeli parlino del Signore.

Ma ciò che di eterno in quella notte fu rivelato non può essere ormai più corrotto dal tempo; e il Verbo nato in quell’evo remoto, sotto a una greppia, ti rinasce nuovo nell’anima.

Sì – Dio è con noi: ma non già sotto l’azzurro padiglione, non al di là dei confini dei mondi innumerevoli, non nel perfido fuoco, e non nel fiato delle tempeste, non chiuso nella sopita memoria dei secoli.

È qui Egli, adesso; e tra l’effimera vanità, nel torrente torbido delle ansie della vita, tu possiedi un segreto onnigioioso: - impotente è il male, e eterni noi siamo: Dio è con noi.

Vladimir S. Solov’ëv



giovedì 10 dicembre 2009

OCCORRE UNA GRANDE GRAZIA


LA FIGLIA DEL PARTIGIANO, Louis De Bernieres, Longanesi

Leggeva ostentatamente Baudelaire davanti agli ospiti dei suoi genitori, quando loro si aspettavano che si mostrasse cordiale, e anche libri di psicologia. Io avevo già sentito nominare questo Baudelaire ma di lui non sapevo niente, e così dopo ero andato a cercarmelo. Temo di avere una predilezione particolare per le poesie che parlano di gatti, e ce n'è una davvero notevole su una carogna. Si era messa a leggere Freud e aveva accusato suo padre di essere un ritentivo anale. Lui si era limitato a rispondere: "Vieni in bagno dopo che ho cagato, e vedrai che ti darò prova del contrario." Dovetti andarmi a cercare anche "ritentivo anale", anche se devo ammettere che in seguito non è che mi sia tornato particolarmente utile.

IL LIBRO
Un incontro tra due persone, due mondi diversi, due vite insoddisfatte. Un'attrattiva che si trasforma in ascolto, un racconto di esperienze che vuole essere liberatorio. Una moderna Sherazade che racconta la propria vita, un anonimo commesso viaggiatore che spera in un avvenimento. Niente arriva a buon fine, un'ubriacatura cancella ogni speranza. Capita spesso nella letteratura inglese e irlandese, e di conseguenza nei loro film, che le persone si comportino, durante una sbronza, come se non fossero più loro stesse e l'essere ubriache è la scusa per non assumersi la responsabilità dell'accaduto. Da noi di solito è un aggravante, rende più violenti o intontisce ma non è mai una scusante. Forse è più difficile che persone "normali" esagerino così tanto con l'alcol da perdere il controllo delle proprie azioni. Il libro può comunque far parte dei consigliabili. L'autore è lo stesso de Il mandolino del capitano Corelli che Julia Roberts stava leggendo nella scena finale del film Notting Hill, mentre divideva beatamente la panchina con Hugh Grant. Non ho letto l'altro libro, ho visto però il film, la storia era davvero notevole. Qui manca la stessa profondità storica e dubito fortemente che possa diventare un film.


Da Il Pranzo di Babette

Tanta è la nostra umana stoltezza e imprevidenza che immaginiamo la grazia divina essere finita.
E perciò tremiamo...
Ma viene il giorno in cui i nostri occhi si aprono e vediamo e capiamo che la grazia è invece infinita.
La grazia, amici miei, ci chiede soltanto di aspettarla con fiducia e di accoglierla con riconoscenza.
Karen Blixen

domenica 29 novembre 2009

VALORI EUROPEI


LA TENTAZIONE DEL CRIMINE, Stephen Leather, Piemme

La chiesa era fresca e tranquilla, con i soffitti a volta e le pareti dipinte di rosa. I banchi di quercia erano stati consumati da generazioni di fedeli. Camminarono verso l'altare tenendosi per mano.
Sam guardò Terry: l'uomo sorrideva e gli brillavano gli occhi. "Stavo pensando... E' come quando ci siamo sposati."
Terry annuì. "Pensavo anch'io la stessa cosa. Sembra di tornare indietro nel tempo, vero?"
"Mangiammo salmone quel giorno, vero? Salmone in salsa di crescione."
Terry aggrottò la fronte. "Come ti è venuto in mente?"
Sam sospirò. "E' stata una cosa che ha detto Grace" rispose. "L'ultima volta che l'ho vista". Terry le passò un braccio intorno alle spalle. "Mi manca, sai?" "Anche a me. Aspetta voglio accendere una candela."
Si avvicinò ad un tavolino sul quale una ventina di candele brillavano davanti ad un dipinto della Vergine Maria. Prese una candela, l'accese e restò a occhi chiusi per un minuto buono. Poi aprì gli occhi e sorrise.
"Che desiderio hai espresso?" chiese Terry. "Il desiderio si esprime con le candeline del compleanno. In una chiesa si chiede perdono."

IL LIBRO
Leggero, senza pretese. Una storia di criminalità inglese, alla Guy Ritchie, che si legge rapidamente. Nessun approfondimento psicologico, pochi sentimenti, molta azione e qualche colpo di scena. Quello che ci vuole per passare un po' di tempo lontani da computer e televisione. I valori sono tutti europei: famiglia, amicizia e senso della proprietà. E' uno di quei libri che di solito leggo in estate ma avevo bisogno di rilassarmi un po'.






LA COLLABORAZIONE DELLA FAMIGLIA UMANA

Una delle più profonde povertà che l'uomo può sperimentare è la solitudine. A ben vedere anche le altre povertà, comprese quelle materiali, nascono dall'isolamento, dal non essere amati o dalla difficoltà di amare. Le povertà spesso sono generate dal rifiuto dell'amore di Dio, da un'originaria tragica chiusura in se medesimo dell'uomo, che pensa di bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero, uno "straniero" in universo costituitosi per caso. L'uomo è alienato quando è solo o si stacca dalla realtà, quando rinuncia a pensare e a credere in un Fondamento. L'umanità intera è alienata quando si affida a progetti solo umani, a ideologie e utopie false.
Benedetto XVI, Caritas in Veritate






domenica 8 novembre 2009

RIFORME SCOLASTICHE


MALASCUOLA, Claudio Cremaschi, Piemme

Se tutte le forze politiche, sociali, sindacali trovassero un accordo per evitare il definitivo sfascio della scuola pubblica... Se si convenisse sulla necessità di razionalizzare la spesa per l'istruzione, non per tagliare, ma per riqualificare la scuola...Se resistenze governative e inevitabili sollevazioni studentesche, non affossassero ogni tentativo di riforma... Se tutti, o buona parte dei provvedimenti di razionalizzazione del tempo e delle classi che ho descritto venissero realizzati... Se chi ne ha il potere decidesse di investire i risparmi conseguenti nel miglioramento della scuola e in particolare nell'adeguamento delle retribuzioni e della professionalità dei docenti...
Se tutto questo (e altro ancora) accadesse, la sciagura peggiore che potrebbe verificarsi sarebbe un accordo tra le organizzazioni sindacali e il governo per un aumento indiscriminato delle retribuzioni "a pioggia", o peggio ancora sulla base dell'anzianità, senza ridefinire il rapporto contrattuale e professionale dei docenti.
Sarebbe un'altra occasione perduta, e probabilmente l'ultima.

