domenica 23 ottobre 2011

Crisi di senso

VEDERE CON IL CUORE, Sabriye Tenberken, Corbaccio
"Cosa significa tutto ciò?" chiese Paul, che era rimasto sulla terrazza. Nei giorni e nelle settimane scorse, gli avvenimenti erano stati talmente veloci che ora ce ne stavamo lì, confusi e sfiniti, come se ci stessimo lentamente svegliando da un sogno emozionante. "Dobbiamo chiederci che cosa significa."
Paul e io ci eravamo sempre posti questa domanda prima di ogni azione intrapresa nei sette anni passati. Pensavamo che non bastasse valutare se le molte idee che ci erano venute per le attività del centro fossero buone in sè, ma che fosse necessario anche analizzare criticamente se avessero un senso.
Quali erano le attese cui doveva rispondere questa spedizione? Gli alpinisti erano interessati all'impresa sportiva. Erik inseguiva un suo sogno. I ragazzi speravano in un'amicizia duratura con gli injiis. "E voi cosa vi aspettate?" chiese di colpo Sybil rompendo il silenzio. Finora si era tenuta per lo più in disparte e aveva osservato gli avvenimenti dallo sfondo. Riflettei: "Per non non è importante che i nostri ragazzi diventino dei grandi atleti. No, penso ad altro, direi quasi il contrario..." Esitai e Paul completò il mio pensiero. "Forse potrebbero imparare che nella vita non devono necessariamente conquistarsi tutto da soli. Potrebbero fare esperienza di cosa significhi raggiungere insieme una meta."

IL LIBRO
Storia vera di come una normalissima ragazza tedesca non vedente possa cambiare il mondo. Senza clamore, infatti io di lei non sapevo nulla. E' da settembre che sono di casa all'Istituto dei Ciechi di Milano.
Ho partecipato a due corsi, imparando anche il Br
aille perchè ho un'alunna non vedente. Una relatrice ha raccontato di questa ragazza, autrice del libro che ha fondato un'associazione, "Braille ohne Grenzen" che è la sua missione nella vita. Apre scuole nei paesi dove i ciechi hanno meno possibilità di inserirsi nel tessuto sociale. Ha cominciato col Tibet, ora è in India dove ha ottenuto il Mother Teresa Award. Il libro che in italiano ha un titolo un po' sdolcinato, ma in tedesco si intitolava "Il settimo anno", racconta della spedizione sull'Everest di lei, un gruppetto di suoi alunni e la troupe che li accompagna. La spedizione però è un po' una scusa per raccontare della scuola, delle difficoltà e soddisfazioni che la sua fondazione ha portato, e della vita dei ragazzi. Bella storia che interroga sulla missione di ciascuno di noi nel mondo.


