lunedì 28 novembre 2011

TEMPO DI CRISI

IL 42° PARALLELO, John Dos Passos, Rizzoli
Quando entrò alla scuola media, prese il corso commerciale e imparò stenografia e dattilografia. Era una ragazza semplice dal viso esile tra i capelli rossi, tranquilla e popolare tra gli insegnanti. Aveva le dita svelte e imparò con facilità a scrivere a macchina e a stenografare. Le piaceva leggere e di solito prendeva alla biblioteca libri come L'interno della tazza, La battaglia dei forti, La conquista di Barbara Worth. Sua madre badava a ripeterle che si sarebbe rovinata gli occhi, se leggeva tanto. Leggendo soleva immaginar di essere l'eroina e che il debole fratello, che finiva male ma er gentiluomo nell'anima, capace di qualsiasi sacrificio, come Sidney Carton nel Racconto di due città, era Joe, e l'eroe, Alec.

IL LIBRO
Tradotto da Cesare Pavese, in un italiano che da certi versi sembra un po' buffo, sono infatti rarissimi i vocaboli lasciati in lingua originale, da altri, invece, è meglio della lingua originale. E' il primo libro che leggo dell'autore, fra l'altro primo volume di una trilogia. L'ho scelto perchè era citato in uno di Potok e volevo conoscere di più questo autore di cui conoscevo solo il nome. E' un Jack Kerouac meno vagabondo. I suoi personaggi si muovono in un'America in crisi ma in cerca più di un lavoro che di un'identità. E' una nazione in cui si può facilmente diventare qualcuno ma la crisi è alle porte e le certezze crolleranno presto. C'è chi spera ancora nelle ideologie, che lotta per la Rivoluzione, c'è chi invece si arruola nella Prima Guerra Mondiale che darà da allora un ruolo predominante agli Stati Uniti nella storia del mondo, ruolo che si sta pian piano sgretolando con la crisi dei giorni nostri. Originalissimo lo stile di scrittura ma molte delle notizie, purtroppo, sono datate e non suscitano più un grande interesse.

