giovedì 5 luglio 2012

Seconda stella a destra

TUTTI I BAMBINI TRANNE UNO, Philippe Forest, Rizzoli
Qualcuno era vivo. Poi non c'è più niente. La vita si è ritirata. Quello che resta sul letto non è più la bambina. L'agonia era ancora la vita, poi qualcosa è accaduto. La morte è la verità dell'istante. Penetra il tempo, lo avvolge. Diventa il tempo. Nell'impercettibile e continuato accumulo dei secondi ce n'è uno in disparte che dà nome a tutti i rimanenti. Il futuro non scivolerà più nella chiusa del presente per diventare passato. Il presente non sposterà più in avanti la sua eterna frontiera che assorbe l'essere. Il "prima" e il "dopo" si fronteggiano. Sono due blocchi di pura trasparenza immobile. Qualcuno era. Qualcuno non sarà più. Tutto sarò scomparso. Perchè l'assenza futura e la presenza passata saranno due fantasmi ugualmente intangibili, irreali, una volta scomparso colui che era. Il tempo non è diviso. Ognuno vive nell'assoluto di un tempo singolare. La morte abolisce questo assoluto. Nel momento della fine, la coscienza smette di essere e crea un bianco dove tutto si cancella.

IL LIBRO
Poetico e commovente. L'autore, insegnante universitario che ha pubblicato saggi sulla propria materia, si ritrova a diventare scrittore, suo malgrado: muore la sua bimba di quattro anni di un cancro osseo scoperto l'anno prima. Scrivere diventa il modo di tenerla a sè vicina. E' un libro molto bello, nessuno vorrebbe vestire i panni dell'autore ma tutti ci immedesimiamo in lui e nel suo dolore, tirando un sospiro di sollievo perchè non tocca a noi. Non è una storia tragica, anche se di tragedia si tratta, ci sono tratti in cui si apprezzano le parole usate e i paragoni letterari utilizzati, primo tra tutti Peter Pan. La moglie-mamma si intravede, i nonni ci sono ma non compaiono: non è la vicenda triste ad essere la protagonista ma il rapporto tra un padre e una figlia che non c'è più.  Condivisibile e vero quando, concludendo, dice che la vorrebbe ancora con sè, anche malata perchè "il lungo anno in cui morì nostra figlia fu il più bello della mia vita. Ci auguravamo che non finisse mai, che durasse un secolo o due almeno." Commovente anche questo passo:
  
"Forse qualcuno passerà le sue dita nel segno che lascio. Ma non saprà niente di me. Io non ci sarò più. Sarò stato. Tutti i libri si scrivono al futuro anteriore; dicono: sarò stato. Sotto quel cielo e sotto questa luce, dentro quest' ombra, con questa mano nella mia e con quest'altra. Mi sarò fermato un istante nell'ombra che ingoia la carne e avrò passato la mano su quel corpo, tra quei capelli, su quella fronte. I miei occhi avranno visto quegli occhi prima che si chiudessero. La mia voce avrà detto queste parole vibranti nel vuoto. Scrivo con modestia e sufficienza, sapienza e ingenuità, come i bambini che si confidano a scuola al legno del proprio banco, che tormentano di sigle e graffiti i muri presto riverniciati delle loro città, che posano la manina con le dita allargate nel gesso o nella creta.

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