La crisi e il futuro del nostro modello di sviluppo
(Mauro Magatti)
Crisi come perdita di rapporto con il reale
1. Di fronte ad una crisi di rapidità e intensità inaspettate, la tesi secondo la quale il
crollo dei mercati finanziari sarebbe da attribuirsi agli illeciti di un gruppo di manager attratti dalla prospettiva di facili guadagni appare ormai del tutto inadeguata.
A “deviare” – per riprendere l’espressione usata dal Ministro Tremonti - non è stato un gruppo di malaffare che avrebbe espugnato Wall Strett, ma un intero modello di sviluppo o, per meglio dire, quello “spirito del capitalismo” che – affermatosi come nuova ortodossia - ha, negli anni, raggiunto le sue conseguenze più estreme. A teorizzare le pratiche che oggi vengono condannate ci sono stati premi nobel, grandi manager, politici di primo piano, per non dir nulla della presidenza della FED, di gran lunga l’istituzione più importante dell’intera architettura americana. Altrove ho parlato di “capitalismo tecno-nichilista” come di un sistema che, sfruttando la sistematica separazione tra le funzioni e i significati, si è progressivamente affermato quale modello di riferimento nel corso degli ultimi due decenni. E come negli anni ’70 – con la crisi fiscale dello stato, l’esplosione della soggettività, l’ingovernabilità degli apparati burocratici - sono affiorati i problemi dello statalismo, così la crisi nella quale siamo immersi (per limitarci solo a quella economico-finanziaria) mette a nudo le contraddizioni derivanti dall’eccesso di “mercatismo”.
Come allora, ci troviamo di fronte ad una crisi di crescita: se gli anni ’70 hanno messo a nudo l’esaurimento del modello che aveva permesso vent’anni di sviluppo iniziato nel secondo dopoguerra, così la crisi finanziaria dell’autunno 2008 porta in superficie l’urgenza di correggere il modello capitalistico che si è imposto negli ultimi vent’anni.
Ciò non significa affatto pensare che siamo alla vigilia di cambiamenti epocali, ma che, più modestamente, da questa crisi prenderanno avvio movimenti profondi che porteranno - lentamente e faticosamente - ad una revisione di un tale modello.
In tale prospettiva, la crisi non è riducibile ad una questione di tipo tecnico: per quanto non possa essere compresa trascurando tale dimensione, la sua origine e la sua natura sono molte diverse.
2. Quanto accaduto può essere spiegato ricorrendo ad una similitudine. Per fare la maionese occorre sbattere il tuorlo dell’uovo in modo da farne aumentare il volume aumenta facendovi entrare aria. Ma, come tutti coloro che hanno provato, la miscela che, in questo modo si viene a formare, ha la caratteristica di essere altamente instabile. Basta poco e la maionese “impazzisce”.
In effetti, lo sviluppo del sistema finanziario degli ultimi 30anni ha reso possibile uno straordinario aumento del volume delle risorse disponibili su scala globale: mediante l’introduzione di strumenti tecnici sempre più raffinati, non solo è aumentata vorticosamente la velocità degli scambi finanziari, ma è cresciuto anche, su scala planetaria, il volume complessivo delle risorse disponibili. E’ stato grazie a questo movimento che ciò che abbiamo chiamato globalizzazione ha potuto sostenersi.
Proprio quella innovazione finanziaria, di cui oggi vediamo l’inconsistenza, è stata uno degli ingredienti dello sviluppo economico globale degli ultimi due decenni.
3. Il sistema ha funzionato molto bene per diversi anni e la sua crisi – come quando la maionese impazzisce - è probabilmente dovuta a errori e esagerazioni che avrebbero potuto essere evitate. Ma il punto su cui conviene soffermarsi è un altro.
Il problema è che, come la nostra maionese, l’architettura finanziaria su cui tale sistema si basava era estremamente precaria. E nonostante molti osservatori ne abbiano sottolineato la vulnerabilità, poco o niente è stato fatto.
La ragione sta nel fatto che “il regime di giustificazione” di un tale modello si è basato sulla combinazione tra un discorso di tipo tecnico e una visione iperindividualizzata dell’essere umano. Il sistema, cioè, si è affermato ed è cresciuto perché “funzionava” e perché, nel contempo, era in grado di espandere la libertà individuale. L’edificazione di un tale sistema è stato un processo piuttosto lungo. Ma, alla fine, esso si è imposto, sbaragliando le visioni economiche concorrenti. Ciò è avvenuto mediante la sistematica rimozione di una serie di restrizioni la cui origine risaliva all’epoca del new deal e, più in generale, alla revisione - fino al completo abbandono - del pensiero economico operato da J.M. Keynes
Per chi volesse proseguire nella lettura:

domenica 9 ottobre 2011

SIATE AFFAMATI. SIATE FOLLI.

L'ARPA DI DAVITA, Chaim Potok, Garzanti
Ho amato mio fratello. Mi accorgo di non riuscire a credere alla sua morte. Diversamente dai miei genitori, non penso che la politica possa dividere una famiglia. Tale convinzione si consolida sempre di più in questo tragico e tetro paese. Qui l'odio dell'uomo per l'uomo è sconfinato e insondabile, il massacro supera ogni immaginazione. Siamo una specie spregevole e maledetta e se non fosse per la grazia di Dio, la vita intera sarebbe un travaglio senza speranza. So quanto per te la fede non sia che una chimera, un'illusione gettataci in pasto dagli uomini di potere in modo da renderci la vita sopportabile, sì da consolidare il potere nelle loro mani. Ma , Anne, mia cara, ciò che tu chiami illusione, non è semplicemente il sogno di qualcun altro, che tu disapprovi? E cosa dire della rivoluzione dei tuoi lavoratori, della tua società senza classi, del tuo sogno di una rapida fine del conflitto sociale, della penuria economica e della degradazione e misura dell'individuo? Se la fede in Dio è una mera illusione, allora perchè non dovrebbe esserlo altrettanto la fede nell'uomo? Anne, non sono anche i tuoi sogni un'illusione? Mi sembra che coloro che non badano ai mezzi impiegati per conseguire i loro fini, anzi coloro che giustificano ogni cosa in nome di uno scopo, abbiano bisogno di illusioni molto di più di quegli altri che scorgono nell'umanità la sofferenza, il peccato e la potenza gloriosa della fede in nostro Signore Gesù Cristo".