IL LIBRO
E' un'analisi approfondita del sistema scolastico statale italiano, dalla scuola dell'infanzia alle superiori. Tesi del libro è che si può aumentare e anche di molto lo stipendio degli insegnanti, riqualificandoli, tagliando gli sprechi che nella scuola sono tanti, molto di più di quelli che immaginavo. Parte delle opinioni o delle proposte è condividibile, come la chiusura delle piccole scuole, il controllo effettivo del numero di alunni per classe, il tempo prolungato di alcune scuole medie che hanno solo un orario antimeridiano, la compresenza di troppi insegnanti... Su una non sono affatto d'accordo ed è quella di lavorare a luglio. Va benissimo incominciare con gli alunni dal primo di settembre e terminare alla fine di giugno (però mi si devono eliminare tutte le riunioni di quel periodo) ma a luglio non servono insegnanti ma intrattenitori! Già in media cinque ore a settimana vengono da me dedicate alla mensa, ci manca solo che occupi il tempo estivo dei miei alunni. La scuola non deve risolvere il problema dei genitori che non sanno dove mettere i figli, non è il nostro compito. Io sono un'insegnante e sono pagata (poco!) per insegnare, ho studiato e studio per questo, frequento corsi e mi autoaggiorno. Questa è la difesa sbagliata del mantenimento del tempo pieno. Io posso dimostrare che educativamente sia utile ma non mi interessa per niente sapere che è una risposta all'esigenza lavorativa dei genitori (anch'io lavoro e ho figli), altrimenti è impensabile non pensare a tenere le scuole aperte anche a luglio.
Il libro è comunque ricco di dati interessanti, come il sapere che la maggior parte degli insegnanti italiani ha un'età compresa tra i 45 e i 59 anni. Quanti di loro riusciranno ad andare in pensione con quarant'anni di servizio?

Una maestra con la passione della poesia:
Ada Negri

IL DONO

Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.






venerdì 30 ottobre 2009

CHIESA/ Rose: è la fede di Benedetto a spaccare i sassi in Uganda
INT. Rose Busingye da www.ilsussidiario.net
martedì 27 ottobre 2009

«È Dio che opera. La nostra capacità, da sola, non salva nulla». A dirlo è Rose Busingye, fondatrice del Meeting Point International di Kampala, Uganda. Il centro ospita donne sieropositive, «le mie donne», dice sempre Rose parlando di loro. Persone che hanno saputo trovare nella fede cristiana una speranza nuova di vita, l’unica risposta credibile alla disperazione dell’abbandono. È alle “sue” donne che corre sempre Rose col pensiero, quando deve parlare della fede, della Chiesa, della speranza che Cristo rappresenta oggi per il mondo, e per l’Africa. Si è concluso domenica il Sinodo dei Vescovi africani. Anche Rose ha partecipato, insieme a tanti altri ospiti. Ilsussidiario.net l’ha intervistata, alla vigilia del suo ritorno in Uganda.

Cos’ha voluto dire per lei questo appuntamento, alla luce dell’esperienza di Chiesa che vive in Africa?

Capire che è Dio che opera. La nostra capacità, da sola, non salva nulla. Tocchi con mano, una volta di più, l’incapacità nostra, però vedi bene che il cristianesimo va avanti lo stesso. Tutta la Chiesa in Africa sta crescendo. Ma non siamo noi a mandarla avanti; è lo Spirito. Questo l’ho visto benissimo dal modo con cui il papa è stato con noi, durante il Sinodo.

Cos’ha colto di così particolare nella presenza del Santo Padre?

Egli stava con noi senza programmi sul da farsi, ma semplicemente per farci compagnia. Come un padre, che suscita in te quella tenerezza per cui ti chiedi: cos’ho da temere? Era impossibile, davanti a quello sguardo, fraintendere. La prima preoccupazione, trattandosi di una chiesa giovane, come quella africana, poteva essere quella di “consolidare una chiesa futura”. Ma la Chiesa non è prima di tutto un’organizzazione. L’invito del papa, e la sua personale testimonianza, è stata quella di predisporsi ad accettare l’iniziativa di Dio su di noi. È in questa accettazione che sta il futuro - e il presente - della chiesa africana.

Ad ascoltare i programmi di sviluppo dei governi e di tante organizzazioni, sembrerebbe che la prima sfida per l’Africa sia trovare più soldi e fare più progetti.

L’uomo europeo ha tutto, ma allora come mai non è contento? Come mai le strade sono piene di facce tristi, di persone che non sorridono mai? È così perché in Europa si è perso che a renderci felici è il progetto di Dio, e non il nostro. Invece le “mie” donne vanno nella cava a spaccare pietre sorridendo e cantando. Anche se non hanno mangiato nulla.

La sfida più grande in occidente è che la società ha abbandonato le sue radici cristiane. Per la maggior parte delle persone il cristianesimo non ha più nulla da dire alla loro umanità. Qual è invece la sfida culturale più urgente per i cattolici che vivono in Africa?

La fede in Cristo Gesù. Dico sempre che la fede è la fine della schiavitù. È astratto - mi hanno detto tanti di quelli che ho incontrato. Ma non è così, perché un uomo che vive la fede vede tutto come un dato ricevuto e ne gode. Gode del lavoro, dei figli, del creato. Per un uomo che vive la fede Dio è tutto. E lui è più libero.

Benedetto XVI, nella sua omelia in apertura del Sinodo, ha detto dell'Africa che «il suo profondo senso di Dio» è «un tesoro inestimabile per il mondo intero» e che «da questo punto di vista, l’Africa rappresenta un immenso “polmone” spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza». Cosa pensa di queste parole?

È per questo che è più facile oggi incontrare Cristo in Africa che non nei paesi occidentali. Perché un africano ha un senso del mistero tale da essere sempre consapevole di appartenere a Qualcosa. Qualcosa di grande, di più grande di sua madre e di suo padre. Ma questo Mistero è Cristo presente, Colui che ogni cuore attende. Se lo incontro, diventa la mia nuova identità, il mio giudizio nuovo su tutte le cose. Me ne accorgo quando guardo le “mie” donne. Vedi - mi dico - sono sempre più avanti!, non perché sono più intelligenti, ma perché sono semplici. La fede ha penetrato la loro vita. Quando c’è stato l’uragano di New Orleans percepivano le popolazioni colpite come parte di sé, anche se erano dall’altra parte del mondo. E le hanno aiutate. Quando conosci la fede tutto ti appartiene. È una mentalità nuova, persuasiva. Ti accorgi, semplicemente, che è più bello vivere da cristiano.

Il tema del Sinodo recita “la Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. La giustizia e la pace sono cose per le quali vale la pena spendersi?





Ma la giustizia, senza Dio, che giustizia è? Lo ha detto bene il papa nell’omelia di domenica. Se non passa Gesù di Nazareth, che senso ha fare progetti? “Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo”. Posso trattar bene il mio prossimo, ma nel tempo mi stanco e allora perché devo farlo? Posso fare progetti di carità, ma alla lunga non reggono. Ma se il mio cuore vive di fede, tutto diviene più facile. E solo allora che ti tratto per quello che sei, perché sei anche tu di Dio. Sei “divino”, mi appartieni anche tu!

In molti paesi africani i cristiani sono perseguitati. Ha fatto scalpore durante il Sinodo il racconto di monsignor Hiiboro Kussala, che ha riferito di cristiani barbaramente uccisi in Sudan. I cattolici che lei conosce come vivono il rischio del martirio?

