domenica 6 giugno 2010

PRONTI PER IL VIAGGIO


UNA SETTIMANA ALL'AEROPORTO, Alain de Botton, Guanda.

Agli albori dell'epoca industriale, fu facile motivare la forza lavoro utilizzando un unico strumento, molto semplice: la frusta. I lavoratori potevano essere picchiati con violenza e impunemente, per incoraggiarli a cavare pietre o a vogare con maggior entusiasmo. Ma con l'aumento delle mansioni - all'inizio del Ventunesimo secolo l'industria costituisce ormai il settore dominante del mercato - si è dovuto ridiscutere le regole: il lavoro può essere svolto con profitto solo se i lavoratori sono pienamente soddisfatti, e non costretti ad obbedire con riluttanza. Quando è diventato chiaro, per esempio, che una persona incaricata di spingere le carrozzine degli anziani in giro per il terminal o di servire pasti ad alta quota non può farlo se è imbronciata o arrabbiata, il benessere psicologico dei dipendenti ha cominciato a diventare uno degli interessi commerciali primari delle aziende.
Da queste regole è nata l'arte del management, una serie di comportamenti studiati per indurre, e non estorcere, l'impegno nei lavoratori e che, alla British Airways, ha ispirato l'organizzazione di seminari di training motivazionale, l'accesso libero in palestra e la mensa gratuita per ottenere uno scopo davvero calcolato, fragile e per nulla sentimentale: cortesia e buone maniere.

IL LIBRO

In copertina c'è scritto "acuto e molto divertente" Acuto non lo so ma divertente non lo è davvero. Forse colpa del traduttore. L'autore è spesato per stare una settimana nell'aeroporto di Heathrow e scrivere di ciò che vede. Alcune delle cose che osserva sono davvero molto interessanti. Come la storia della ragazza polacca che paragona l'autore di Quo Vadis? con un altro connazionale: tutto sembra rilevare una ricercatrice universitaria ed invece non è che una prostituta di alto livello. Il problema della letteratura contemporanea è che necessita di continuo aggiornamento, diventa subito "superata". In questo caso manca il vulcano islandese, che ha bloccato a Madrid mia figlia maggiore, quasi disperata e senza soldi, e la crisi economica che vede la compagnia di bandiera sempre più a rischio.
P. S. sulla motivazione al lavoro. Io farei il mio lavoro anche gratis perchè mi piace davvero tanto, credo che la nostra ministra lo abbia scoperto. L'anno prossimo dovremo organizzare il tempo pieno con tre insegnanti in meno in organico: non c'è frusta che funzioni. La quantità di ore è salva. Infatti i bambini faranno quaranta ore come sempre ma vedranno un sacco di insegnanti, alcuni solo per due ore di mensa, altri per una materia sola. Alla faccia della maestra unica! E peggio delle medie! E dalla parte degli insegnanti non vi dico come sia impossibile formulare un orario, ci sono un sacco di spezzoni, gente che va a casa due ore e poi torna. E la prospettiva è di continuare così fino all'età di 65 anni?
Qualcuno mi sa spiegare perchè l'iinalzamento dell'età pensionabile vale solo per le donne statali? Forse le impiegate in ufficio, commesse nei negozi, cassiere dei supermercati... lavorano di più?

DA KAMPALA UNA LEZIONE PER CHI VUOLE EDUCARE
Lo scorso 21 maggio a Kampala, dopo aver partecipato a una tavola rotonda sull’educazione di qualità nei paesi in via di sviluppo, ho inaugurato la scuola secondaria intitolata a Don Luigi Giussani.
Rose Busingye ha spiegato che “l’idea di costruire una nuova scuola nasce dal fatto che nessuno educa i ragazzi a riconoscere il loro valore e la loro dignità. Nelle scuole questo non succede. Soprattutto in Africa i ragazzi sono trattati male, spesso picchiati, ed escono che sono peggio degli altri. Quello che invece è importante è un rapporto che riconosce il valore dell’altro, dove l’altro non deve diventare lo schiavo delle tue idee, dove l’educatore ti deve accompagnare al tuo destino”.
Quello di Rose è un ritratto della sfida con cui si confronta la nostra società. L’opera che è appena nata è il frutto del lavoro di persone che devono costituire un esempio per chi gestisce una scuola o addirittura un intero sistema scolastico. Per educare oggi non dobbiamo dare per scontato il soggetto, cioè il giovane o l’adulto di fronte a noi.
Inoltre non dobbiamo considerare ovvio il fatto che questo giovane o adulto possiede nel profondo il desiderio di imparare. Anche se non è cosciente del desiderio, è dentro di lui. Un insegnante può iniziare a risvegliare quel desiderio dello studente solo se non dà per scontato lo studente stesso. Allo stesso modo nessuna istituzione, né la Chiesa né il governo, possono dare per scontato l´interesse delle persone.
I giovani stanno pagando a causa dello scetticismo di adulti che pensano come Malraux che “non c’è nessun ideale per cui valga la pena sacrificarsi, perché tutti sono bugiardi e nessuno conosce la verità”. Senza una verità convincente e credibile da proporre, gli adulti non risveglieranno l’interesse dei giovani, perché sapranno che gli adulti non credono in quello che dicono.
Gli studenti hanno bisogno di essere introdotti alla totalità della realtà e di mostrare la sua rilevanza per la loro vita. L’educazione non è altro che rispondere alla domanda di senso che nasce da un incontro con la realtà. Se abbandoniamo questo a favore della neutralità stiamo fondamentalmente abbandonando l’educazione. Abbandoniamo ciò che é necessario per essere pienamente umani.
Sarebbe irrazionale dare a un bambino un giocattolo e non dirgli come funziona. Abbiamo ricevuto il più bel dono che l’uomo possa ricevere, la vita, ma non abbiamo le istruzioni di come funziona la vita. Un insegnante può dare questa ipotesi di significato in modo ragionevole solo come autorità. E l’autorità è chi ti aiuta a crescere.
La grande sfida che abbiamo di fronte a noi è se siamo in grado di offrire qualcosa che sia abbastanza attraente da risvegliare la ragione e la libertà della persona. Offrire questo non è un’imposizione. È semplicemente il più grande servizio che possiamo dare ai nostri giovani. È la stessa cosa di quello che un padre desidera per i propri figli. Solo in questo modo possono ringraziarci per avergli donato la vita, perché sarebbe ingiusto introdurli in questo mondo senza offrirgli un’ipotesi di significato.
Che cos’è la verità? Nessuno ha questa risposta. Ma possiamo incontrarci e riconoscere la verità e siamo tenuti a servirla. La verità è un uomo che offre se stesso, che ci viene incontro, che ha un giudizio sulla realtà. È quell’uomo il cui cuore è destato dallo spirito e capace di sfidare il mondo oltre il suo male. E andando oltre il suo male c’è la responsabilità di costruire il bene per tutti.
MARIO MAURO (da www.ilsussidiario.net)

2 commenti:

merins ha detto...

gli statali sono gli odierni servi della gleba...ahinoi!

palmy ha detto...

Che bella quell'immagine della donna africana...