IL LIBRO

Un altro spaccato di storia americana, europea e del popolo ebraico. Mi piacciono gli intrecci tra fatti storici, personaggi reali e creati dall'autore. Una volta che si inizia a leggere è difficile smettere e non c'è "attività" informatica che tenga. Mi accorgo infatti di passare sempre più tempo al computer, non riesco nemmeno a preparare una lezione senza averlo acceso ma è solo la lettura di un libro che mi rilassa veramente.


DISCORSO DI STEVE JOBS ALL'UNIVERSITA' DI STANFORD

Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.

La prima storia parla di “unire i puntini”.

Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perchè ho smesso?

Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei “veri” genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: “Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?”. Risposero: “Certamente”. La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università.

Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. OK, ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti.

Non era tutto così romantico al tempo. Non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; portavo indietro i vuoti delle bottiglie di coca-cola per raccogliere quei cinque cent di deposito che mi avrebbero permesso di comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per sette miglia attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva. Gran parte delle cose che trovai sulla mia strada per caso o grazie all’intuizione in quel periodo si sono rivelate inestimabili più avanti. Lasciate che vi faccia un esempio:

il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi ‘ufficiali’e pertanto non dovevo seguire le classi da piano studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello visto là attorno. Ho imparato dei caratteri serif e sans serif, a come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende la migliore tipografia così grande. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto ‘catturarlo’, e trovavo ciò affascinante.

Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Machintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer dalla bella tipografia. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto multipli caratteri e font spazialmente proporzionate. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato, se non fossi incappato in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida tipografia che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca ‘unire i puntini’e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto diventò molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo.

Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete... questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita.

La mia seconda storia parla di amore e di perdita.

Fui molto fortunato - ho trovato cosa mi piacesse fare nella vita piuttosto in fretta. Io e Woz fondammo la Apple nel garage dei miei genitori quando avevo appena vent’anni. Abbiamo lavorato duro, e in dieci anni Apple è cresciuta da noi due soli in un garage sino ad una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. Avevamo appena rilasciato la nostra migliore creazione - il Macintosh - un anno prima, e avevo appena compiuto trent’anni... quando venni licenziato. Come può una persona essere licenziata da una Società che ha fondato? Beh, quando Apple si sviluppò assumemmo una persona - che pensavamo fosse di grande talento - per dirigere la compagnia con me, e per il primo anno le cose andarono bene. In seguito però le nostre visioni sul futuro cominciarono a divergere finché non ci scontrammo. Quando successe, il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così a trent’anni ero a spasso. E in maniera plateale. Ciò che aveva focalizzato la mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante.

Non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto, per qualche mese. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori, che avevo lasciato cadere il testimone che mi era stato passato. Mi incontrai con David Packard e Bob Noyce e provai a scusarmi per aver mandato all’aria tutto così malamente: era stato un vero fallimento pubblico, e arrivai addirittura a pensare di andarmene dalla Silicon Valley. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: amavo ancora quello che avevo fatto, e ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato questo di un nulla. Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Così decisi di ricominciare.

Non potevo accorgermene allora, ma venne fuori che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.

Nei cinque anni successivi fondai una Società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film di animazione interamente creato al computer, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di accadimenti, Apple comprò NeXT, ritornai in Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. E io e Laurene abbiamo una splendida famiglia insieme.

Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo mi sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina con un saporaccio, ma presumo che ‘il paziente’ne avesse bisogno. Ogni tanto la vita vi colpisce sulla testa con un mattone. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a findanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi.

La mia terza storia parla della morte.

Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: “Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi c’avrai azzeccato”. Mi fece una gran impressione, e da quel momento, per i successivi trentatrè anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni volta che la risposta era “No” per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa.

Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto - tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento - sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante. Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore.

Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Effettuai una scansione alle sette e trenta del mattino, e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita non superiore ai tre-sei mesi. Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa ‘a sistemare i miei affari’, che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli tutto quello che avresti potuto nei successivi dieci anni in pochi mesi. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa che devi pronunciare i tuoi ‘addio’.

