domenica 18 settembre 2011

IL POPOLO E LA STORIA


LA MIA STIRPE, Ferdinando Camon, Garzanti
La verità e la mortalità della lingua dipendono da quel che mangi, come dormi, quel che ti angoscia, ti distrae, ti tormenta o ti pacifica. Dalle malattie che hai, quelle che conosci e quelle che non conosci. Dallo stile di vita.
La scrittura è uno stile di vita come la nevrosi e la santità.
Scrittura, nevrosi e santità sono sorelle, camminano affiancate, tutt'e tre hanno a monte un oscuro senso di colpa e a valle un interminabile bisogno di espiazione.
Quel che fa di uno scrivente uno scrittore è quel margine di lingua in più, che corrisponde a un di più di introversione, di separazione dal mondo, di malattia.

IL LIBRO

Davvero bello e così vero.
Leggendolo, mi sono sentita parte della famiglia, era un po' come se mia madre o uno zio mi raccontassero di sè, della loro infanzia. Anche il modo di essere vicino al genitore anziano che non sta più bene, il senso di umorismo, mai volgare o grossolano, che fa da sfondo alle vicende umane anche più tristi, il rapporto del popolo con i fatti della storia, tutto questo è parte anche della storia della mia famiglia. Bellissimo anche la descrizione dell'incontro con l'attuale Papa. Non capita spesso nella narrativa italiana di superare con maestria la banalità o la mancanza di originalità. Sicuramente questo libro è parte del patrimonio della letteratura italiana.

Da "La Repubblica"

Chi ha pagato il Duomo Chi ha pagato il Duomo

Una giovane storica di formazione economica, laureata alla Bocconi, ricercatrice negli Stati Uniti, porta alla luce un sorprendente atto di fede dei milanesi. Martina Saltamacchia (Rapallo, classe ' 81) ha appena pubblicato Costruire cattedrali (Marietti 1820), che approfondisce il saggio d' esordio Milano, un popolo e il suo Duomo con materiali inediti e uno stile meno accademico. Chi ha costruito

davvero il Duomo di Milano? «Frequentavo la Bocconi, cercavo una materia diversa dal solito per la tesi di laurea. Il mio parroco mi raccontò la leggenda secondo cui il Duomo sarebbe stata eretto con il lavoro e le offerte del popolo e non dai nobili del Quattrocento. "La vita è fatta per realizzare grandi cose, come gli uomini del Medioevo che vivevano nelle catapecchie e costruivano cattedrali", mi disse. All' inizio era scettica: come avrebbero potuto i poverissimi costruire un tale monumento?». Poi che cosaè successo? «Ho creduto a quest' idea romantica, mi sono chiusa per un anno e mezzo nell' archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo. Nel Registro delle Oblazioni e negli Annali ho trovato una specie di diario della lunga lavorazione della cattedrale, iniziata alla fine del Trecento e completata soltanto nel XX secolo. Con queste informazioni, decifrato il carattere gotico lombardo delle pergamene, ho definito puntualmente le donazioni». Scoprendo che... «Gian Galeazzo Visconti, a cui la storiografia attribuisce il merito dell' opera, aveva donato una cifra equivalente a 700.000 euro di oggi. Ma è con le umili offerte del popolo - monete di rame, bottoni di madreperla, biada per i cavalli, uova e formaggette per gli operai, perfino le vesti dei morti di peste - che sono stati portati a termine i lavori. La loro somma supera di molto il contributo del principe». Il popolo del Duomo si privava di tutto. Pagato con tre boccali di vino d' estatee due d' inverno, versava alla chiesa quel poco che aveva. Perché? «C' era una spinta all' ideale religioso, che abbiamo perso. Faticavano gomito a gomito maestri scultori, signorotti e nullatenenti provenienti anche dagli stati vicini, desiderosi di glorificare Dio, l' eterno lavoratore. Costruendo il simbolo dell' identità civica dei milanesi, si gettavano le basi dell' internazionalità che da allora ci caratterizza». La scelta vincente del suo saggio è raccontare le storie dei donatori: notai, speziali, fornai, ingegneri, ma anche uomini d' armi e perfino prostitute. «Le prostitute, dopo i giri notturni, lasciavano parte dei guadagni sull' altare. Cercavano indulgenza per i peccati, un posto in Paradiso. Come Marta che, pentita, va oltre: cede case e gioielli al clero e conduce il resto dell' esistenza elargendo carità. Alessio, capitano di corte, fa ornare a sue spese l' altare della Madonna. Nato in Albania, affidato in tenera età al duca Francesco Sforza, che lo cresce come un valoroso combattente, voleva sdebitarsi dei doni ricevuti in vita». Il caso più clamoroso è quello di Caterina. «Una vecchietta che aiuta nel cantiere trasportando i materiali in una gerla. Finché non dona anche l' unica piccola pelliccia che la riparava dal freddo. Ma c' è il lieto fine. La Fabbrica del Duomo gliela restituisce e le paga l' affitto fino alla morte». Il suo preferito, che sarà il protagonista del suo prossimo libro, è un controverso mercante. «Marco Carelli, dopo aver accumulato un patrimonio con il commercio di lana e spezie ed essere stato accusato di usura, rinuncia a tutto e muore in povertà. È sepolto nella quarta campata della navata destra del Duomo. La morale della sua storia: non tutti quelli che fanno soldi sono posseduti dal demonio...». Per i suoi studi non è bastata la Bocconi. Anche lei è un cervello in fuga. «Mi occupo di Storia medievale milanese dalla Rutgers University, in New Jersey. Un professore americano ha letto la tesi sul Duomo, abbiamo preso un caffè e dopo un mese mi sono trasferita nel suo dipartimento. Qui a Milano non c' erano fondi per le mie ricerche, che mi portano in giro per gli archivi di mezza Europa. Ma il New Jersey non è bello come Milano o Rapallo. Nel week-end scappo a New York». -ANNARITA BRIGANTI

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