GIORNATA DELLA COLLETTA NAZIONALE 2011

Il Presidente del Banco Alimentare:
Se accetti la
sfida, la vita cambia e si mette in azione, subito. A Milano una ragazza racconta: “Mi era stato proposto nei giorni scorsi di partecipare come volontaria ma avevo fatto di finta di non sentire. Oggi sono venuta al supermercato per far la spesa e vedendovi mi sono detta: “Ma qui sono tutti allegri e contenti, mi fermo e faccio anch’io il mio turno di volontariato”. In molti hanno scelto di andare al discount, perché i prodotti costano meno e questo ha permesso loro di donare gli alimenti. Altre persone si sono addirittura presentate con il sacchetto di un altro supermercato, perché avevano fatto la spesa qualche giorno prima in quanto non volevano fare la coda alle casse, tipica del sabato, ma hanno voluto comunque partecipare. Oppure il messaggio arrivato da Maria Concetta che riporta quanto le ha detto un suo concittadino: “Oggi la faccio la Colletta, non so se l’anno prossimo potrò ancora. Ma voi non mollate perché mi date speranza”. Si può vivere un periodo di crisi, essere tutt’altro che tranquilli o addirittura ignorarla ma comunque chi non si tira indietro da quello che la realtà offre nell’istante, in quel
momento, a quell’ora, in un determinato luogo, scopre l’imprevisto: l’incontro fisico con un popolo genera un cambiamento e speranza, non come propria capacità ma come dono, come un patrimonio donato su
cui contare sempre, in particolare quando sembra che le proprie risorse siano finite. Accettare questa sfida cambia perché la libertà di ciascuno è esaltata, come ha detto un ragazzino di Genova: ”È un dovere aiutare gli altri, ma non sei obbligato”. Allora anche un gesto cosi ben organizzato (sms ricevuto alle 11.07 da un manager di una nota e importante azienda internazionale ”Organizzazione &Logistica perfette. Complimenti. Ciao G.I.”) a cui potresti solo dare un supporto, diventa tuo e chi incontri lo riconosce. In Toscana un “vu cumpra” chiede ai volontari di poter dare una mano. Alla fine della giornata il Capo Equipe, responsabile per il Banco Alimentare dei volontari in quel punto vendita, valuta di fare cosa gradita offrendo 10 euro di mancia al nostro extracomunitario ma lui si arrabbia e gli risponde: “non l’ho fatto per soldi ma con il cuore”. Che la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare sia un popolo non bisogna neppure spiegarlo, è diventata un'evidenza: italiani, africani, asiatici, americani, slavi, ispanici, cinesi, ecc. mobilitati, mossi,
protagonisti della Carità. Ma un popolo non è solo etnia è anche alimentato dalla storia di ciascuno. Allora in questo popolo generato dalla Carità trovi ricchi e potenti (solo per fare degli esempi: Andrea Agnelli, il sindaco di Torino Piero Fassino, il sindaco Renzi con la Giunta del comune di Firenze, la Giunta comunale di Bologna, il Sindaco e il Presidente della Provincia di Grosseto, ma chissà quanti altri di cui non sappiamo), vip dello spettacolo e campioni dello sport (Gerry Scotti, Linus, Federica Pellegrini, Franco Baresi e se ne conoscete altri fatecelo sapere così da ringraziarli). Per non parlare dei numerosi carcerati, che hanno partecipato all’interno del penitenziario o in libertà vigilata nei magazzini del Banco Alimentare. Così i pastori della chiesa come l’arcivescovo di Catania, Salvatore Gristina, a quello di Torino, Cesare Nosiglia, che sappiamo essere andato, ma in incognito, per vivere personalmente questo gesto di carità. Oppure gli amici Alpini e della San Vincenzo o i tantissimi volontari che per un giorno non hanno dato del tempo per la propria associazione ma per 1.400.000 poveri di cui non conoscono ne’ la storia ne’ il volto, in un atto di fiducia non fondato su “leggi di trasparenza” ma sull’esperienza condivisa, magari, scaricando alimenti in
uno dei 21 magazzini dove la Rete Banco Alimentare quotidianamente opera. Un popolo vive e condivide; allora ecco che una ragazza che in un supermercato a Milano festeggia il suo compleanno con gli amici arrivati da Parma. La vita di un popolo è anche ciò che trasmette alle generazioni future. Qui mi viene in soccorso un episodio raccontatomi da un nonno: “i miei nipoti entusiasti mi hanno raccontato che hanno fatto i pacchi e mia figlia ha aggiunto che è stata una tragedia convincerli ad andare a casa”. Di questi tempi sono i giovani che fanno paura al popolo o troppo aggressivi o completamente assenti dalla vita ma in questo popolo ci sono anche insegnanti che accompagnano la crescita dei ragazzi e così possiamo entusiasmarci e non terrorizzarci per la loro vitalità. Alla “Colletta” sono molti e sempre di più, gli adolescenti che partecipano. A prima vista non sembrano diversi da quelli visti in televisione solo poche settimane fa a Roma, se non per il fatto che riconoscevi i loro volti, la loro fatica e il loro sorriso ha “spaccato” a tal punto che adulti vedendoli hanno portato la spesa in auto e si sono fermati con loro ad aiutarli. Ancora molte testimonianze si potrebbero citare ma non basterebbero a spiegare tutto, perché la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare non vuole spiegare nulla ma vuole essere solo un esempio, concreto e tangibile, che non c’è nulla nella realtà che possa far spegnere il desiderio che c’è in ciascuno di noi di voler cambiare, migliorare la propria esistenza e quella degli altri. Che piaccia o no questo popolo ha un nome sulla sua carta d’identità: cristiano. Ha anche una caratteristica che è più facile vedere che descrivere: è in azione per accogliere e condividere i bisogni di tutti gli uomini. Da oggi in poi tocca a ciascuno rinnovare la sfida che la realtà offre sempre ma con un po’ più di certezza: questo popolo “non molla” e continua a dare speranza perché poggia sulla roccia e non sulla sabbia, perché vive nel presente ciò che Gesù ha detto ai suoi: “Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. P.s. Mi stavo quasi dimenticando: grazie al popolo della Carità abbiamo raccolto 9.600 tonnellate, + 2%. Alla faccia della crisi. P.P.S. E sono io che scrivo: nel paese dove abito io abbiamo raccolto il 20% in più perchè abbiamo coinvolto anche le scuole.

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