Ho vissuto con quella spada di Damocle per tutto il giorno. In seguito quella sera ho fatto una biopsia, dove mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene.

Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora. Essendoci passato, posso dirvi ora qualcosa con maggiore certezza rispetto a quando la morte per me era solo un puro concetto intellettuale:

Nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. E’ l’agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora ‘il nuovo’ siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete ‘il vecchio’e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità.

Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario.

Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The whole Earth catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Steward Brand, non molto distante da qui, a Menlo Park, e costui apportò ad essa il suo senso poetico della vita. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, ed era fatto tutto con le macchine da scrivere, le forbici e le fotocamere polaroid: era una specie di Google formato volume, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era idealista, e pieno di concetti chiari e nozioni speciali.

Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The whole Earth catalog, e quando concluse il suo tempo, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Nella quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna nel primo mattino, del tipo che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: “Siate affamati. Siate folli”. Era il loro addio, e ho sperato sempre questo per me. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi.

Siate affamati. Siate folli.

domenica 18 settembre 2011

IL POPOLO E LA STORIA


LA MIA STIRPE, Ferdinando Camon, Garzanti
La verità e la mortalità della lingua dipendono da quel che mangi, come dormi, quel che ti angoscia, ti distrae, ti tormenta o ti pacifica. Dalle malattie che hai, quelle che conosci e quelle che non conosci. Dallo stile di vita.
La scrittura è uno stile di vita come la nevrosi e la santità.
Scrittura, nevrosi e santità sono sorelle, camminano affiancate, tutt'e tre hanno a monte un oscuro senso di colpa e a valle un interminabile bisogno di espiazione.
Quel che fa di uno scrivente uno scrittore è quel margine di lingua in più, che corrisponde a un di più di introversione, di separazione dal mondo, di malattia.

IL LIBRO

Davvero bello e così vero.
Leggendolo, mi sono sentita parte della famiglia, era un po' come se mia madre o uno zio mi raccontassero di sè, della loro infanzia. Anche il modo di essere vicino al genitore anziano che non sta più bene, il senso di umorismo, mai volgare o grossolano, che fa da sfondo alle vicende umane anche più tristi, il rapporto del popolo con i fatti della storia, tutto questo è parte anche della storia della mia famiglia. Bellissimo anche la descrizione dell'incontro con l'attuale Papa. Non capita spesso nella narrativa italiana di superare con maestria la banalità o la mancanza di originalità. Sicuramente questo libro è parte del patrimonio della letteratura italiana.

Da "La Repubblica"

Chi ha pagato il Duomo Chi ha pagato il Duomo

Una giovane storica di formazione economica, laureata alla Bocconi, ricercatrice negli Stati Uniti, porta alla luce un sorprendente atto di fede dei milanesi. Martina Saltamacchia (Rapallo, classe ' 81) ha appena pubblicato Costruire cattedrali (Marietti 1820), che approfondisce il saggio d' esordio Milano, un popolo e il suo Duomo con materiali inediti e uno stile meno accademico. Chi ha costruito

