domenica 23 ottobre 2011

Crisi di senso

VEDERE CON IL CUORE, Sabriye Tenberken, Corbaccio
"Cosa significa tutto ciò?" chiese Paul, che era rimasto sulla terrazza. Nei giorni e nelle settimane scorse, gli avvenimenti erano stati talmente veloci che ora ce ne stavamo lì, confusi e sfiniti, come se ci stessimo lentamente svegliando da un sogno emozionante. "Dobbiamo chiederci che cosa significa."
Paul e io ci eravamo sempre posti questa domanda prima di ogni azione intrapresa nei sette anni passati. Pensavamo che non bastasse valutare se le molte idee che ci erano venute per le attività del centro fossero buone in sè, ma che fosse necessario anche analizzare criticamente se avessero un senso.
Quali erano le attese cui doveva rispondere questa spedizione? Gli alpinisti erano interessati all'impresa sportiva. Erik inseguiva un suo sogno. I ragazzi speravano in un'amicizia duratura con gli injiis. "E voi cosa vi aspettate?" chiese di colpo Sybil rompendo il silenzio. Finora si era tenuta per lo più in disparte e aveva osservato gli avvenimenti dallo sfondo. Riflettei: "Per non non è importante che i nostri ragazzi diventino dei grandi atleti. No, penso ad altro, direi quasi il contrario..." Esitai e Paul completò il mio pensiero. "Forse potrebbero imparare che nella vita non devono necessariamente conquistarsi tutto da soli. Potrebbero fare esperienza di cosa significhi raggiungere insieme una meta."

IL LIBRO
Storia vera di come una normalissima ragazza tedesca non vedente possa cambiare il mondo. Senza clamore, infatti io di lei non sapevo nulla. E' da settembre che sono di casa all'Istituto dei Ciechi di Milano.
Ho partecipato a due corsi, imparando anche il Br
aille perchè ho un'alunna non vedente. Una relatrice ha raccontato di questa ragazza, autrice del libro che ha fondato un'associazione, "Braille ohne Grenzen" che è la sua missione nella vita. Apre scuole nei paesi dove i ciechi hanno meno possibilità di inserirsi nel tessuto sociale. Ha cominciato col Tibet, ora è in India dove ha ottenuto il Mother Teresa Award. Il libro che in italiano ha un titolo un po' sdolcinato, ma in tedesco si intitolava "Il settimo anno", racconta della spedizione sull'Everest di lei, un gruppetto di suoi alunni e la troupe che li accompagna. La spedizione però è un po' una scusa per raccontare della scuola, delle difficoltà e soddisfazioni che la sua fondazione ha portato, e della vita dei ragazzi. Bella storia che interroga sulla missione di ciascuno di noi nel mondo.


La crisi e il futuro del nostro modello di sviluppo
(Mauro Magatti)
Crisi come perdita di rapporto con il reale
1. Di fronte ad una crisi di rapidità e intensità inaspettate, la tesi secondo la quale il
crollo dei mercati finanziari sarebbe da attribuirsi agli illeciti di un gruppo di manager attratti dalla prospettiva di facili guadagni appare ormai del tutto inadeguata.
A “deviare” – per riprendere l’espressione usata dal Ministro Tremonti - non è stato un gruppo di malaffare che avrebbe espugnato Wall Strett, ma un intero modello di sviluppo o, per meglio dire, quello “spirito del capitalismo” che – affermatosi come nuova ortodossia - ha, negli anni, raggiunto le sue conseguenze più estreme. A teorizzare le pratiche che oggi vengono condannate ci sono stati premi nobel, grandi manager, politici di primo piano, per non dir nulla della presidenza della FED, di gran lunga l’istituzione più importante dell’intera architettura americana. Altrove ho parlato di “capitalismo tecno-nichilista” come di un sistema che, sfruttando la sistematica separazione tra le funzioni e i significati, si è progressivamente affermato quale modello di riferimento nel corso degli ultimi due decenni. E come negli anni ’70 – con la crisi fiscale dello stato, l’esplosione della soggettività, l’ingovernabilità degli apparati burocratici - sono affiorati i problemi dello statalismo, così la crisi nella quale siamo immersi (per limitarci solo a quella economico-finanziaria) mette a nudo le contraddizioni derivanti dall’eccesso di “mercatismo”.
Come allora, ci troviamo di fronte ad una crisi di crescita: se gli anni ’70 hanno messo a nudo l’esaurimento del modello che aveva permesso vent’anni di sviluppo iniziato nel secondo dopoguerra, così la crisi finanziaria dell’autunno 2008 porta in superficie l’urgenza di correggere il modello capitalistico che si è imposto negli ultimi vent’anni.
Ciò non significa affatto pensare che siamo alla vigilia di cambiamenti epocali, ma che, più modestamente, da questa crisi prenderanno avvio movimenti profondi che porteranno - lentamente e faticosamente - ad una revisione di un tale modello.
In tale prospettiva, la crisi non è riducibile ad una questione di tipo tecnico: per quanto non possa essere compresa trascurando tale dimensione, la sua origine e la sua natura sono molte diverse.
2. Quanto accaduto può essere spiegato ricorrendo ad una similitudine. Per fare la maionese occorre sbattere il tuorlo dell’uovo in modo da farne aumentare il volume aumenta facendovi entrare aria. Ma, come tutti coloro che hanno provato, la miscela che, in questo modo si viene a formare, ha la caratteristica di essere altamente instabile. Basta poco e la maionese “impazzisce”.
In effetti, lo sviluppo del sistema finanziario degli ultimi 30anni ha reso possibile uno straordinario aumento del volume delle risorse disponibili su scala globale: mediante l’introduzione di strumenti tecnici sempre più raffinati, non solo è aumentata vorticosamente la velocità degli scambi finanziari, ma è cresciuto anche, su scala planetaria, il volume complessivo delle risorse disponibili. E’ stato grazie a questo movimento che ciò che abbiamo chiamato globalizzazione ha potuto sostenersi.
Proprio quella innovazione finanziaria, di cui oggi vediamo l’inconsistenza, è stata uno degli ingredienti dello sviluppo economico globale degli ultimi due decenni.
3. Il sistema ha funzionato molto bene per diversi anni e la sua crisi – come quando la maionese impazzisce - è probabilmente dovuta a errori e esagerazioni che avrebbero potuto essere evitate. Ma il punto su cui conviene soffermarsi è un altro.
Il problema è che, come la nostra maionese, l’architettura finanziaria su cui tale sistema si basava era estremamente precaria. E nonostante molti osservatori ne abbiano sottolineato la vulnerabilità, poco o niente è stato fatto.
La ragione sta nel fatto che “il regime di giustificazione” di un tale modello si è basato sulla combinazione tra un discorso di tipo tecnico e una visione iperindividualizzata dell’essere umano. Il sistema, cioè, si è affermato ed è cresciuto perché “funzionava” e perché, nel contempo, era in grado di espandere la libertà individuale. L’edificazione di un tale sistema è stato un processo piuttosto lungo. Ma, alla fine, esso si è imposto, sbaragliando le visioni economiche concorrenti. Ciò è avvenuto mediante la sistematica rimozione di una serie di restrizioni la cui origine risaliva all’epoca del new deal e, più in generale, alla revisione - fino al completo abbandono - del pensiero economico operato da J.M. Keynes
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