Sanno bene che possono morire a causa della loro fede, ma sono sereni, perché se uno ha un ideale per vivere, vale la pena morire per esso. Il problema, all’opposto, è quando manca qualcosa per cui sacrificarsi. I soldi non fanno felici, perché chi ha molti soldi anzi è più triste degli altri. È solo l’incontro con Dio che ci fa essere più uomini e ci fa scoprire il valore di noi stessi. È per questo che a Dio si può anche sacrificare la vita.

Per lei e le donne che vivono con lei, cosa vuol dire incontrare persone che credono in qualcos’altro? In Africa ci sono mille fedi diverse.

Ci sono mille fedi, ma tutti si trovano bene con noi. Più dialogo di così. È la prova che davvero solo in Cristo possiedi tutto. Quanti estranei ho visto sorprendersi, e accorgersi che è bello stare lì con noi, senza preconcetti, senza piani.

È una proposta anche per chi vi odia?

Sì. Immagini le nostre donne, che vanno in cava cantando i canti degli alpini. Uno vede, non capisce cosa vuol dire ma si commuove, perché è bello cantare così. Un uomo che è in rapporto con Dio attira, attira sempre. A Roma, durante il Sinodo, non mi sono mai stancata quando c’era il papa, ma quando non c’era. È stato bello sorprendere in lui tutta la tenerezza del padre che guarda i propri figli.

È l’esperienza del dolore e del male a fermarci, a bloccare tutto.

La fede vince tutto. Se la fede non vince, vuol dire che non è fede, ma un sentimento. Il Mistero di Dio attrae e cambia. Occorre lasciarsi cambiare. Invece misuriamo la Sua iniziativa, poniamo confini: facciamo noi un progetto per il mistero, dove deve arrivare e dove no! Meno male che non dipende da noi, ma “soffia dove vuole”: dove c’è un cuore semplice che lo attende.

Oggi tornerà a Kampala, in Uganda. Le sue donne le chiederanno cos’ha fatto. Che cosa dirà?

Parlerò del papa. Dirò che sono tranquilla perché in lui ho una guida sicura. Non temo più nulla, perché c’è un uomo che più di tutti vive la fede e io l’ho visto. Dobbiamo appartenere a Lui, al Suo popolo, alla Chiesa così com’è. Un uomo che vive l’appartenenza a Cristo come la vive il papa ti attira, non puoi più lasciarlo.

Questa fedeltà di cui parla - del papa verso Dio e sua personale verso il papa - non è una cosa estranea al sentire dell’Africa?

No, perché non è qualcosa di esterno, che viene da fuori, dall’Europa o dalla storia, ma da dentro di noi: uno la scopre guardando come il cuore è fatto. E il nostro cuore è fatto per incontrare Cristo. Un uomo che appartiene, come il papa, grida a Dio. Il mondo viene qui e pretende di dire quello che è bene per noi. Riduce il problema dell’Africa al preservativo. Non ci tratta da uomini. Invece lui, con il suo sguardo e la sua tenerezza di padre, è l’unico che ci vuole veramente bene. È importante che il cristianesimo - ha detto il papa una mattina - non sia una somma di idee, ma un modo di vivere. Il cristianesimo è carità, è amore, ha detto. E se la fede si trasforma in carità, non c’è nulla che le può resistere.

CARITAS IN VERITATE


BENEDETTO XVI


La cooperazione internazionale ha bisogno di persone che condividano il processo di sviluppo economico e umano, mediante la solidarietà della presenza, dell'accompagnamento, della formazione e del rispetto. Da questo punto di vista gli Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi. Capita talvolta che chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo aiuta e che i poversi servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche che riservano per la propria conservazioni percentuali troppo elevate di quelle risorse che invece dovrebbero essere destinate allo sviluppo. In questa prospettiva, sarebbe auspicabile che tutti gli Organismi internazionalie le Organizzazioni non governative si impegnassero ad una piena trasparenza, informando i donatori e l'opinione pubblica circa la percentuale dei fondi ricevuti destinata ai programmi di cooperazione, circa il vero contenuto di tali programmi, e infine circa la composizione delle spese dell'istituzione stessa.

L'ENCICLICA

Veramente non ho ancora finito di leggerla, di solito ne leggo un paragrafo al giorno la mattina appena svegliata. Questo capitoletto però mi ha stupito: il Papa ha davvero una parola su tutto, niente gli è estraneo. Il titolo interroga: perchè la carità nella verità? Io avrei detto il contrario. Il Papa è una roccia: crolla tutto (sia in senso fisico che morale) ma il suo giudizio resta, giudizio che è una presenza, non una parola.




domenica 20 settembre 2009

TEMPO PREZIOSO



"I bambini sono innocenti ed amano la giustizia, mentre molti adulti sono malvagi e preferiscono la misericordia"G. K. Chesterton


Non ho tempo di leggere libri. La scuola mi ha travolto di impegni, i miei genitori non stanno molto bene e devono essere accompagnati alle varie visite. Leggiucchio la mia rivista preferita, qualche articolo su internet (sono tra quelle persone che non comprano il quotidiano) e chiacchiero con amici e parenti su Facebook, così risparmio in telefonate. Avevo iniziato due libri ma non riesco ad andare avanti a leggerli: o sono stanca io o sono proprio brutti loro.

Riesco però a fare ancora qualcosa di bello, come una domenica pomeriggio al parco del Ticino, un giretto per il caffè al bar o la mostra di Hopper a Palazzo Reale.

Spero di tornare presto ad avere il tempo di leggere. E buon anno a tutti gli insegnanti!

martedì 18 agosto 2009

SOSPETTO


PORT MUNGO, Patrick McGrath, Bompiani

Julian era un tipo abbastanza simpatico, ma ben presto incominciò a infastidirmi. Era cortese, attento e rispettoso, e a me non piacciono queste qualità in un uomo. Jack non si interessava mai a quello che pensavo. Se volevo ottenere la sua attenzione, dovevo essere sicura che i miei argomenti fossero davvero meritevoli. Julian mi apriva le porte e mi offriva da bere e mi chiedeva come stavo, e il risultato di tutto ciò fu una rapida freddezza e un repentino allontanamento da parte mia, qualcosa che stranamente sembrava piacergli, perchè subito raddoppiò le sue attenzioni. Era profondamente inglese, e a volte mi chiedo se non sia stata proprio l'indifferenza verso gli inglesi a spingermi ad attraversare l'Atlantico sulla scia di Jack.

IL LIBRO

Scrivo questo blog per ricordarmi i libri che leggo ma poi mi dimentico di scorrere i vecchi post. E' il secondo libro che "posto" di questo autore e non ero molto entusiasta nemmeno del primo. C'è questa voglia di scrivere un classico, alla Via col vento, senza, però, premunirsi dei giusti bagagli. La storia non è malvagia ma la noia è sempre in agguato. Manca qualcosa, come se il confine con un vero capolavoro fosse lì, basterebbe un piccolo saltino, e invece si continua a camminare per un lungo sentiero parallelo. In tutti e due i libri, quello dell'altro post e questo, c'è una voce narrante, una specie di testimone di una storia che non è la sua, nonostante il desiderio di prendervene parte e un episodio di incesto, che in entrambi i libri, si scopre a poco a poco come di centrale importanza.

La prima volta lo avevo letto come qualcosa di nuovo, forse anche originale nella letteratura, la seconda invece è decisamente deja . C'era davvero bisogno di restare sul campo? Interessa davvero i lettori? Perchè qualcosa duri in eterno, deve toccare il cuore dell'uomo. Questo libro, nonostante sia scritto veramente bene e appassioni a tratti, resta ancora troppo lontano.