davvero il Duomo di Milano? «Frequentavo la Bocconi, cercavo una materia diversa dal solito per la tesi di laurea. Il mio parroco mi raccontò la leggenda secondo cui il Duomo sarebbe stata eretto con il lavoro e le offerte del popolo e non dai nobili del Quattrocento. "La vita è fatta per realizzare grandi cose, come gli uomini del Medioevo che vivevano nelle catapecchie e costruivano cattedrali", mi disse. All' inizio era scettica: come avrebbero potuto i poverissimi costruire un tale monumento?». Poi che cosaè successo? «Ho creduto a quest' idea romantica, mi sono chiusa per un anno e mezzo nell' archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo. Nel Registro delle Oblazioni e negli Annali ho trovato una specie di diario della lunga lavorazione della cattedrale, iniziata alla fine del Trecento e completata soltanto nel XX secolo. Con queste informazioni, decifrato il carattere gotico lombardo delle pergamene, ho definito puntualmente le donazioni». Scoprendo che... «Gian Galeazzo Visconti, a cui la storiografia attribuisce il merito dell' opera, aveva donato una cifra equivalente a 700.000 euro di oggi. Ma è con le umili offerte del popolo - monete di rame, bottoni di madreperla, biada per i cavalli, uova e formaggette per gli operai, perfino le vesti dei morti di peste - che sono stati portati a termine i lavori. La loro somma supera di molto il contributo del principe». Il popolo del Duomo si privava di tutto. Pagato con tre boccali di vino d' estatee due d' inverno, versava alla chiesa quel poco che aveva. Perché? «C' era una spinta all' ideale religioso, che abbiamo perso. Faticavano gomito a gomito maestri scultori, signorotti e nullatenenti provenienti anche dagli stati vicini, desiderosi di glorificare Dio, l' eterno lavoratore. Costruendo il simbolo dell' identità civica dei milanesi, si gettavano le basi dell' internazionalità che da allora ci caratterizza». La scelta vincente del suo saggio è raccontare le storie dei donatori: notai, speziali, fornai, ingegneri, ma anche uomini d' armi e perfino prostitute. «Le prostitute, dopo i giri notturni, lasciavano parte dei guadagni sull' altare. Cercavano indulgenza per i peccati, un posto in Paradiso. Come Marta che, pentita, va oltre: cede case e gioielli al clero e conduce il resto dell' esistenza elargendo carità. Alessio, capitano di corte, fa ornare a sue spese l' altare della Madonna. Nato in Albania, affidato in tenera età al duca Francesco Sforza, che lo cresce come un valoroso combattente, voleva sdebitarsi dei doni ricevuti in vita». Il caso più clamoroso è quello di Caterina. «Una vecchietta che aiuta nel cantiere trasportando i materiali in una gerla. Finché non dona anche l' unica piccola pelliccia che la riparava dal freddo. Ma c' è il lieto fine. La Fabbrica del Duomo gliela restituisce e le paga l' affitto fino alla morte». Il suo preferito, che sarà il protagonista del suo prossimo libro, è un controverso mercante. «Marco Carelli, dopo aver accumulato un patrimonio con il commercio di lana e spezie ed essere stato accusato di usura, rinuncia a tutto e muore in povertà. È sepolto nella quarta campata della navata destra del Duomo. La morale della sua storia: non tutti quelli che fanno soldi sono posseduti dal demonio...». Per i suoi studi non è bastata la Bocconi. Anche lei è un cervello in fuga. «Mi occupo di Storia medievale milanese dalla Rutgers University, in New Jersey. Un professore americano ha letto la tesi sul Duomo, abbiamo preso un caffè e dopo un mese mi sono trasferita nel suo dipartimento. Qui a Milano non c' erano fondi per le mie ricerche, che mi portano in giro per gli archivi di mezza Europa. Ma il New Jersey non è bello come Milano o Rapallo. Nel week-end scappo a New York». -ANNARITA BRIGANTI

mercoledì 14 settembre 2011

SI RICOMINCIA



REQUIEM PER UNA PORNOSTAR, Jeffery Deave
r, Rizzoli
Shelly le rivolse un altro sorriso di circostanza. "Sei così... entusiasta. E sei riuscita a trovare il modo di vivere a Manhattan su una casa galleggiante. Incredibile!"
A Rune brillavano gli occhi. "Vieni con me. Ti faccio vedere una cosa davvero incredibile." Uscì sul piccolo ponte, tutto dipinto di grigio. Si tenne alla ringhiera e mise il piede nell'opaca acqua oleosa.
"Ti fai un bagno?" chiese Shelly preoccupata. Rune chiuse gli occhi. "Ti rendi conto che sto toccando la stessa acqua che bagna le isole Galapagos, Venezia , Tokyo, le Hawaii e l'Egitto? E' fantastico. E non ne sono del tutto sicura, ma potreb
be essere anche la stessa acqua sulla quale hanno navigato la Nina, la Pinta e la Santa Mar
ia o le navi di Napoleone. ..."


IL LIBRO
Quest'anno ho iniziato la scuola davvero in salita. Non ho due secondi liberi, sto frequentando un corso all'Istituto dei Ciechi di Milano perchè tra i miei nuovi alunni c'è una bambina non vedente tutti i giorni della settimana e la classe prima mi richiede tanto tempo nella costruzione dei materiali. La sera sto un po' al computer per cui leggo davvero poco. Ma questo libro non richiede molto impegno e qualche ritaglio di tempo è riuscito a saltar fuori. Non è uno dei migliori di Jeffery Deaver, soprattutto alla fine è molto affrettato e la storia è poco realista. La protagonista, però, ha un suo fascino, una specie di Bridget Jones indagatrice e la sua caratterizzazione è molto simpatica.


IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA CHE VORREI

Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente?

Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orec

chio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.

Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io? E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini.

Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.

E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete ditemelo.

Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri? Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno? Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano…

Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.

Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi.

E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite.

Per questo, un giorno, vi ricorderò.

Alessandro D'Avenia

http://www.profduepuntozero.it/2011/09/11/il-primo-giorno-di-scuola-che-vorrei/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+profduepuntozero+%28Prof+2.0%29


martedì 30 agosto 2011

APPROFONDIMENTO



BREVE STORIA DELLO STATO DI ISRAELE, 1948-2008, Claudio Vercelli, Carocci Editore
Israele appartiene al novero dei paesi a sviluppo avanzato. La sua economia, a regime misto, ossia in parte legata agli investimenti privati ed in parte a quelli pubblici, si fonda sulla costante evoluzione del settore "R&S", ricerca e sviluppo. Basti pensare che l'investimento in questi ambiti, ad altissimo tasso di innovazione, è pari al 4,8% del prodotto interno lordo, cifra doppia rispetto a quella, già di per sè alta, degli Stati Uniti. Tra gli ottanta e gli anni novanta si è consumata una "transizione" nella struttura produttiva del paese. Le basi della ricchezza nazionale si sono spostate dall'agricoltura e dall'industria ai servizi. In particolare modo l'attenzione continua a concentrarsi sulle telecomunicazioni, sull'informatica e l'elettronica, le biotecnologie, la difesa e tutto quanto ha a che fare con l'innovazione applicata. Da questo punto di vista lo scarto con i circostanti paesi arabi è gigantesco e, per questi ultimi, incolmabile. Israele è l'unico paese al mondo con un quarto della popolazione in possesso di una laurea.

IL LIBRO

Breve saggio sulla storia dello stato di Israele. Mi ha sempre incuriosito a livello storico del perchè sia stato "regalato" uno stato ad un popolo esiliato da quasi duemila anni ma non ho mai avuto il tempo di approfondire. Quest'estate ho trovato questo libro che è chiaro e conciso, come solo alcuni insegnanti sanno essere. E' molto utile per comprendere le ragioni di un conflitto che sembra non avere fine. Devo dire che è un libro generalmente oggettivo, non vengono nascosti gli errori commessi da uno stato ancora molto giovane ma le ragioni di alcune scelte sono ben motivate e la bibliografia è davvero vasta.

24 agosto 2011

Storie di personaggi sconosciuti, ma la cui capacità di compier

e opere di bene è molto vicina all’eroismo.

Testimoni di speranza al Meeting di Rimini

Come ogni anno al Meeting di Rimini si presentano personaggi sconosciuti, ma la cui capacità di compiere opere di bene è molto vicina all’eroismo. Guido Piccarolo, per esempio, arrivato negli Stati Uniti dieci anni fa con una laurea in economia e commercio conseguita all’Università cattolica di Milano, è stato assunto dalla Walt Disney, ma dopo aver visitato una cooperativa di disabili, sognava di mettere insieme una no-profit per aiutare disabili e persone in difficoltà.


Così desideroso di dedicarsi alla cura dei più disagiati, si è licenziato dalla Walt Disney e insieme alla collega Nancy Albin ha iniziato a prendersi cura dei reduci di guerra con disturbi da stress post traumatico e da lesioni al cervello.


Piccarolo ha quindi fondato e costituito la Los Angeles Habilitation

House (Lahh), una no-profit il cui scopo è quello di creare e gestire opportunità di lavoro per disabili, da formare e impiegare nel settore delle pulizie.


L’iniziativa ha suscitato tanto entusiasmo che la stessa Walt Disney ha contribuito con una somma di denaro per l’inizio delle attività.


In una testimonianza riportata dal giornale “Meeting Quotidiano” del 22 agosto, Chris, un reduce rimasto disoccupato e senza casa, racconta: “quando sono andato a fare il colloquio per l’assunzione a Lahh mi aspettavo semplicemente di cominciare un altro lavoro”.


“Fin dal primo giorno, però, - ha aggiunto - ho capito di aver trovato una occasione d’oro. Non mi hanno solo insegnato a pulire: mi hanno fatto scoprire una forza ed una ricchezza in me che credevo irrimediabilmente perdute”.