POESIA

La bellezza non ha causa: esiste.

Inseguila e sparisce.

Non inseguirla e rimane.

Sai afferrare le crespe del prato,

quando il vento vi avvolge le sue dita?

Iddio provvederà perché non ti riesca.

EMILY DICKINSON


A COME AVVENTURA


DENTRO LA FORESTA, Roddy Doyle, Guanda.

Tom arrivò per primo. Lui non spinse e Johnny non cercò di fermarlo. Si mise giù steso accanto alla mamma, appoggiato contro di lei, con la schiena contro la sua pancia. Fece molta attenzione a non farle male alla gamba fratturata. Lei lo cinse con un braccio e Tom provò un tale senso di felicità che pensò di non essere mai stao tanto felice in vita sua. Aveva un mucchietto di terra e fango al posto del cuscino, orribile a contatto con il viso. Ma non gliene importava. Avevano salvato la mamma, e adesso lei lo teneva stretto a sè. Era di nuovo la sua mamma, ma lui era cambiato, era un ragazzo diverso. Ecco cosa provava. Aveva fatto qualcosa che lo aveva cambiato. Se la sentiva nello stomaco quella sensazione, come una bella scorpacciata, e in testa come una storiella divertentissima che avrebbe potuto raccontare un sacco di volte. Era una sensazione fantastica.

IL LIBRO

Potrebbe essere un libro per ragazzini ma non dispiace neanche ai grandi. Forse è uno dei suoi racconti meno irlandesi: l'avventura è fuori dalla madrepatria, nella fredda Lapponia, è una madre che abbandona la figlia e non il solito padre alcolizzato. in copertina c'è un commento di J. K. Rowling: "Roddy Doyle è un genio". Se lo è davvero, in questo libro è per il modo in cui racconta le cose: sembra davvero scritto da un adolescente. Lo scrittore ha insegnato per anni ed è padre di due figli, forse i ragazzi li conosce meglio di altri e riesce ad appassionarli. Ai miei alunni avevo letto un anno "Il trattamento Ridarelli", lo regalavano col Topolino e avevo chiesto a tutti di comprarlo. Era piaciuto ma non aveva entusiasmato. Secondo me, si potrebbe curare molto di più la traduzione.






Da http://www.ilsussidiario.net/
CIO' CHE UNISCE BLAIR, CLEUZA E DRAGHI

sabato 29 agosto 2009
Forse mai, come in questa edizione, abbiamo avuto la percezione che il Meeting di Rimini è, come recita il titolo, un Avvenimento. Un Avvenimento di conoscenza. L'incontro con i grandi personaggi che hanno segnato in maniera indelebile questa trentesima edizione, è stato anzitutto l'incontro con testimoni. Uomini che ci hanno aiutato a conoscere meglio, ad andare più al fondo della realtà che abbiamo intorno. È l'ulteriore conferma che l'incontro fatto, che la fede vissuta, è metodo per affrontare ogni aspetto della vita.
Dalla politica all'economia, dalla fisica alla filosofia, non c'è differenza. Tutto viene rivitalizzato quando si incontra qualcosa che ci permette di conoscere più a fondo il senso della nostra esistenza. La cosa che mi ha più colpito, nonostante siano ormai anni che partecipo al Meeting, è la letizia sui volti delle persone che ho incontrato. La gioia di Tony Blair, di Cleuza Zerbini, ma anche quella dei ragazzi del Rione Sanità di Napoli o dei carcerati della cooperativa Giotto, via via fino alle migliaia di persone che, anche quest'anno, hanno visitato i padiglioni della Fiera. Non è una felicità incosciente, ma la letizia di chi sa, di chi conosce che tutto è fatto per un destino buono.
È la stessa certezza che ci permette di dire che usciremo dalla crisi economica che abbiamo attraversato. Non siamo degli illusi o delle persone che negano la realtà. Sappiamo che gli effetti del terremoto che ha investito il mondo si trascineranno anche nei prossimi mesi, ma sappiamo anche che, dopo i fasti del mercatismo sfrenato, il mondo ha riscoperto che non esiste sviluppo se al centro non c'è la persona. Ha capito che il profitto deve essere al servizio del lavoro e non viceversa. Che c'è un lavoro dentro il lavoro che rende più umano il lavoro. Che se uno conosce il senso di ciò che fa è in grado di plasmare la realtà che gli si mostra davanti. La mostra allestita dalla Compagnia delle Opere sulle formelle del campanile di Giotto semplifica in maniera perfetta questa tensione che purtroppo, nei secoli, si è persa. Per fortuna non ovunque. In luoghi come il Meeting c'è.
Ma è una sfida quotidiana. Che non è diversa per me che di “professione” faccio il politico o per chi in questi giorni ha pulito i padiglioni della Fiera o si è messo dietro i fornelli nonostante il caldo torrido o lunedì dovrà andare nella sua impresa. È l'unica possibilità per non cadere vittima del nichilismo che ormai domina le giornate di tanti uomini e donne che conosciamo.
Ma questo avvenimento di conoscenza è aiutato dall'incontro con uomini che vivono così. Con quelli che, come recitava il titolo del Meeting 2008, sanno essere “protagonisti” della loro vita. Serve un'educazione. Per questo sono certo che ciò che è successo in questa settimana non resterà una parentesi dell'estate ma produrrà frutti. Perché anche noi, oggi, siamo testimoni di un avvenimento.
Maurizio Lupi

VACANZE


VACANZE INGLESI, Joseph Connolly, Il Saggiatore

E Lulu aveva sospirato un'altra volta perchè era vero, lo sapeva anche lei perchè: l'argomento era saltato fuori ogni giorno nei quasi due anni del loro matrimonio. John non l'avrebbe lasciata sola neanche un'istante perchè era fermamente convinto (una sera gliel'aveva perfino detto esplicitamente: era mezzo sbronzo, ma anche così...) che se l'avesse fatto Lulu si sarebbe trovata nel giro di due secondi circondata da altri uomini e a qual punto si sarebbe messa a sorridere e civettare con loro e quello era un pensiero che John non sopportava: non lo poteva sopportare, chiaro? Non riusciva neanche a reggere l'idea: Ti amo troppo per correre un rischio simile, Lulu.
"Quello non è amore, John" aveva risposto Lulu.
"E' il mio tipo di amore" aveva detto John. "E' l'unico genere d'amore che ho da darti".

IL LIBRO
British humour all'ennesima potenza. L'ho letto in spiaggia e mi sono sorpresa a ridere da sola. La storia di per sè è insulsa e superficiale ma è una bella riflessione sulla società inglese contemporanea con la sua perdita di valori, i suoi cadaveri nell'armadio e, nonostante l'apparenza appagata, i desideri di una trasgressione e le repressioni pronte ad esplodere. Dal libro hanno tratto un film francese, di cui però non so quasi niente. Nota interessante sull'autore è che per molti anni ha fatto il libraio a Londra ed ha iniziato a scrivere già "grande". Libro perfetto per risollevare l'umore e per passare il tempo mentre ci si abbronza.



TEMPO LIBERO

«L’attesa delle vacanze documenta una volontà di vivere: proprio per questo non devono essere una “vacanza” da se stessi. Allora l’estate non sarà una interruzione o una proroga al prendere sul serio la vita» (Milano Studenti, 5 giugno 1964).
Appunti di un dialogo prendendo un aperitivo con don Giussani, prima di partire per le ferie.

Dai primissimi giorni di Gioventù Studentesca abbiamo avuto un concetto chiaro e semplice: tempo libero è il tempo in cui uno non è obbligato a fare niente, non c’è qualcosa che si è obbligati a fare, il tempo libero è tempo libero. Siccome discutevamo spesso coi genitori e coi professori sul fatto che Gs occupava troppo il tempo libero dei ragazzi, mentre i ragazzi avrebbero dovuto studiare o lavorare in cucina, in casa, io dicevo: «Avranno ben il tempo libero, i ragazzi!». «Ma un giovane, una persona adulta» mi si obiettava «lo si giudica dal lavoro, dalla serietà del lavoro, dalla tenacia e dalla fedeltà al lavoro». «No» rispondevo, «macché! Un ragazzo si giudica da come usa il tempo libero». Oh, si scandalizzavano tutti. E invece... se è tempo libero, significa che uno è libero di fare quello che vuole. Perciò quello che uno vuole lo si capisce da come utilizza il suo tempo libero. Quello che una persona - giovane o adulto - veramente vuole lo capisco non dal lavoro, dallo studio, cioè da ciò che è obbligato a fare, dalle convenienze o dalle necessità sociali, ma da come usa il suo tempo libero. Se un ragazzo o una persona matura disperde il tempo libero, non ama la vita: è sciocco. La vacanza, infatti, è il classico tempo in cui quasi tutti diventano sciocchi. Al contrario, la vacanza è il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco. La risposta che davamo a genitori e insegnanti più di quarant’anni fa ha una profondità a cui essi non erano mai giunti: il valore più grande dell’uomo, la virtù, il coraggio, l’energia dell’uomo, il ciò per cui vale la pena vivere, sta nella gratuità, nella capacità della gratuità. E la gratuità è proprio nel tempo libero che emerge e si afferma in modo stupefacente. Il modo della preghiera, la fedeltà alla preghiera, la verità dei rapporti, la dedizione di sé, il gusto delle cose, la modestia nell’usare della realtà, la commozione e la compassione verso le cose, tutto questo lo si vede molto più in vacanza che durante l’anno. In vacanza uno è libero e, se è libero, fa quello che vuole. Questo vuol dire che la vacanza è una cosa importante. Innanzitutto ciò implica attenzione nella scelta della compagnia e del luogo, ma soprattutto c’entra con il modo in cui si vive: se la vacanza non ti fa mai ricordare quello che vorresti ricordare di più, se non ti rende più buono verso gli altri, ma ti rende più istintivo, se non ti fa imparare a guardare la natura con intenzione profonda, se non ti fa compiere un sacrificio con gioia, il tempo del riposo non ottiene il suo scopo. La vacanza deve essere la più libera possibile. Il criterio delle ferie è quello di respirare, possibilmente a pieni polmoni. Da questo punto di vista, fissare come principio a priori che un gruppo debba fare la vacanza insieme è innanzitutto contrario a quanto detto, perché i più deboli della compagnia, per esempio, possono non osare dire di no. In secondo luogo è contro il principio missionario: l’andare in vacanza insieme deve rispondere a questo criterio. Comunque, innanzitutto, libertà sopra ogni cosa. Libertà di fare ciò che si vuole... secondo l’ideale! Che cosa ne viene in tasca, a vivere così? La gratuità, la purità del rapporto umano. In tutto questo l’ultima cosa di cui ci si può accusare è di invitare ad una vita triste o di costringere ad una vita pesante: sarebbe il segno che proprio chi obietta è triste, pesante e macilento. Dove macilento indica chi non mangia e non beve, perciò chi non gode della vita. E dire che Gesù ha identificato lo strumento, il nesso supremo tra l’uomo che cammina sulla terra e il Dio vivente, l’Infinito, il Mistero infinito, col mangiare e col bere: l’eucarestia è mangiare e bere - anche se adesso tanto spesso è ridotta a uno schematismo di cui non si capisce più il significato -. È un mangiare e un bere: agape è un mangiare e bere. L’espressione più grande del rapporto tra me e questa presenza che è Dio fatto uomo in te, o Cristo, è mangiare e bere con te. Dove tu ti identifichi con quel che mangi e bevi, così che, «pur vivendo nella carne io vivo nella fede del Figlio di Dio» (“fede” vuol dire riconoscere una Presenza).

P.S. Oggi inizierò anch'io le mie vacanze inglesi! La prima foto è il luogo che mi sta aspettando, dove è nato mio marito.


mercoledì 29 luglio 2009

UN MONDO DIVERSO



CANTO DI NOZZE, Nagib Mahfuz, Feltrinelli

Un nuovo mondo, una nuova esperienza: Entrai a teatro per la prima volta. Un luogo enorme, con un profumo particolare, accattivante. Amm Ahmad era gracile e aveva un incarico di scarso rilievo. Chiamata dal direttore, entrai timidamente nel suo tempio sacro con il mio vestito bianco e le mie vecchie scarpe. Mi guardò dall'alto della sua statura, con i suoi occhi penetranti e lo sguardo attento. Pareva un essere terrificante e terribile. Mi scrutò in lungo e in largo. Mi consegnò un pezzo di carta per provare quant'ero veloce a scrivere i numeri.
"Avrai bisogno di un po' di pratica prima di iniziare a lavorare, signorina..." sentenziò con la sua voce stentorea.

IL LADRO E I CANI, Nagib Mahfuz, Feltrinelli
Ecco la semplice verità: Rauf Aluan non è che un cadavere putrefatto che non è stato nemmeno sotterrato. Quanto all'altro Rauf appartiene al passato come ieri, come il primo giorno della storia, come l'amore di Nabawiyya e come la lealtà di Alish. Non farti ingannare dalle apparenze; i bei discorsi non sono altro che ipocrisia, il sorriso non è che una contrazione delle labbra e la generosità è un movimento incontrollato della mano. Se non fosse stato per l'educazione, non ti avrebbe nemmeno fatto varcare la soglia di casa. Prima mi crei dal nulla e poi mi abbandoni, cambi tutte le tue idee dopo che queste si sono inculcate profondamente in me e io mi trovo smarrito, sradicato, inutile e senza speranza.

I DUE LIBRI


Premio Nobel per la letteratura nel 1988, vittima di un attentato dei fondamentalisti islamici nel 1994, morto nel 2006, è uno scrittore egiziano che mi ha suggerito Anna, una ex collega. I libri sono molto belli, raccontano di un mondo e una cultura in cui è difficile rispecchiarsi pienamente ma che stimola a riflessioni. Il Canto di Nozze è un racconto corale di un unico episodio, diversi punti di vista ci permettono di ampliarne la conoscenza e l'autore è molto bravo nell'immedesimarsi in personaggi di età e sesso differenti. Il secondo è il racconto di un perdente, di uno sfigato in un mondo dove il perdono non esiste, il fatalismo è ciò che respiri e la speranza è uguale a zero. Da bambina io non guardavo mai i cartoni di Willy il coyote, mi faceva venire il nervoso: possibile che non puoi spostarti da sotto quel masso che ti sta precipitando addosso?