A luglio di quest’anno Guido Piccarolo e la Lahh sono stati premiati a Salt Lake City con l’ambito premio “Best Cleaning Industry Communication Award”.


Alla domanda sul perché e su come si origina questo impegno, Piccarolo ha spiegato: “l’unica cosa che mi dà il coraggio di guardare quello che facciamo è un amore che ho ricevuto nella mia vita. Non ho nient’altro da comunicare se non amare come io sono stato amato dall’incontro con Cristo”.

“E l’amore a questa Presenza – ha aggiunto – genera un impegno diverso nel reale: io cresco, i ragazzi cambiano e il mondo si accorge di qualcosa di nuovo”.


“Nessuno dice la parola Signore - ha concluso Piccarolo – ma vedi qualcosa nella loro vita che cambia, perché s’impatta con qualcuno che gli vuole bene. Una passione a ciò che hai incontrato che ti fa appassionare a tutto quello che il Signore ti dà”.


Un'altra storia riguarda Stefano Scaringella, un frate cappuccino chirurgo in missione in Madacascar. Oltre trent'anni fa Stefano frequentava la parrocchia di Regina Pacis a Roma, quando gli capitò di vedere un filmato con delle suore che curavano i malati. “Da allora – ha raccontato – ho capito che questa era la mia vocazione”.


Trent’anni di missione sono una esperienza dura, ma padre Stefano non ha dubbi: “Stare lì vale tutte le fatiche del mondo. Spesso capita che un medico diventi padre cappuccino, ma raramente capita l’inverso come è stato per me”.


Padre Stefano ha curato un lebbrosario ed è responsabile dell’Hospital Saint Damien ad Ambanja. Attorno a questo centro è nata una scuola per infermieri, una casa di accoglienza per bambini abbandonati, due fuoristrada equipaggiati per curare donne e minori, una scuola di agricoltura per insegnare alla popolazione un lavoro e favorire lo sviluppo.


Nel corso di un incontro insieme al dott. Raffaele Pugliese che si è svolto al Meeting di Rimini il 21 agosto, padre Stefano ha raccontato di aver trovato la risposta ai suoi molti interrogativi quando ha stretto amicizia con alcune persone del movimento di Comunione e Liberazione.


“Non mi interessa quello che fai, ma la tua amicizia”, così nacque la vocazione di padre Stefano, il quale l’anno scorso ha fondato anche l’associazione onlus Hafaliana che in magascio significa ‘la gioia’, per raccogliere finanziamenti per l’ospedale chirurgico.


(di Antonio Gaspari – Zenit.org, 23 agosto 2011)


lunedì 29 agosto 2011

LETTURE ESTIVE


IL FILO CHE BRUCIA, Jeffery Deaver, Rizzoli
"Celle a combustibile di idrogeno, biocombustibili, energia eolica, energia solare e fotovoltaica, geotermica, generatori di metano, energia mareomostrice...lo sa quanto coprono? Meno del tre per cento del fabbisogno del paese. Metà della fornitura elettrica degli Stati Uniti è prodotta dal carbone. La Algonquin utilizza il gas naturale: e siamo al venti per cento. Il nucleare copre un altro diciannove. L'energia idroelettrica totalizza il sette per cento.
Certo le fonti rinnovabili stanno crescendo. Ma molto molto lentamente. Per almeno altri cent'anni saranno una goccia nel mare energetico, se posso citare me stessa." La manager si stava accalorando sempre di più. "I costi di avviamento sono oscenamente alti, gli impianti necessari a produrre corrente sono cari e del tutto inaffidabili, e poichè i generatori sono situati di solito
lontano dalle principali aree di consumo, anche il trasporto diventa un costo pazzesco. Prenda i generatori fotovoltaici. L'energia del futuro, no? Lo sapeva che dei vari metodi per produrre energia è tra quelli che consumano più acqua? E dove si trovano gli impianti? Dove c'è più sole e quindi meno acqua."

IL LIBRO

Sarà vero? Io non ho le competenze necessarie per esprimere un parere fondato ma il punto di vista è intere
ssante e discutibile. Il libro invece è una piacevole lettura estiva, sembra proprio che questo autore mantenga il suo standard e non riesca a fallire. Buon per gli ammiratori che continuano a seguirlo. La parte più affascinante è la disabilità del detective, su sedia a rotelle, con buona parte del corpo paralizzato. Eppure la sua vita ha un senso, ha degli affetti e una grande speranza aleggia sempre nel suo laboratorio.