DA ILSUSSIDIARIO.NET
Obama e l'America in bianco e nero
Lorenzo Albacete
mercoledì 29 luglio 2009
È cominciato tutto con un arresto. Il sergente James Crowley della polizia di Cambridge, Massachusetts, ha arrestato Henry Louis Gates Jr. di fronte alla sua casa per “disturbo della quiete pubblica”. Gates è un noto professore afro-americano alla Harvard University ed è convinto che, se fosse stato un bianco, non sarebbe stato arrestato sulla porta di casa.
La polizia era arrivata perché chiamati da una vicina (che lavora nella rivista degli ex alunni di Harvard) che aveva visto due individui che tentavano di entrare nella casa di Gates. La vicina non aveva fatto riferimento ad alcun elemento razziale, ma il rapporto della polizia parla di due neri. In effetti, vi erano due neri che cercavano di entrare nella casa: uno era lo stesso Gates che aveva perso le chiavi dell'abitazione, e l'altro il suo autista.
Il sergente Crowley, che ha un ottimo curriculum per quanto riguarda i rapporti con le minoranze, è stato colpito da quello che definisce un atteggiamento aggressivo di Gates, che era arrabbiato perché attribuiva al suo essere nero il comportamento della polizia.

Così è come e dove la storia è incominciata. Nel giro di pochi giorni continuerà in un'altra casa, la Casa Bianca a Washington, dove Gates e Crowley berranno qualche birra insieme al presidente degli Stati Uniti, il primo afro-americano ad occupare la carica più importante della nazione. Il presidente Barack Hussein (figlio di un musulmano del Kenya) non vuole che la storia finisca, vuole che diventi un “momento di apprendimento” nell'attuale fase delle relazioni razziali in America. Il presidente è rimasto coinvolto nella storia durante una conferenza stampa sulla riforma sanitaria da lui proposta al Congresso (dove ha incontrato opposizione anche all'interno del suo partito, per non parlare dei Repubblicani, che hanno visto nelle preoccupazioni degli americani sui costi del suo programma un'opportunità per tagliare le ali al presidente).
Alla fine della conferenza (che non sembra peraltro aver fugato le preoccupazioni sulla riforma), a Obama è stato chiesto dell'arresto di Gates. Pur ammettendo di non conoscere i dettagli dell'incidente, Obama ha definito «stupido» il comportamento della polizia. I giornalisti hanno subito visto le possibilità offerte da questa risposta e si sono mossi come squali impazziti all'odore del sangue. (Un commentatore che ha seguito la conferenza in TV ha osservato: «O mio Dio! Così finisce la discussione sulla sanità e d'ora in poi la questione sarà la razza!» Aveva ragione).

Tanto più che il presidente è stato costretto ad interrompere l'incontro quotidiano con la stampa alla Casa Bianca per rilasciare personalmente una dichiarazione in cui si diceva dispiaciuto per la scelta delle parole, che si era già scusato telefonicamente con il sergente Crowley e che aveva anche parlato con Gates, apparentemente disposto ad abbassare i toni della polemica.
Entrambi hanno poi accettato l'invito alla Casa Bianca. Diventerà davvero questa storia un “momento di apprendimento”? Se sì, cosa ci insegnerà? Porterà un reale progresso nella tormentata storia delle relazioni tra bianchi e neri negli Stati Uniti o semplicemente apporterà un altro mattone ai discorsi e ai comportamenti politically correct?
Per il presidente Obama questa è un'occasione per mostrare di nuovo i vantaggi del suo metodo “relativismo con certezza”. Sarà interessante vedere cosa succederà.




mercoledì 22 luglio 2009

RESPONSABILITA' MORALE


IL CAMMINO DI HENRY, Domenico Del Coco, Editrice Nuovi Autori

Non penso a cosa? Sono vedovo a 28 anni e non ho creato la mia famiglia. Adelaida è morta e tu cosa fai? Mi porti ad un cimitero! A vedere queste cose! Del resto la tua vita è stata più facile, pensavi a divertirti perchè ero quello maggiore... E poi vedere un ragazzo ucciso non ti dà da pensare? Che ne sai se è entrato in quel giro per portare aventi la famiglia? Ci sono giovani che entrano in certi giri per sfamare bocche! E' sbagliato ma se non hanno altre scelte mi dici che devono fare? Non hanno opportunità e si arrabattano come possono. Ho giudicato troppo. Ho lasciato andare la mia testa senza considerare gli stati d'animo. Anche stavolta ho fallito. Giudico, giudico, giudico senza pensare! Non ne posso più di avere pensieri nella mia testa ogni volta che vedo qualcosa di sbagliato! Ho una morale tutta da rifare! Sono io da rifare! Lo capisci sì o no?

IL LIBRO

Opera prima di un giovane amico. Se ne ammira la perseveranza: ha voluto scrivere un libro, ha cercato chi lo pubblicasse e ci è riuscito. Il testo rispecchia l'autore: fragile, talvolta naif e con un'idea molto romantica della società inglese che non c'è più. Un po' Jane Austen un po' teatro dell'assurdo. Ha un tocco originale: mischiare il romanticismo inglese con altre culture, dal Grand Tour alla mafia nostrana. Una pecca è la mancata ricerca storica: difficilmente una famiglia dalla Sicilia migrava per servire la nobiltà inglese e Birmingham all'epoca era pressocchè inesistente. Scopo del libro non è però l'accuratezza dei dettagli, su cui si sorvola facilmente, è invece la crescita di Henry, il suo cammino umano e, soprattutto, la sua morale, un po' donchisciottesca ma sicuramente autobiografica. Buona continuazione, Domenico!
CARITAS IN VERITATE

La carità nella verità, di cui Gesù Cristo si è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera. L'amore - "caritas" - è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. E' una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr Gv 13,6). Tutti gli uomini avvertono l'interiore impulso ad amare in modo autentico. amore e verità non li abbandonano mai completamente, perchè sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo. Gesù Cristo purifica e libera dalle nostre povertà umane la ricerca dell'amore e della verità e ci svela in pienezza l'iniziativa di amore e il progetto di vita vera che Dio ha preparato per noi. In Cristo, la carità nella verità diventa il Volto della sua Persona, una vocazione per noi ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto. Egli stesso, infatti, è la Verità. (cfr Gv 14,6)

Benedetto XVI, Lettera Enciclica

sabato 18 luglio 2009

LETTURE POCO IMPEGNANTI

(foto di Claudio Romani)

LA MIA VITA SU UN PIATTO, India Knight, Feltrinelli

Il mio nome è Clara, molto grazioso, e il cognome è Hutt, che grazioso non è affatto, sebbene mi permetta mi permetta di pensare a me come a Jabba the Hutt (ndr. un personaggio di Star Wars) nei momenti in cui mi detesto con maggiore intentsità. E questa è una cosa utile. Ho due bambini: Charlie, di sei anni, e Jack, di tre. Ho un marito, Robert, che costituisce un mistero (c'è qualcuno che sappia effettivamente cosa passa per la testa del proprio marito, o sono solo io a non saperlo?), per quanto molto attraente. Collaboro part time come scrittrice a una rivista, ho una grande casa, dei bei vestiti e delle amiche che non puzzano di vomito, più qualcuna che invece sì, puzza. Ho trentatre anni. E a volte mi sveglio con la subdola sensazione che la mia vita non possa essere tutta qui.

IL LIBRO

E' come Bridget Jones dopo otto anni di matrimonio. Divertente ma molto lontano dalla realtà. Innanzitutto l'ambiente circostante: upper class lontano da ogni crisi domestica. In secondo luogo il divorzio descritto: indolore. Il tutto scritto maledettamente bene, considerando soprattutto che questa è la sua prima opera. E' un bel libro estivo, qualche dose di umorismo e nulla di particolarmente profondo. Che anche i ricchi piangano, non è proprio un credo assoluto! Soprattutto quando i problemi e le crisi sono dati più dalla noia che dall'essere impegnati con la realtà. Ho cercato la biografia dell'autrice e ho scoperto che il libro rispecchia un po' la sua vita: uno dei suo patrigni è addirittura il famoso architetto Norman Foster! Nata nel 65, ha avuto tre figli e il più piccolo ha una sindrome cromosomica, di quelle che conosci solo se ci sei dentro e al cui proposito ha aperto un blog sul Times on line, intitolato Isn't she talking yet?

LA GENERAZIONE NE' NE'
Il maestro D’Orta: oggi Pinocchio e Lucignolo non chiedono teorie, ma l’esperienza delle cose.

La chiamano “generazione né-né”, sulla falsa riga di quella che in Spagna viene detta Generación ni-ni magari con la speranza che l’inventore di questa nuova locuzione passi alla storia. Il termine riassume la non intenzione né di studiare né di lavorare e dovrebbe descrivere lo stato d’animo di una grossa fetta di giovani che vivono l’attuale periodo di crisi economica e di valori. Un atteggiamento lassista, rinunciatario e inconcludente, privo di un orizzonte professionale ed esistenziale che sembra sempre più prendere piede fra le fila delle nuove leve. Per quanto riguarda il primo “né”, ossia la non voglia di studiare, di frequentare una scuola e diplomarsi, abbiamo chiesto a un esperto e famoso maestro, qual è Marcello D’Orta, di aiutarci a comprendere quanto di vero ci sia in questa denuncia e quali possono essere le “vie d’uscita”, il metodo per far sì che i giovani possano tornare a interessarsi allo studio.

Maestro D’Orta, di colpo i giornali si sono accorti che non è bello andare a scuola?

Credo che in nessun’epoca sia mai “piaciuto” andare a scuola, ma almeno una volta c’era la promessa di un lavoro. I nostri genitori qui a Napoli dicevano «se non ti prendi il “pezzo di carta” da grande non potrai fare nemmeno lo spazzino». E credo fosse un monito diffuso in tutta Italia se non in tutto il mondo. Ormai sono anni che si è capito che il lavoro non è consequenziale al fatto di essere andati a scuola. Prevale l’istintività: non appena un giovane si accorge che molte persone, pur non essendo passate neanche per sbaglio da una scuola, hanno un’occupazione e un reddito più che buono, si tuffano a pesce nel mondo del lavoro, sempre che lo trovino.

Nella sua esperienza di maestro ha mai riscontrato cambiamenti generazionali in questo senso?

Come dicevo, c’è sempre stato un rifiuto istintivo nei confronti dell’istituzione scolastica. Però qualche giorno fa mi sono imbattuto in questa frase letta su un giornale: «probabilmente oggi Pinocchio e Lucignolo non andrebbero più nel Paese dei Balocchi, ma resterebbero a scuola». È ovviamente una provocazione, ma è molto significativa rispetto a quanto accade nelle odierne aule scolastiche. Più che le generazioni è la scuola ad essere radicalmente cambiata. Ha perso il proprio prestigio e, soprattutto, la propria autorità, cosicché andarci non appare più così gravoso come un tempo. Ma nemmeno appare più utile. Una volta il maestro era un Maestro. Interrogava, dava le note, bocciava, ma insegnava anche qualcosa. Ora, alla faccia delle bocciature di quest’anno, è tutto percepito nell’inutilità. Anche le stesse bocciature rischiano di essere una pagliacciata perché nove volte su dieci il Tar dà ragione ai genitori che fanno ricorso. In questo clima causato, è doveroso dirlo, dal disastro del ’68, è veramente difficile riuscire ad insegnare qualcosa.

È anche difficile appassionare, a quanto pare. Qual è il metodo migliore per infondere in uno studente l’interesse per una materia scolastica?

Occorre chiarire anzitutto una cosa: gli uomini in sé amano il sapere. Non mi è mai capitato di riscontrare il contrario in tanti anni di esperienza. I ragazzi, anche i bambini, amano imparare. Non è vero il cliché che dipinge i giovani come una massa di disperati che non ne vogliono sapere di niente. Il problema è che questa aspettativa di conoscere viene continuamente tradita sotto due versanti: da un lato nell’assenza di un riferimento certo e dall’altro nella riduzione della conoscenza a nozionistica. Questi due fattori fanno sì che la scuola sia vista in negativo. Io sono un seguace di Gianni Rodari quando domanda: «perché imparare piangendo quando si può farlo ridendo?». Quindi da un lato occorre un maestro che sia davvero concepito come un’autorità, dall’altro un metodo che “vivifichi” la nozione.

Come si traduce concretamente questa indicazione?

In termini di esperienza. Chiediamoci perché esistono i programmi di Piero e Alberto Angela. Probabilmente perché da giornalisti hanno un modo di proporre argomenti e questioni che manca alla gran parte degli insegnanti. Ma si può parlare qui a Napoli dei Borbone senza portare i bambini a vedere la Reggia di Caserta?
Faccio un esempio. Ad Ancona esiste un “museo tattile” che reca al suo interno le riproduzioni di opere d’arte dal periodo dell’Antico Egitto ai giorni nostri. Questo museo fu creato per iniziativa di associazioni di non vedenti i quali, impediti per ovvie ragioni dal toccare le opere d’arte, hanno voluto ricrearle per comprenderne la foggia. Da questa idea semplice, ma ricca di interesse oggettivo, è nato un museo che ha riscosso e continua a riscuotere un grandissimo successo. Insomma la voglia di sapere c’è ad ogni età e ad ogni condizione, se viene a mancare è sempre per colpa di una delusione.

Oltre alla delusione nello studio c’è però anche una scarsa aspettativa nei confronti del futuro. In effetti la disoccupazione esiste. Non crede che un’educazione come si deve dovrebbe anche insegnare a non scoraggiarsi aspettando che un aiuto piova dal cielo?

Assolutamente. Il problema è che oggi in famiglia i ragazzi sono iperprotetti. La famiglia li mantiene, un po’ perché la società non dà effettivamente grandi prospettive, un po’ anche perché “ci marciano”. Credo che in questo senso il compito ultimo della scuola non è tanto quello di istruire, ma quello di educare, assecondando il desiderio di sapere ma anche quello di diventare uomini. La conquista segue sempre una lotta.
Il problema è che le due grandi istituzioni su cui dovrebbe reggere ogni società, e cioè la famiglia e la scuola, oggi purtroppo si stanno sfaldando: nel migliore dei casi c’è il papà-uomo e la mamma-donna. Per il resto l’orizzonte familiare sta diventando confuso tanto quanto quello scolastico.

Un’ultima domanda sulla sua esperienza locale. Oltre a quanto ha detto quali altri problemi affliggono il Sud nel campo educativo?