Dall'omelia del Papa a Madrid

Cari giovani,

con la celebrazione dell’Eucaristia giungiamo al momento culminante di questa Giornata Mondiale della Gioventù. Nel vedervi qui, venuti in gran numero da ogni parte, il mio cuore si riempie di gioia pensando all’affetto speciale con il quale Gesù vi guarda. Sì, il Signore vi vuole bene e vi chiama suoi amici

(cfr Gv 15,15). Egli vi viene incontro e desidera accompagnarvi nel vostro cammino, per aprirvi le porte di una vita piena e farvi partecipi della sua relazione intima con il Padre. Noi, da parte nostra, coscienti della grandezza del suo amore, desideriamo corrispondere con ogni generosità a questo segno di predilezione con il proposito di condividere anche con gli altri la gioia che abbiamo ricevuto. Certamente, sono molti attualmente coloro che si sentono attratti dalla figura di Cristo e desiderano conoscerlo meglio. Percepiscono che Egli è la risposta a molte delle loro inquietudini personali. Ma chi è Lui veramente? Come è possibile che qualcuno che ha vissuto sulla terra tanti anni fa abbia qualcosa a che fare con me, oggi?


giovedì 4 agosto 2011

IL MIO NOME E' ASHER LEV, Chaim Potok, Garzanti
"Una vita dovrebbe essere vissuta per amore del cielo. Un uomo non è migliore di un altro perchè è un medico e l'altro un calzolaio. Un uomo non è migliore di un altro perchè uno è un avvocato e l'altro è un pittore. Una vita la si misura in base a come è vissuta nell'amore del cielo. Mi capisci, Asher Lev?"
"Sì, Rebbe."
"Ma c'è chi questo non lo capisce."
Restai in silenzio.
"Ci sono persone che tu ami e che ti amano, e che questo non lo accettano. Asher, onorare tuo padre è uno dei Dieci Comandamenti."
"Sì, Rebbe."
(...)
"Tutto è nelle mani del cielo, tranne il timore del cielo", citò. "Cosa posso dirti, mio Asher? Non so cosa abbia in serbo per noi il Padrone dell'Universo. Alcune cose sono date, ed è comèpito dell'uomo utilizzarle per portare la bontà nel mondo. Il Padrone dell'Universo ci dà qualche barlume, solo barlumi. Tocca a noi aprire bene gli occhi."
Tacqui.
"Asher Lev. Mio Asher Lev. Jacob Kahn mi dice che presto sarai pronto per mostrarti al mondo. Le sue parole sono per me un barlume, una luce. Dico a me stesso, Asher Lev sarà un grande artista. Viaggerà per il mondo in cerca di idee e di persone. I grandi artisti fanno del mondo intero la loro casa. Hai già cominciato a viaggiare. E io mi dico che in Europa ci sono grandi musei. Ci sono grandi musei in Russia. Sai che c'è l'Ermitage a Leningrado e il museo a Mosca. La Russia è una terra ricca d'arte e un giorno desidererai viaggiare sin là. Questo è per me un barlume, Asher Lev. Sto cercando di aprire bene i miei occhi per vedere. Ti dirò cosa mi disse una volta mio padre, possa riposare in pace. I semi devono essere gettati dappertutto. Solo alcuni daranno frutti. Ma non ci sarebbero i frutti dei pochi se non ne fossero stati seminati i molti. Capito, mio Asher?"

IL LIBRO

Splendido. Era tanto che non leggevo un libro veramente bello, di quelli che non spariscono dalla tua mente una volta chiuse le pagine. La storia è originalissima, bellissimi i riferimenti all'arte ed è così accattivante che si vorrebbero vedere davvero i quadri. Al mondo manca davvero un artista come il personaggio del libro.

UN ALTRO GRANDE SCRITTORE (post rubato dal blog "I Limoni")

"Ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco. Da lì, da quell'ossicino, l'uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dei morti.
Così per un certo periodo ho fatto un
piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che

conoscevo. Voglio dire, quale fosse l'ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distruggere e dalla quale sarebbero stati ricreati. Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L'ho dichiarato disperso finché l'ho visto nel cortile della scuola. Subito l'idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona".

David Grossman, da Che tu sia per me il coltello