Nel caso specifico di Napoli le cose peggiorano perché la camorra è molto attenta all’evasione scolastica dei ragazzi. Un bambino di 9 o 10 anni sa benissimo che solo facendo il “palo” per gli spacciatori guadagnerà un bel po’ di soldi. E sa ancora meglio che gli spacciatori per i quali fa il lavoretto incassano in un giorno quello che suo papà percepisce in 15/20 giorni di lavoro. Se non si antepone un ideale forte a questa situazione, è ben difficile che facendosi via via adulto resista alla tentazione di seguire una strada non proprio ortodossa.



P.S. Ho conosciuto ad un corso di aggiornamento la sorella del maestro D'Orta, una maestra anche lei: impossibile non notarla, una potenza di opinioni!

martedì 14 luglio 2009

PUNTI DI VISTA DIVERSI


(foto di Claudio Romani)


VENDETTA A FREDDO, Lee Child, Longanesi.

"E' una china pericolosa", risponde lui. "Se mi porto dietro una maglietta di ricambio, ben presto mi porterò dietro anche un paio di pantaloni di ricambio, poi avrò bisogno di una valigia. In men che non si dica avrò una casa. una macchina, un piano di risparmio e sarò costretto a riempire ogni sorta di moduli".

"La gente lo fa".

"Io no."

"Quindi, come ho detto: da che cosa scappi?"
"Dall'essere come la gente, suppongo".
"Io sono come la gente. Ho una casa, una macchina e un piano di risparmio. Riempio moduli."
"Qualunque cosa ti stia bene, falla."
"Mi consideri ordinario?"
"Da questo punto di vista sì".
"Non tutti possono essere come te".
"E' il contrario. Il fatto è che alcuni di noi non possono essere come te."
"Vorresti esserlo?"
"Non si tratta di volere: semplicemente non si può."
"Perchè no?"
"D'accordo, sto scappando."
"Da che cosa? Dall'essere come me?"
"Dall'essere diverso rispetto a quello che ero".
"Siamo tutti diversi da quello che eravamo".
"Non a tutti piace per forza".
"A me non piace", ammise O'Donnell. "Ma guardo in faccia la realtà".

Il LIBRO



Cominciano le letture estive.

Mi piacciono i polizieschi soprattutto se il detective è lo stesso. Avrò visto le repliche della signora in giallo più di una volta! Qui Jessica Fletcher è Jack Reacher, più violento, più attraente e con una forte personalità. Ha uno stile di vita particolare e una filosofia tutta sua. Di lui si conosce un po' tutto, dalla famiglia alla carriera e ogni libro rivela qualcosa in più. Quest'ultimo non è il migliore, probabilmente l'autore ha tempi da rispettare, entrate da desiderare ma è pur sempre piacevole e gli intrecci sono ben costruiti. Pur essendo l'autore inglese, è evidente il suo amore per gli Stati Uniti, qui in all'erta per un nuovo undici settembre. Per chi non conoscesse l'autore, consiglio di leggere in ordine cronologico i suoi libri: il protagonista appassionerà di più.






ERRORE DI PROSPETTIVA? MOLTO DISCUTIBILE!


NEW YORK - «Se la buona madre è colei che ama i propri figli più di qualsiasi altra cosa al mondo, allora io non sono una brava madre. Amo mio marito più dei miei figli, per me accessori». È bastata questa frase, scritta nel 2005 in un editoriale sul New York Times, per trasformare Ayelet Waldman nella mamma più odiata d’America. Ma invece di farsi intimidire dagli insulti delle croniste tv e dalle minacce via web, la 44enne autrice, avvocato e moglie del celebre - e bellissimo - romanziere Michael Chabon è tornata al lavoro per approfondire le sue tesi, eretiche nell’America post-femminista. Il risultato è «Bad Mother», il bestseller che ha spaccato in due il Paese. Mentre l'Huffington Post lo definisce «un must per ogni madre del pianeta», per Elle è «terrorismo letterario».
FIGLI PIÙ FELICI - «Penso che le mamme debbano dire la verità, specialmente quando fa male - racconta l'autrice a Corriere.it -. Il mondo cerca costantemente di farci sentire cattive madri. Purtroppo riuscendoci: la maggior parte di noi vive con questo senso nascosto e perenne di colpa e inadeguatezza». Scrittrici come Peggy Orenstein e Meg Wolitzer hanno osannato il capitolo in cui la Waldman afferma che i figli allevati sapendo di essere marginali sono «più felici, indipendenti, sani e longevi dei cocchi di mamma, iper-protetti e viziati». «I miei quattro figli non ce l’hanno con me per ciò che affermo - dice - perché sono incredibilmente sicuri. I genitori dei loro amici stanno tutti divorziando mentre loro sanno che papà e mamma staranno insieme per sempre e ciò li rende sereni e felici». In materia d’educazione sessuale, la sua strategia è semplice: «Ho messo una trousse colma di profilatici multicolori nella loro stanza da bagno, per abituarli all’idea, quando sarà ora».
FEMMINISMO - La parte del libro che ha indignato di più le lettrici del sito MyBaby.com è quella in cui afferma «potrei sopravvivere la perdita di un figlio, non quella di mio marito». Eppure la critica del New York Times Susan Dominus si è commossa per il capitolo dove la Waldman rievoca il giorno di Yom Kippur quando, di fronte all’intera sinagoga, lesse una lettera di espiazione dedicata al figlio, abortito dopo aver scoperto che era portatore di difetti genetici. «Gli implorai perdono - racconta - per essere una madre tanto inadeguata da non poter accettare un bambino imperfetto». Migliaia di donne e femministe reduci da un'esperienza analoga le hanno scritto commosse per ringraziarla. «Però molte femministe mi rimproverano di aver usato la parola bambino, invece di feto» puntualizza lei. E proprio il femminismo, secondo l’autrice, ha reso il mestiere di madre infinitamente più difficile. «Il nostro multi-tasking ha raggiunto livelli parossistici. Dobbiamo essere perfette in tutto, mentre per essere definiti modello, ai padri basta presentarsi alla partita o al compleanno del figlio». Le promesse tradite di una società più equanime avrebbero generato nelle donne un risentimento che cova sotto la cenere. Con conseguenze disastrose anche sulla vita sessuale della coppia.
SESSO E COPPIA - «L’uomo usa il sesso per rilassarsi dopo una giornata di stress e duro lavoro. Per noi donne è vero il contrario. Se poi dopo 8 ore in ufficio dobbiamo anche sobbarcarci i lavori domestici, è la fine dell’eros». Conclusione: «La vita sessuale di una donna è relazionata all’aiuto del marito in casa. Non c’è nulla di più sexy per una moglie con prole di un uomo che passa l’aspirapolvere». Anche se in libreria «Bad Mother» va a ruba, la Waldman è una delle rare scrittrici ad essere stata insultata durante il popolare show femminile The View e fischiata all’Oprah Winfrey Show. Come verranno recepite le sue teorie nella Vecchia Europa? «Gli inglesi applaudiranno senza riserve e i francesi soffieranno anelli di fumo in aria, scuotendo le loro galliche spalle e chiedendosi perché noi americani ci torturiamo così inutilmente. In Italia non riesco ad immaginare una madre che ami qualcuno, Dio compreso, più del figlio». Dopo aver trascorso le due ultime estati in Toscana, l’autrice descrive l’Italia come «un Paese ormai senza più bambini, che stravede quando ne incontra uno». «Camminare in una via italiana con un bimbo in braccio è come trasportare un’enorme torta nuziale. Tutti vogliono assaggiarla».

CORRIERE DELLA SERA, 16 giugno 2009